Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 16469 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 16469 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 09/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato a CAGLIARI il 29/10/1980
avverso la sentenza del 05/06/2024 del TRIBUNALE di CAGLIARI
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo ft .7-1/ E- tr c , or – L (31C,,,J?(
RITENUTO IN FATTO
COGNOME NOME ricorre avverso la sentenza del Tribunale di Cagliari del 5 giugno 2024, con la quale è stato condannato alla pena di euro 1.000,00 di ammenda, in ordine al reato di porto di armi od oggetti atti a offendere, nella sua forma di lieve entità, ai sensi dell’art. 4, terzo comma, legge 18 aprile 1975, n. 110, perché il 15 novembre 2022, senza giustificato motivo, aveva portato fuori dalla propria abitazione un coltello a serramanico lungo 20 cm (con lama di 8 cm), strumento utilizzabile per l’offesa alla persona, rinvenuto dai Carabinieri della Stazione di Vallermosa all’interno di un marsupio dallo stesso indossato
Il ricorrente denuncia inosservanza ed erronea applicazione della legge penale e vizio di motivazione della sentenza impugnata, perché il Tribunale avrebbe erroneamente ritenuto perfezionato il reato in esame, nonostante non vi fosse agli atti alcun elemento in forza del quale poter ritenere che il porto del coltello fosse stato del tutto ingiustificato.
Secondo il ricorrente, lo stesso Tribunale avrebbe evidenziato in sentenza in termini meramente ipotetici (con l’utilizzo dell’espressione «appare possibile») che l’imputato aveva riferito una giustificazione infondata (l’imputato, invero, nell’immediatezza del fatto, aveva riferito che tale strumento gli serviva per lavorare in campagna).
Pertanto, il Tribunale non avrebbe potuto ritenere non giustificata la motivazione fornita dall’imputato solo in forza del fatto che questi presentava precedenti penali e che, all’interno dell’autoveicolo da lui guidato, non furono rinvenuti ulteriori strumenti di lavoro.
Il giudice di merito, poi, non avrebbe riconosciuto la particolare tenuità del fatto ex art. 131-bis cod. pen., nonostante la non abitualità del comportamento dell’imputato e senza fornire sul punto alcuna valida motivazione e nonostante il coltello rinvenuto fosse di piccole dimensioni.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Ritiene il Collegio che il ricorso debba essere rigettato.
1.1. Il primo motivo di ricorso non è fondato.
Il ricorrente non si confronta con la sentenza impugnata, nella parte in cui il Tribunale ha ritenuto che la giustificazione circa il porto del coltello fornit dall’imputato non fosse valida: secondo il giudice di merito, infatti, dall’analisi dell circostanze di tempo e di luogo nelle quali lo stesso era stato fermato dai Carabinieri non appariva credibile che l’imputato avesse portato con sé il coltello
per effettuare dei lavori in campagna, attesa la distanza dell’azienda dal luogo in cui Scano fu fermato dai Carabinieri e a direzione in cui procedeva il veicolo.
Era emerso, inoltre, che l’imputato era stato fermato in quanto i Carabinieri, durante un posto di controllo della circolazione, avevano notato l’autovettura alla cui guida vi era l’imputato effettuare una retromarcia e darsi alla fuga.
Pertanto, il Tribunale, fornendo sul punto una motivazione ineccepibile, ha ritenuto che la motivazione del porto emersa dagli atti non fosse giustificata, anche considerando che, all’interno dell’autoveicolo, i Carabinieri non avevano rinvenuto ulteriori strumenti di lavoro.
D’altronde, il “giustificato motivo” del porto degli oggetti di cui all’art. secondo comma, legge n. 110 del 1975 ricorre solo quando particolari esigenze dell’agente siano perfettamente corrispondenti a regole comportamentali lecite relazionate alla natura dell’oggetto, alle modalità di verificazione del fatto, all condizioni soggettive del portatore, ai luoghi dell’accadimento e alla normale funzione dell’oggetto (Sez. 4, n. 49769 del 14/11/2019, Rhimi, Rv. 277878).
1.2. Il secondo motivo di ricorso è infondato.
Giova in diritto premettere che le Sezioni Unite della Corte di cassazione hanno chiarito che, ai fini della configurabilità della causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’art. 131-bis cod. pen., giudizio sulla tenuità richiede una valutazione complessa e congiunta di tutte le peculiarità della fattispecie concreta, che tenga conto, ai sensi dell’art. 133, primo comma, cod. pen., delle modalità della condotta, del grado di colpevolezza da esse desumibile e dell’entità del danno o del pericolo. Ciò che è necessario è una equilibrata considerazione di tutte le peculiarità della fattispecie concreta in quanto è la concreta manifestazione del reato che ne segna il disvalore (Sez. U, n. 13681, del 25/02/2016, Tushaj, Rv. 266590).
Dunque, anche se la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto non può essere esclusa per il solo fatto che un reato sia stato commesso, il giudice può valutare non sussistenti i presupposti per applicare l’art. 131-bis cod. pen. dopo aver considerato le forme di estrinsecazione del comportamento tenuto dall’imputato al fine di valutarne complessivamente la gravità, l’entità del contrasto rispetto alla legge e, conseguentemente, il concreto bisogno di pena.
Nel caso di specie, il giudice di merito, facendo una motivazione ineccepibile con corretta applicazione dei principi sopra indicati, ha evidenziato che le modalità obiettive della condotta e il vano tentativo dell’imputato di fornire motivazioni non giustificate circa il porto del coltello, non permettevano di qualificare il fatto termini dì minima e trascurabile offensività del bene giuridico tutelato dalla norma penale violata ex art. 131-bis cod. pen., ma solo in termini di lieve entità, tanto da aver riconosciuto la specifica circostanza attenuante di cui all’art 4, terzo
comma, legge n. 110 del 1975, a nulla rilevando che il comportamento fosse stato o meno abituale.
2. In forza di quanto sopra, il ricorso deve essere rigettato. Ne consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ai sensi
dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 09/01/2025