Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 33305 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 33305 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 08/05/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a Varapodio il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 11/01/2024 della Corte di appello di Reggio Calabria udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, NOMEAVV_NOTAIO, che ha chiesto la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
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RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza impugnata, la Corte di appello di Reggio Calabria ha confermato l’affermazione di responsabilità pronunciata dal Tribunale di Palmi, in data 18 luglio 2023, nei confronti di NOME COGNOME, con riforma del trattamento sanzioNOMErio, concedendo la sospensione condizionale della pena.
Il primo Giudice aveva condanNOME l’imputato alla pena di mesi quattro di arresto ed euro 670 di ammenda, per il reato di cui all’art. 4 legge n. 110 del 1975, per aver portato, fuori dalla propria abitazione, senza giustificato motivo, una lama appuntita e affilata in metallo, di centimetri 9 annessa ad un pezzo di plastica di colore nero di forma rettangolare che, chiudendosi, avvolgeva la lama facendone un coltello della misura complessiva di 14,5 centimetri.
2.Propone tempestivo ricorso per cassazione l’imputato, per il tramite del difensore, affidando le proprie doglianze a due motivi, di seguito riassunti nei limiti di cui all’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo si denuncia inosservanza ed erronea applicazione di legge penale e vizio di motivazione, in riferimento all’art. 4, comma 2, legge n 110 del 1975.
La motivazione, per un verso, è apparente e, per altro verso, è illogica con riferimento alle circostanze di tempo e di luogo, elementi di tipicità del fatto ricavando la sussistenza del reato in modo apodittico e, comunque, difforme ai canoni valutativi fissati dalla giurisprudenza di legittimità.
Il Tribunale ha qualificato l’arma come impropria, riconducendola nella categoria di oggetti innominati di cui alla seconda parte del secondo comma della norma di riferimento, ritenendo provata l’ipotesi di accusa sulla base del fatto che l’oggetto, visioNOME dal giudice, presentava la scritta Iain sinclair, aveva una lama affilata appuntita, racchiusa in una tessera di plastica con bordi piegati, tali da far assumere la forma della impugnatura, ritenendo sussistenti caratteristiche tali da individuare l’idoneità dello strumento ad arrecare offesa alla persona.
Il Tribunale ha, altresì, rilevato che non risulta giustificato il possess dell’oggetto da parte dell’imputato il quale è indicato anche come pregiudicato per reati contro il patrimonio.
La sentenza di secondo grado evidenzia, poi, che l’imputato ha trasportato l’arma senza le autorizzazioni necessarie e senza giustificato motivo, come desunto dal comportamento reticente ma anche dalla consapevolezza di portare un’arma fuori dall’abitazione, a prescindere dal proposito di volerla utilizzare, tenuto conto che NOME è stato fermato, in orario serale, in centro cittadino, lontano da zone adibite a camping e che ha reso una giustificazione circa il
coltello rinvenuto, individuata in una mera dimenticanza, versione reputata non credibile per le particolari modalità di custodia, essendo l’arma occultata all’interno del portamonete, oggetto personale di uso frequente e quotidiano.
La difesa deduce che, essendo stata qualificata l’arma come impropria, è necessario ai fini della configurabilità del reato, non soltanto l’ingiustific motivo del porto, ma anche l’esame di altre circostanze di fatto in punto di destinazione dell’oggetto, onde ritenere che questa sia utilizzabile per l’offesa alla persona.
Con i motivi di appello si era evidenziato che lo strumento in sequestro era un coltello cd. card cioè una tessera in plastica rigida, identica ad un bancomat per struttura e dimensioni, la cui parte centrale amovibile assume le fattezze di un coltellino, strumento di solito utilizzato durante escursioni, camping e attività boschive, caccia, pesca.
Tale oggetto era custodito nel portamonete insieme ai documenti e veniva rinvenuto, durante un controllo, mentre NOME era alla guida di un’auto in un pomeriggio tardo, in un centro cittadino.
Si tratta, quindi, di circostanze di tempo e di luogo, da valutarsi ai fini del individuazione della destinazione all’offesa alla persona, risultando necessario, secondo la previsione di cui alla seconda parte del secondo comma dell’art. 4 cit., che sussista un pericolo che non può farsi discendere dal mero possesso dell’arma.
Diversamente, la Corte di appello si concentra soltanto sull’assenza di giustificato motivo.
La difesa richiama precedente di legittimità (Sez. 1, n. 33324 del 2021) che ha annullato senza rinvio una sentenza di condanna in assenza di indicazioni circa il giustificato motivo da parte dell’imputato del porto, ma sulla base del presupposto che l’arma impropria (in quel caso un bastone a manico di zappa) era custodito non all’interno dell’abitacolo, a fronte di controllo avvenuto in pieno giorno, non lontano dal luogo di lavoro dell’imputato, in condizioni di fatto che non evidenziavano alcun pericolo per l’incolumità di altri soggetti.
Ai fini della destinazione all’offesa, la sentenza di secondo grado valorizza l’orario serale ma, nella specie, si tratta di tardo pomeriggio, in quanto il fatto stato accertato alle 18:40 del 3 settembre; inoltre, si sottolinea la presenza dell’imputato in centro abitato, lontano da zona di adibite a camping, stigmatizzando l’osservazione difensiva, contenuta nei motivi di appello, circ consueta destinazione di questo genere di coltellino cd. card. Infine, si valorizza la modalità della custodia cioè all’interno di un portamonete, da questa ricavando una specifica volontà di occultamento.
Sotto il profilo della consueta destinazione del coltellino, la difesa evidenzia che non qualsiasi porto senza la percezione immediata delle finalità dell’oggetto
è comunque e sempre punibile, non essendo decisivo solo il contesto in cui avviene il sequestro, per valutare l’assenza di destinazione a determinate finalità (lavorative, di svago, ecc.) diverse dall’offesa alla persona.
Si richiama giurisprudenza di legittimità (Sez. 1, n. 45180 del 2023) che ha annullato la sentenza di condanna in relazione al possesso di un coltello, al momento dell’ingresso al palazzo di giustizia, ove l’imputata era parte in causa come parte civile, porto giustificato adducendo di essere badante di un’anziana ricoverata in ospedale e che il coltello serviva per sbucciare la frutta.
Quanto al secondo argomento, relativo alla modalità di custodia del coltellino, secondo la Corte di appello sintomatica del rischio dell’offesa la persona, si rileva che il termine “occultato” che manifesta l’intendimento di mascherare è mal richiamato dai giudici della Corte territoriale.
La giurisprudenza di legittimità, invece, ha ribadito che sussiste il rischio dell’offesa ogni qualvolta l’arma impropria sia riposta in luoghi che favoriscono una immediata apprensione. Inconferente sarebbe, quindi, il riferimento all’uso quotidiano del portamonete, fatto da cui la Corte territoriale ricava la volontà di mantenere, non soltanto il costante possesso dello strumento, ma anche la finalità di uso improprio dello stesso, con una motivazione che, nel complesso, finisce per confermare la responsabilità dell’imputato pur in presenza di dubbio ragionevole.
2.2. Con il secondo motivo si contesta la erronea applicazione dell’art 131bis cod. pen. o dell’ipotesi attenuata di cui all’art. 4, comma 3, legge n 110 del 1975, con vizio di motivazione.
Quanto all’esclusione dell’art. 131-bis cit., la Corte territoriale ha valorizzat che l’arma era detenuta sulla persona e non nel veicolo, che questa era di piccole dimensioni, tale da essere facilmente occultata e anche confusa con una carta di credito, quando ripiegata, in assenza di comportamento collaborativo e in considerazione dei precedenti penali dell’imputato.
L’esiguità dell’offesa, secondo la giurisprudenza di legittimità, non si ricava tenuto conto della necessità che la condotta non sia abituale, da precedenti penali dell’imputato che non attestano l’abitualità del comportamento. Quindi, si osserva che, nel caso al vaglio, la non abitualità della condotta non è stata considerata ai fini dell’applicazione dell’istituto.
Inoltre, si rileva che le piccole dimensioni del coltello e il luogo di custodi dello stesso -all’interno del portamonete- quindi di non agevole e rapida apprensione, sono circostanze non apprezzate positivamente ma ritenute negativamente come cause di esclusione della esiguità dell’offesa.
Si rimarca che i precedenti penali non sono specifici, risalgono al 1998 al 2009 e, inoltre, la stessa Corte territoriale dà atto che il secondo reato è una contravvenzione che risulta estinta con provvedimento giudiziale.
Quanto alla lieve entità di cui all’art 4, comma 3, legge n. 110 del 1975 la Corte territoriale sostiene che l’arma rinvenuta era certamente un’arma da taglio, dunque già di per sé particolarmente insidiosa e che le particolari conformità del coltello, facilmente occultabile, stante l’assenza di valide ragioni per il suo possesso e porto, erano circostanze che non davano luogo alla configurabilità dell’ipotesi della lieve entità.
Sul punto la difesa osserva che la giurisprudenza di legittimità ritiene che, ai fini della configurabilità della fattispecie della lieve entità, non solo deve tener conto delle dimensioni dello strumento atto ad offendere ma anche di tutte le modalità del fatto e della personalità dell’imputato.
La dimensione della lama, il luogo di custodia -non immediatamente accessibile- il contesto neutro in cui è stato controllato l’imputato, la sostanziale irrilevanza dell’unico precedente non specifico e risalente da cui questi è gravato, sono circostanze che avrebbero dovuto condurre all’attenuazione del fatto.
La Corte territoriale, invece, valorizza il concetto di insidiosità che appare confliggente e illogico rispetto alle fattezze stesse dell’arma e delinea la personalità dell’imputato, sulla base del non dedotto giustificato motivo, ricavandone, per tale via, una figura distante da quella che il casellario restituisce.
3.11 Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME, ha concluso con requisitoria scritta, stante l’assenza di tempestiva richiesta di trattazione orale, ai sens dell’art. 23, comma 8, d. I. 28 ottobre 2020, n. 137, conv. dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, come prorogato, chiedendo la declaratoria di inammissibilità.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è infondato.
1.1.11 primo motivo è inammissibile perché manifestamente infondato.
Invero, osserva il Collegio che sono da qualificare armi tutti gli strumenti atti ad offendere e che, sono, naturalmente, destinati a recare un’offesa o un danno ad altro soggetto. All’interno della categoria si distingue tra le armi bianche e quelle da fuoco.
Le prime comprendono tutti gli strumenti atti ad offendere che possono provocare ferite per mezzo di punte (come pugnali e baionette), forme contundenti (manganelli) o lame di metallo (come sciabole, spade, katane). Nella categoria rientrano, altresì, quelle che permettono di scagliare altri oggetti (archi, balestre, cerbottane, o cd. armi da lancio). In generale, le armi bianche, sfruttano solo la forza di chi le impugna e la potenzialità lesiva dell’oggetto.
Le armi da fuoco sono strumenti atti ad offendere che sfruttano il particolare meccanismo costruttivo, basato sull’esplosione o sulla deflagrazione. Esse integrano la categoria delle classiche armi da sparo e utilizzano, dunque, una peculiarità di tipo esplosivo (pistole, bombe, fucili, ecc.).
Le armi improprie, a differenza di quelle proprie, possono essere qualificate come strumenti idonei a offendere, ma non hanno, in via esclusiva e per destinazione naturale, quello scopo, né sono state ideate e realizzate per quella finalità. Si possono definire improprie, allora, le armi che, per loro natura, non sono destinate all’offesa della persona, pur potendo, tuttavia, nuocere, se utilizzate in maniera pericolosa (cacciaviti, martelli, asce, trapani, catene, tubi d ferro) dunque qualsiasi strumento che, pur non avendo come naturale destinazione l’offesa, può essere utilizzato anche con quel fine. La giurisprudenza di legittimità ha spiegato che, in tema di reati concernenti le armi, per arma in senso proprio deve intendersi quella la cui destinazione naturale è l’offesa alla persona; rientrano in tale categoria, secondo 3 l’art. 30 T.U.L.P.S. e l’art. 45 comma primo, del relativo regolamento, sia le armi da sparo che quelle cosiddette bianche. Sono, invece, armi improprie quelle che, pur avendo una specifica diversa destinazione, possono tuttavia servire all’offesa personale, secondo le indicazioni date dall’art. 4 legge n. 110 del 1975.
Delle armi proprie, in genere, è vietata la detenzione non previamente denunciata all’autorità di pubblica sicurezza; delle armi improprie è vietato solo il porto, non anche la detenzione. (Sez. 1, n. 14953 del 17/03/2009, COGNOME, Rv. 243917 – 01; Sez. 1, nr. 3377 del 22/02/1995, COGNOME, Rv. 200698 – 01).
Ciò posto, si rileva che la Corte territoriale, diversamente dalla prospettazione difensiva, ha fatto corretta applicazione del disposto normativo dì cui all’art. 4 legge n. 110 del 75 per quanto concerne l’elemento oggettivo del reato dal medesimo contemplato. Ed invero la lunghezza della lama (pari a 9 centimetri) e la presenza di un’estremità appuntita rendono non manifestamente illogica e immune da vizi di ogni tipo la conclusione cui è giunta la Corte di appello, nel reputare l’oggetto classificabile come vero e proprio coltello ai sensi di legge, trattandosi, comunque, di “strumento da punta e da taglio atto ad offendere”.
Inoltre, la giurisprudenza di questa Corte ha chiarito che, in relazione agli oggetti da punta e da taglio, dunque veri e propri coltelli, l’intervenut abrogazione del R.D. 18 giugno 1931, n. 773, art. 80 rende irrilevanti le dimensioni degli stessi (Sez. 4, n. 1482 del 22/11/2018, dep. 2019, Rv. 274976 – 01; Sez. 1, n. 13618 in data 22.03.2011, Rv. 249924, P., in fattispecie di coltello con lama di cm. quattro).
Ancora, circa l’idoneità lesiva dell’arma impropria, si osserva che questa, in quanto qualificata in modo ineccepibile arma da taglio, deve senz’altro rinvenirsi
nel caso di specie, come hanno concluso i convergenti provvedimenti di merito, stante l’univoca potenzialità di questa di arrecare danno.
Pari giudizio di manifesta infondatezza deve essere espresso in merito alla deduzione spesa dal ricorrente in ordine alla giustificazione del porto.
Va rilevato come l’argomentazione contenuta tanto nel primo motivo dell’odierna impugnazione, quanto in quello dell’appello (l’uso dell’arnese utile durante escursioni, camping e attività boschive, caccia, pesca) non risulti essere stata fornita nell’immediatezza dall’imputato (cfr. p. 3 e 4 della sentenza di primo grado ove si rende conto che COGNOME non ha fornito alcuna giustificazione nemmeno durante il dibattimento, né ha riconnesso la detenzione ad attività lavorativa) e come non sia pertinente, nello specifico, perché il controllo da parte delle Forze dell’Ordine è avvenuto in circostanze di tempo e di luogo, specificate in punto di fatto (in centro cittadino, mentre l’imputato era a bordo di una vettura) che nulla hanno a che fare con l’attività descritta nel ricorso alla quale, in detta occasione, l’imputato non fece alcun cenno.
Né lo stesso controllo, secondo la ricostruzione dei provvedimenti di merito, ha condotto al rinvenimento di altri attrezzi, tale da configurare, anche non nelle immediatezze del controllo, un’effettiva destinazione del coltello rinvenuto alle attività ricreative indicate nel ricorso.
Peraltro, sul punto, occorre ribadire la consolidata giurisprudenza di questa Corte di legittimità secondo cui “giustificato motivo”, rilevante ai sensi dell legge n. 110 del 1975, art. 4, non è quello dedotto a posteriori dall’imputato o dalla sua difesa, ma quello espresso nell’immediatezza, in quanto riferibile all’attualità e suscettibile di un’immediata verifica da parte del personale operante (tra le altre, n. 19307 del 30/01/2019, COGNOME, Rv. 276187 – 01Sez. 1, n. 18925 del 26/02/2013, COGNOME, Rv. 256007).
1.2. Il secondo motivo è infondato.
Va premesso che, secondo la giurisprudenza costante di questa Corte, la lieve entità può essere ravvisata in ordine a tutte le armi improprie di cui al comma secondo della norma in esame, non ai soli oggetti atti ad offendere strettamente intesi (Sez. 1, n. 46264 in data 08/11/2012, Visendi, Rv. 253968: “La circostanza del fatto di lieve entità previsto dall’art. 4, comma terzo, legge n. 110 del 1975 si applica a tutte le armi improprie indicate nell’art. 4, comma 2, L. cit. e non ai soli oggetti atti ad offendere strettamente intesi: fattispecie relat a porto di coltello a serramanico)”; nello stesso senso anche Sez. 1, n. 32785 del 18/06/2014, Alfano, Rv. 263211, Sez. 1, n. 12915 del 01.03.2012, Rv. 252272. Corso, Sez. 1, n. 37080 dell’11.10.2011, Rv. 250817).
Si osserva che “ai fini della configurabilità del caso di lieve entità, previsto dal comma terzo dell’art. 4 della legge n. 110 del 1975, deve tenersi conto non solo delle dimensioni dello strumento atto ad offendere, ma anche di tutte le l
modalità del fatto e della personalità del reo, che possono dare un particolare significato al fatto obiettivo del porto ingiustificato” (Sez. 5, n. 40396 del 03/07/2012, Zanatta, Rv. 254554).
Tanto detto, sulla mancata concessione di detta attenuante nel caso di specie la motivazione della Corte territoriale è sintetica ma immune da illogi manifesta laddove, avuto riguardo al coltello rinvenuto, descrive un’arma da taglio particolarmente insidiosa, all’uopo valorizzando la lunghezza della lama. Inoltre, la motivazione, dopo essersi soffermato sulla condotta dell’imputato rimarcando che questi, mai nel proseguo, ha fornito giustificazioni del possesso, esclude con ragionamento lineare e immune da vizi, la fattispecie attenuata sulla base, altresì, delle circostanze di tempo e di luogo del fatto, tratte dalle modalità di occultamento (sulla persona, nel portamonete), indicando detta modalità come profilo di pericolosità ulteriore.
Del pari, risulta immune da censure di ogni tipo la motivazione in tema di diniego della causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis cod. pen., che fonda, tra l’altro, sui precedenti penali (uno risalente al 2001, nonché una contravvenzione estinta con provvedimento del Tribunale di Palmi del 15 dicembre 2022) ma che valorizza anche le dimensioni complessive dell’oggetto, indicando, peraltro, la facile occultabilità della lama, quindi sottolineando la maggiore insidiosità della stessa.
In ogni caso, il Collegio aderisce all’indirizzo di questa Corte di legittimità i forza del quale il mancato riconoscimento della circostanza attenuante della lieve entità, relativamente al porto abusivo di un’arma impropria, impedisce la declaratoria di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto a sensi dell’art. 131-bis cod. pen. (Sez. 1, n. 13630 del 12/02/2019, Rv. 275242 02, precedente relativo a una mazza da baseball in metallo con impugnatura in gomma della lunghezza di circa 75 cm.; conf. Sez. 1, n. 27246 del 21/05/2015, Rv. 263925 – 01).
2.Segue il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, ex art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso, in data 8 maggio 2024
Il Consigliere estensore