Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 7864 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 7864 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 24/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a OZIERI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 17/05/2023 del GIUDICE UDIENZA PRELIMINARE di SASSARI
visti gli atti, il provvedimento impugNOME e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore COGNOME, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
udito il difensore procedimento a trattazione scritta.
Ritenuto in fatto
Con sentenza in data 17.5.2023, il Giudice per l’udienza preliminare presso il Tribunale di Sassari, all’esito di giudizio abbreviato, ha ritenuto responsabile NOME COGNOME del reato di cui all’art. 4, I. n. 110 del 1975 e, riconosciuta l’ipote lieve di cui al comma 3, lo ha condanNOME alla pena dell’ammenda di 1.000 euro, ridotta per l’attenuante di cui all’art. 89 cod. peri. a 667 euro, ridotta per il ri 445 euro di ammenda. Ha inoltre applicato la misura di sicurezza della libertà vigilata per la durata di un anno, ritenendo COGNOME soggetto socialmente pericoloso.
Il GUP ha ritenuto che il martelletto frangivetro, di cui l’imputato era stato trovato in possesso mentre era nei pressi della stazione ferroviaria di Chilivani, fosse uno strumento da punta atto a offendere, rientrante nella previsione di cui all’art. 4, I. n. 110 del 1975.
Avverso tale sentenza NOME COGNOME, a mezzo del proprio difensore, ha proposto ricorso per cassazione deducendo le seguenti censure.
Con il primo motivo deduce la violazione di legge in riferimento all’art. 533 44-e cod.Ypen., all’art. 4, comma 2, legge n. 110 del 1975, e vizio di motivazione in ordine alla sussistenza della contravvenzione di cui all’art. 4, I. n. 110 del 1975. Difetterebbe, innanzitutto, l’elemento materiale del reato, in quanto il martelletto frangivetro non sarebbe strumento intrinsecamente atto ad offendere e difetterebbe, comunque, la prova del suo utilizzo per l’offesa della persona. Inoltre, il GUP avrebbe valutato in termini meramente probabilistici l’uso pregiudizievole del martelletto, senza indicare gli elementi di fatto da cui desumerlo. In modo illogico, inoltre, avrebbe desunto l’offensività della condotta dalle condizioni psichiche del ricorrente. Mancherebbe, altresì, ogni motivazione sulla sussistenza del requisito soggettivo della contravvenzione.
Con il secondo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento all’art. 131-bis cod. pen. Il GUP non avrebbe considerato gli evidenti indici di tenuità del fatto, costituiti dalla condotta collaborativa dell’imputato c ha spontaneamente consegNOME il martelletto alle Forze dell’ordine. Inoltre, il giudice ha ritenuto l’abitualità della condotta sulla base dei precedenti penali da cui è gravato il ricorrente, senza valutare se fossero della stessa indole. In modo contraddittorio, infine, sarebbe stata esclusa la causa di non punibilità, pur essendosi riconosciuta l’attenuante di cui all’art. 4, comma 3, I. n. 110 del 1975.
Con il terzo motivo denuncia la violazione di legge in ragione della non corretta determinazione della pena ai sensi dell’art. 442, comma 2, cod. proc. pen., in quanto, pur trattandosi di reato contravvenzionale, la sentenza impugnata avrebbe operato la riduzione della pena di un terzo, anziché della metà.
Con il quarto motivo deduce la violazione di legge in relazione alla mancata applicazione delle attenuanti generiche e il vizio di motivazione. Invero, benché sia stata riconosciuta l’attenuante di cui all’art. 4, comma 3, I. n. 110 del 1975, la sentenza impugnata ha contraddittoriamente negato le attenuanti generiche senza operare alcuna valutazione idonea al rigetto, non rappresentando la presenza di precedenti condanne un limite per la loro concessione.
Con il quinto motivo denuncia violazione di legge in relazione agli artt. 203, 228, 229, 219, commi 1 e 3, cod. pen., e 133 cod. pen. nonché omessa motivazione dei criteri per l’applicazione della misura della libertà vigilata. Il GUP avrebbe disposto l’applicazione della misura di sicurezza in assenza del presupposto stabilito dall’art. 229 cod. pen. della condanna alla reclusione per un tempo superiore ad un anno. Inconferente sarebbe il richiamo all’art. 219, commi 1 e 3 cod. pen. il quale si riferisce ai delitti e non alle contravvenzioni. In ogni caso, la sentenza impugnata avrebbe omesso ogni motivazione sul percorso seguito decisionale seguito ai fini della applicazione della misura di sicurezza.
Il Procuratore generale ha depositato conclusioni scritte con le quali ha chiesto il rigetto del ricorso.
Considerato in diritto
Il ricorso è fondato nei limiti di seguito specificati.
Il primo motivo è infondato.
2.1. Fuorr i dubbio è la circostanza che il martelletto frangivetro, di cui NOME è stato trovato in possesso, rientri tra gli strumenti cd. “nominati”, cui fa riferimento la prima parte del secondo comma dell’art. 4, I. n. 110 del 1975, trattandosi di «strumento da punta o taglio atto ad offendere», in quanto idoneo a ferire e, altresì, caratterizzato da particolare maneggevolezza.
2.2. Ai fini della punibilità del porto di tali oggetti fuori dai luoghi di pertinen dell’agente, unica condizione è che la condotta sia realizzata in assenza di un giustificato motivo, intendendosi, per tale, quello determiNOME da particolari esigenze dell’agente, le quali «siano perfettamente corrispondenti a regole comportamentali lecite relazionate alla natura dell’oggetto, alle modalità di verificazione del fatto, alle condizioni soggettive del portatore, ai luoghi dell’accadimento e alla normale funzione dell’oggetto» (Sez. 1, n. 578 del 30/09/2019, dep. 2020, Brahime, Rv. 278083; Sez. 4, n. 49769 del 14/11/2019, NOME, Rv. 277878; Sez. 1, n. 4498 del 14/01/2008, Genepro, Rv. 238946).
Non è invece necessaria la sussistenza di circostanze di tempo e luogo dimostrative del pericolo di offesa alla persona, dal momento che la disposizione in esame sanziona il semplice porto dello strumento idoneo ad offendere in un luogo pubblico, prescindendosi dalla possibilità in atto di un suo uso pregiudizievole. In proposito, la Corte costituzionale, con la sentenza n. 139 del 2023, ha dichiarato non fondata, in riferimento agli artt. 3, 25, secondo comma, e 27, terzo comma, Cost., la questione di legittimità costituzionale dell’art. 4, comma 2, prima parte, della legge n. 110 del 1975, sul rilievo che la distinzione rispetto agli strumenti “innominati” – per i quali la seconda parte del medesimo comma 2, dell’art. 4 cit. richiede, invece, la sussistenza delle dette circostanze non è irrazionale né arbitraria, avendo il legislatore incluso tra gli strumenti “nominati” quelli che, per le loro caratteristiche, si presentano oggettivamente più pericolosi e strutturalmente prossimi alle armi proprie “bianche”, nonché quelli che, in base all’esperienza, si prestano ad essere impiegati, più facilmente e con maggior frequenza, per l’offesa alla persona (Sez. 1, n. n. 45184 del 11/10/2023, COGNOME, Rv. 285506).
2.3. Nella specie, il GUP, con motivazione adeguata e coerente con la previsione normativa, ha correttamente qualificato il martelletto frangivetro di cui COGNOME è stato trovato in possesso come “strumento da punta”, in quanto dotato di una punta di metallo e perciò senz’altro idoneo ad offendere se usato contro una persona. Con argomentazioni del tutto logiche, ha altresì escluso che vi fosse un giustificato motivo perché l’imputato avesse con sé tale strumento, né alcun motivo era stato addotto dal ricorrente.
Il secondo motivo è fondato, con assorbimento del terzo concernente l’entità della pena.
La sentenza impugnata ha escluso la sussistenza della causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis cod. pen. in quanto, «alla luce dei diversi precedenti dell’imputato, il fatto non può considerarsi non abituale».
Tuttavia, la richiamata disposizione, al terzo comma, precisa che il comportamento è da considerarsi abituale nel caso in cui «l’autore sia stato dichiarato delinquente abituale, professionale o per tendenza ovvero abbia commesso più reati della stessa indole, anche se ciascun fatto, isolatamente considerato, sia di particolare tenuità, nonché nel caso in cui si tratti di reati che abbiano ad oggetto condotte plurime, abituali e reiterate».
Al fine di verificare la sussistenza del necessario requisito della non abitualità del comportamento, il giudice deve tener conto di condotte analoghe, integranti il reato in relazione al quale viene chiesta l’applicazione della causa di non punibilità
in esame, potendo trattarsi anche di reati posti in essere successivamente a quello per cui si procede (Sez. 6, n. 6551 del 09/01/2020, Rv. 278347 – 01).
Nella specie, il GUP non ha operato tale accertamento, limitandosi a richiamare genericamente la presenza di numerosi precedenti penali, senza operare il necessario accertamento in ordine alla loro indole, ed in particolare alla medesimezza della stessa rispetto al reato per cui si procedeva a carico dell’imputato.
Infondato è il quarto motivo, con cui si censura la mancata concessione delle attenuanti generiche.
Secondo il pacifico orientamento della giurisprudenza di legittimità, l’applicazione delle circostanze attenuanti generiche non costituisce un diritto conseguente all’assenza di elementi negativi connotanti la personalità dell’imputato, ma richiede elementi di segno positivo, dalla cui assenza legittimamente deriva il diniego di concessione delle stesse (ex plurimis Sez. 3, n. 24128 del 18/03/2021, Rv. 281590). In altri termini, è la valutazione di meritevolezza che necessita di apposita motivazione dalla quale emergano, in positivo, gli elementi che sono stati ritenuti atti a giustificare la mitigazione d trattamento sanzioNOMErio; per converso, l’esclusione delle circostanze attenuanti generiche risulta adeguatamente motivata alla sola condizione che il giudice, a fronte di specifica richiesta dell’imputato volta al loro ottenimento, indichi delle plausibili ragioni a sostegno del rigetto di detta richiesta, senza che ciò comporti tuttavia la stretta necessità della contestazione o della invalidazione degli elementi sui quali la richiesta stessa si fonda (ex plurimis, Sez. 1, n. 29679 del 13/6/2011, COGNOME ed altri, Rv. 219891).
Inoltre, ai fini dell’assolvimento dell’obbligo della motivazione in ordine al diniego della concessione delle attenuanti generiche, non è necessario che il giudice prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, potendo egli limitarsi a considerare, tra gli eleme indicati dall’art. 133 cod. pen., quello che ritiene prevalente ed atto a determinare o meno il riconoscimento del beneficio, sicché anche un solo elemento attinente alla personalità del colpevole o all’entità del reato ed alle modalità di esecuzione di esso può essere sufficiente in tal senso (Sez. 2, n. 3609 del 18/01/2011, Rv. 249163; Sez. 2, n. 23903 del 15/07/2020, COGNOME, Rv. 279549 – 02). Ne deriva che le circostanze in parola possono essere negate anche soltanto in base ai precedenti penali dell’imputato, perché in tal modo viene formulato comunque, sia pure implicitamente, un giudizio di disvalore sulla sua personalità (Sez. 2, n. 3896 del 20/01/2016, Rv. 265826).
Nella specie, con motivazione logica e adeguata, la Corte d’appello ha escluso l’applicazione delle attenuanti generiche in ragione non solo dell’esistenza di precedenti penali, ma altresì della riscontrata insussistenza di elementi positivi diversi da quelli già valutati ai fini del riconoscimento dell’attenuante di cui all’ar 4, comma 3, I. n. 110 del 1975, nonché di quella prevista dall’art. 89 cod. pen.
Fondato è il quinto motivo di censura concernente l’illegittimità della applicazione della misura della libertà vigilata.
Tale misura di sicurezza può essere disposta dal giudice, oltre che nelle ipotesi espressamente previste da speciali disposizioni di legge (art. 229 cod. pen.) e in quelle di cd. “quasi reato” (art. 229, n. 2, cod. pen.), nel caso in cui il soggett riporti condanna alla reclusione per un tempo superiore a un anno, secondo quanto testualmente disposto dall’art. 229, n. 1) cod. pen. Inoltre, l’art. 219, terzo comma, cod. pen., dispone che la misura di sicurezza della casa di cura e custodia può essere sostituita con quella della libertà vigilata, qualora si tratti di reati pe quali la legge stabilisce la pena detentiva. Da tali disposizioni emerge che, se la misura di sicurezza della libertà vigilata può essere applicata anche in relazione alle contravvenzioni (l’art. 219 si riferisce infatti ai “reati”), è tuttavia necessa che si tratti di reati puniti con la pena detentiva.
Nel caso in esame, COGNOME è stato condanNOME per la contravvenzione di cui all’art. 4, I. n. 110 del 1975 ed è stata riconosciuta l’ipotesi attenuata di cui a comma 3, secondo periodo, la quale è sanzionata con la sola pena pecuniaria (v. Sez. 1, n. 51388 del 24/11/2023, Verdiglione, Rv. 285581, secondo la quale la qualificazione del fatto come di lieve entità ex art. 4, comma 3, ultima parte, comporta l’applicazione della sola pena dell’ammenda, non rilevando che nella formulazione della norma sia stata adoperata l’espressione “può”, in quanto l’attenuante si giustifica con la natura sproporzionata della pena congiunta dell’arresto e dell’ammenda per fatti connotati da minima gravità).
Pertanto, illegittimamente è stata disposta l’applicazione al ricorrente della misura di sicurezza della libertà vigilata, non ricorrendone i presupposti di legge.
Alla luce delle considerazioni esposte, la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio limitatamente all’applicazione della libertà vigilata.
In accoglimento del secondo motivo di ricorso, deve essere disposto l’annullamento della sentenza impugnata limitatamente al mancato riconoscimento della causa di esclusione della punibilità di cui all’art. 131-bis cod. pen., con rinvio per nuovo giudizio sul punto al giudice dell’udienza preliminare di Sassari, il quale, qualora non dovesse riconoscere detta causa di non punibilità, dovrà determinare la pena operando la riduzione per il rito abbreviato nel rispetto
dell’art. 442, comma 2, cod. proc. pen., che, nel caso di reati contravvenzionali qual è quello che ricorre nella specie, dispone che la pena è diminuita della metà.
Il ricorso va rigettato nel resto.
PQM
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, limitatamente all’applicazione della libertà vigilata, che esclude. Annulla la sentenza impugnata limitatamente al riconoscimento della causa di esclusione della punibilità di cui all’art. 131-bis cod. pen., con rinvio per nuovo giudizio sul punto al giudice dell’udienza preliminare di Sassari, in diversa persona fisica. Rigetta nel resto il ricorso.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 24 gennaio 2024.