LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Porto di oggetti atti ad offendere: no al reato complesso

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un imputato condannato per furto aggravato e porto di oggetti atti ad offendere. La Corte ha stabilito che i due reati sono autonomi e non configurano un reato complesso, poiché la condotta di portare con sé gli strumenti è distinta da quella di utilizzarli per commettere il furto con violenza sulle cose.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 11 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Porto di Oggetti atti ad Offendere e Furto Aggravato: Due Reati Distinti

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 31461/2024, ha fornito importanti chiarimenti sulla distinzione tra il reato di porto di oggetti atti ad offendere e il furto aggravato dalla violenza sulle cose. La decisione sottolinea come queste due fattispecie criminose possano concorrere, senza che una venga assorbita dall’altra, respingendo la tesi del cosiddetto ‘reato complesso’. Analizziamo la vicenda e le motivazioni dei giudici.

I Fatti di Causa

Un individuo veniva condannato in primo e secondo grado per una serie di reati, tra cui furto, tentato furto aggravato e il porto di oggetti atti ad offendere. La Corte d’Appello aveva parzialmente riformato la prima sentenza solo in riferimento al trattamento sanzionatorio.

L’imputato decideva quindi di ricorrere in Cassazione, sollevando due principali motivi di doglianza:
1. Contestava la sua responsabilità per il reato di porto di oggetti atti ad offendere, ritenendo la motivazione della Corte d’Appello viziata.
2. Sosteneva che il reato di porto di arnesi da scasso dovesse essere considerato assorbito nel furto aggravato, configurandosi un’ipotesi di reato complesso ai sensi dell’art. 84 del codice penale.

L’Analisi della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, giudicando entrambi i motivi manifestamente infondati. I giudici hanno esaminato separatamente le due questioni, giungendo a conclusioni nette che ribadiscono principi consolidati in giurisprudenza.

La configurabilità del porto di oggetti atti ad offendere

Con riferimento al primo motivo, la Cassazione ha ricordato che per integrare la contravvenzione prevista dall’art. 4 della legge 110/1975, sono sufficienti due condizioni:
– Che gli oggetti (in questo caso, arnesi da scasso) siano oggettivamente idonei a offendere.
– Che non sussista un giustificato motivo per portarli con sé.

I giudici hanno specificato che, a differenza di altri reati, non è richiesta l’intenzione specifica di recare un’offesa a una persona. La natura stessa degli oggetti e l’assenza di una valida ragione per il loro possesso in un dato contesto sono sufficienti a configurare il reato. Pertanto, la doglianza dell’imputato è stata ritenuta priva di fondamento.

Le motivazioni: perché non si tratta di reato complesso

La Corte ha poi smontato la tesi del reato complesso, centrale nel secondo motivo di ricorso. L’imputato sosteneva che il porto degli arnesi (la contravvenzione) fosse un elemento costitutivo del furto aggravato dalla violenza sulle cose.

La Cassazione ha chiarito che questa interpretazione è errata. L’aggravante del furto non è il semplice porto degli strumenti, ma il loro utilizzo per esercitare violenza sulle cose (ad esempio, forzare una serratura). Le due condotte sono distinte e separate:
Il porto degli oggetti: è il substrato fattuale della contravvenzione e si realizza per il solo fatto di avere con sé gli strumenti senza giustificato motivo.
L’uso degli oggetti: è la condotta che integra la circostanza aggravante del furto, poiché consiste nell’impiegare attivamente tali strumenti per vincere le difese poste a protezione di un bene.

In altre parole, un soggetto risponde della contravvenzione per il semplice fatto di portare con sé gli arnesi; se poi li usa per commettere un furto, risponderà anche del furto aggravato. Le due condotte, essendo diverse, danno vita a due reati distinti che possono concorrere tra loro.

Le conclusioni

L’ordinanza in esame ribadisce un principio fondamentale: il reato di porto di oggetti atti ad offendere ha una sua piena autonomia rispetto al reato di furto aggravato. La tesi del reato complesso non può trovare accoglimento perché le condotte sanzionate dalle due norme sono diverse: da un lato la pericolosità insita nel portare con sé certi strumenti, dall’altro l’effettiva aggressione al patrimonio altrui tramite la violenza sulle cose. La Corte, dichiarando inammissibile il ricorso, ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria, confermando così l’impianto accusatorio dei giudici di merito.

Quando si configura il reato di porto di oggetti atti ad offendere?
Il reato si configura quando un soggetto porta con sé, senza un giustificato motivo, oggetti che sono oggettivamente capaci di offendere. Non è necessaria l’intenzione di voler recare un’offesa a una persona.

Il porto di arnesi da scasso può essere assorbito nel reato di furto aggravato?
No. Secondo la Corte, il porto degli arnesi e il loro utilizzo per commettere un furto aggravato sono due condotte distinte. Pertanto, non si tratta di un reato complesso e le due fattispecie possono concorrere.

Qual è la differenza tra ‘portare’ gli strumenti e ‘usarli’ ai fini del furto aggravato?
‘Portare’ gli strumenti senza giustificato motivo costituisce il reato autonomo di porto di oggetti atti ad offendere. ‘Usarli’ per forzare, ad esempio, una serratura, costituisce la condotta che realizza la circostanza aggravante della violenza sulle cose nel reato di furto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati