Porto di Oggetti Atti ad Offendere: Inammissibile il Ricorso in Cassazione
Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha affrontato un caso di porto di oggetti atti ad offendere, confermando la condanna inflitta a un individuo e dichiarando inammissibile il suo ricorso. La decisione sottolinea i limiti del giudizio di legittimità e chiarisce i criteri per l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto. Analizziamo nel dettaglio la vicenda processuale e le importanti conclusioni della Suprema Corte.
I Fatti del Caso: un Coltello da Cucina e la Condanna
Il caso ha origine da un accertamento effettuato dal Nucleo Radiomobile dei Carabinieri di Roma il 10 settembre 2020. Durante il controllo, un uomo veniva trovato in possesso di un coltello da cucina con una lama seghettata lunga 11,5 centimetri.
Per questo fatto, il Tribunale di Roma, a seguito di un giudizio abbreviato, lo condannava il 16 settembre 2024 alla pena di 1.400,00 euro di ammenda. La condanna si basava sulla violazione dell’articolo 4, comma 2, della legge n. 110 del 1975, che punisce chiunque porti fuori dalla propria abitazione un’arma o un oggetto atto a offendere senza un giustificato motivo.
L’imputato decideva di ricorrere in Cassazione, articolando le sue difese in quattro doglianze e chiedendo un riesame nel merito della vicenda.
La Decisione della Cassazione sul Porto di Oggetti Atti ad Offendere
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. La Corte ha ribadito un principio fondamentale del nostro sistema processuale: il giudizio di Cassazione non è una terza istanza di merito. Il suo compito è verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione della sentenza impugnata, non riesaminare i fatti già vagliati dal giudice del merito.
Nel caso specifico, la Corte ha ritenuto che la valutazione del Tribunale di Roma fosse stata condotta nel pieno rispetto delle regole della logica e in conformità con le risultanze processuali. Le verifiche investigative eseguite nell’immediatezza dei fatti dai Carabinieri erano state considerate univocamente sfavorevoli all’imputato.
L’Inapplicabilità della Particolare Tenuità del Fatto
Un punto centrale del ricorso riguardava la richiesta di applicare l’articolo 131-bis del codice penale, che prevede la non punibilità per la particolare tenuità del fatto. La difesa sosteneva che il reato commesso fosse di minima entità.
La Cassazione ha respinto questa tesi. Ha evidenziato che l’imputato aveva già beneficiato delle circostanze attenuanti generiche nel giudizio di merito. Tuttavia, il ‘disvalore’ complessivo della condotta illecita non era tale da consentire un’ulteriore mitigazione della pena, né tantomeno da integrare i presupposti della particolare tenuità dell’offesa. La Corte ha richiamato la propria giurisprudenza consolidata, sottolineando che la gravità intrinseca del porto ingiustificato di un oggetto come un coltello da 11,5 cm impediva di considerare il fatto come particolarmente tenue.
Le Motivazioni della Decisione
Le motivazioni della Suprema Corte si fondano su due pilastri. Il primo è di natura processuale: il ricorso per cassazione non può trasformarsi in un appello mascherato, volto a ottenere una nuova valutazione delle prove. I motivi del ricorso erano generici e miravano a una riconsiderazione del merito, preclusa in sede di legittimità.
Il secondo pilastro è di natura sostanziale. La Corte ha ritenuto che il porto di un coltello di quelle dimensioni integri una condotta di per sé pericolosa e illecita, il cui disvalore non può essere sminuito al punto da renderla non punibile ai sensi dell’art. 131-bis c.p. La decisione si allinea all’orientamento costante della giurisprudenza, che interpreta in modo restrittivo i presupposti per l’applicazione di tale causa di non punibilità in materia di armi e oggetti atti ad offendere.
Conclusioni: Limiti al Ricorso e Conferma della Condanna
In conclusione, l’ordinanza riafferma la linea rigorosa della Cassazione sul reato di porto di oggetti atti ad offendere. La decisione ha delle implicazioni pratiche significative: chi viene trovato in possesso di un coltello senza un valido motivo non può sperare facilmente nell’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto. Inoltre, viene confermato che, in conseguenza della declaratoria di inammissibilità del ricorso, il ricorrente è tenuto non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche al versamento di una somma alla Cassa delle ammende, in questo caso fissata in tremila euro, come sanzione per aver adito la Corte con un ricorso privo dei necessari requisiti di legge.
Perché il ricorso alla Corte di Cassazione è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché chiedeva un riesame dei fatti e delle prove, un’attività che non rientra nelle competenze della Corte di Cassazione. Il suo ruolo è quello di giudicare la corretta applicazione della legge (giudizio di legittimità), non di rivalutare il merito della vicenda.
Portare un coltello da cucina è sempre reato?
Sì, portare un coltello da cucina con una lama di 11,5 cm fuori dalla propria abitazione senza un giustificato motivo costituisce il reato di porto di oggetti atti ad offendere, come confermato da questa ordinanza e previsto dalla legge n. 110/1975.
Perché non è stata applicata la non punibilità per ‘particolare tenuità del fatto’?
La Corte ha ritenuto che la gravità della condotta (il ‘disvalore della condotta illecita’) non fosse così minima da giustificare l’applicazione dell’art. 131-bis del codice penale. Anche se l’imputato aveva già ottenuto le attenuanti generiche, il reato commesso non è stato considerato di particolare tenuità.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 13497 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 13497 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 20/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a ROMA il 14/06/1972
avverso la sentenza del 16/09/2024 del TRIBUNALE di ROMA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Esaminato il ricorso proposto avverso la sentenza emessa il 16 settembre 2024, con cui il Tribunale di Roma, all’esito di giudizio abbreviato, condannava NOME COGNOME alla pena di 1.400,00 euro di ammenda, per il reato di cui all’art. 4, comma 2, legge 18 aprile 1975, n. 110.
Ritenuto che il ricorso in esame, articolato in quattro correlate doglianze, chiede il riesame nel merito della vicenda processuale, che risulta vagliato dalla Corte territoriale, nel rispetto delle regole della logica, in conformità delle risultanze processuali (tra le altre, Sez. 1, n. 46566 del 21/02/2017, M., Rv. 271227 – 01; Sez. 2, n. 9242 del 08/02/2013, Reggio, Rv. 254988 – 01).
Ritenuto che le verifiche investigative eseguite nell’immediatezza dei fatti dai militari del Nucleo Radiomobile dei Carabinieri di Roma – che, il 10 settembre 2020, accertavano il porto di un coltello da cucina con lama seghettata della lunghezza di 11,5 centimetri – risultavano univocamente orientate in senso sfavorevole alla posizione processuale dell’imputato.
Ritenuto che il disvalore della condotta illecita di COGNOME – che peraltro, nel giudizio di merito, aveva già beneficiato delle circostanze attenuanti generiche – non consentiva la mitigazione sanzionatoria invocata e non permetteva di prefigurare la particolare tenuità dell’offesa rilevante ex art. 131bis cod. pen., invocata dalla difesa del ricorrente, in linea con quanto costantemente affermato da questa Corte (tra le altre, Sez. U, n. 13682 del 25/02/2016, Tushaj, Rv. 266591 – 01).
Per queste ragioni, il ricorso proposto da NOME COGNOME deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non ricorrendo un’ipotesi di esonero, al versamento di una somma alla Cassa delle ammende, determinata in tremila euro, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 20 marzo 2025.