Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 21812 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 21812 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 21/05/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOMECOGNOME nato a Brescia il 17/08/1986
avverso la sentenza emessa il 30/09/2024 dalla Corte di appello di Lecce
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza emessa il 28 ottobre 2022 il Tribunale di Lecce giudicava NOME COGNOME colpevole del reato ascrittogli, ai sensi dell’art. 4, comma 2, legge 18 aprile 1975, n. 110, condannando l’imputato alla pena di sei mesi di arresto e 1.000,00 euro di ammenda, oltre al pagamento delle spese processuali.
Con sentenza emessa il 30 settembre 2024 la Corte di appello di Lecce, pronunciandosi sull’impugnazione dell’imputato, confermava la decisione appellata e condannava l’appellante al pagamento delle ulteriori spese processuali.
I fatti di reato, nella loro consistenza materiale, sono incontroversi e non contestati dall’imputato, riguardando il porto ingiustificato di un coltello multiuso in metallo che aveva una lama della lunghezza di 8 centimetri, che NOME COGNOME teneva occultato in una tasca del suo giubbotto.
Deve, in proposito, precisarsi che il porto del coltello multiuso controverso veniva accertato dagli agenti dell’Ufficio Volanti della Questura di Lecce, che sottoponevano l’imputato a un controllo su strada, vedendolo ferito nella parte inferiore del mento e in uno stato di alterazione psico-fisica.
Deve, inoltre, precisarsi che il controllo di polizia all’esito del quale si procedeva al sequestro dell’arma da taglio oggetto di contestazione veniva eseguito a Lecce il 21 novembre 2020, come riferito nel giudizio di primo grado dal teste COGNOME
Sulla scorta di questa ricostruzione degli accadimenti criminosi l’imputato veniva condannato alle pene di cui in premessa.
Avverso questa sentenza NOME COGNOME a mezzo dell’avv. NOME COGNOME proponeva ricorreva per cassazione, articolando quattro motivi di ricorso.
Con queste censure difensive, in particolare, si deducevano la violazione di legge e vizio di motivazione del provvedimento impugnato, conseguenti al fatto che la decisione in esame, a fronte delle doglianze prospettate nel giudizio di appello, risultava sprovvista di un percorso argomentativo che desse esaustivamente conto del mancato riconoscimento dell’esimente della particolare tenuità del fatto di reato contestato a NOME COGNOME di cui all’art. 131-bis cod. pen.; del mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche previste dall’art. 62 – bis cod. pen.; del mancato riconoscimento dell’attenuante della lieve entità della condotta illecita ascritta al ricorrente, ai sensi dell’art. 75, comma 3,
legge n. 110 del 1975; del diniego delle pene sostitutive invocate ex art. 20-bis cod. pen.
Le considerazioni esposte imponevano l’annullamento della sentenza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso proposto da NOME COGNOME è infondato.
Osserva il Collegio che il ricorso in esame, pur denunziando formalmente la violazione di legge e il vizio di motivazione della sentenza impugnata, non critica la violazione di specifiche regole inferenziali, ma, postulando indimostrate carenze argomentative della decisione, chiede il riesame nel merito della vicenda processuale, che risulta vagliato dalla Corte di appello di Lecce nel rispetto delle emergenze probatorie.
Il riesame del compendio probatorio, in ogni caso, non è consentito in sede di legittimità, quando la struttura razionale della sentenza impugnata possiede, come nel caso in esame, una sua chiara e puntuale coerenza argomentativa ed è saldamente ancorata, nel rispetto delle regole della logica giudiziaria, alle emergenze probatorie acquisite nel giudizio di merito (tra le altre, Sez. 1, n. 46566 del 21/02/2017, M., Rv. 271227 – 01; Sez. 2, n. 9242 del 08/02/2013, Reggio, Rv. 254988 – 01).
La Corte di appello di Lecce, invero, evidenziava che il compendio probatorio acquisito, tenuto conto degli accertamenti investigativi svolti dagli agenti dell’Ufficio Volanti della Questura di Lecce, che il 21 novembre 2020 sequestra~ un coltello multiuso che NOME COGNOME teneva conservato in una tasca del suo giubbotto, risultava univocamente orientato contro l’imputato, che, al momento del controllo al quale veniva sottoposto, era ferito al mento e versava in uno stato di alterazione psico-fisica.
Ne discende che il giudizio di colpevolezza espresso nei confronti di NOME COGNOME conseguiva a una valutazione ineccepibile dei fatti di reato, tenuto conto delle connotazioni, oggettive e soggettive, della condotta illecita dell’imputato e delle modalità con cui si erano svolti i controlli di polizia dai quali traeva origine il presente procedimento.
Questi elementi processuali, a loro volta, venivano correlati dalla Corte di appello di Lecce all’assenza di giustificazioni che legittimavano il porto del coltello controverso, che non consentivano la mitigazione del trattamento sanzionatorio invocato dalla difesa del ricorrente, anche alla luce dei suoi numerosi precedenti penali.
In questa univoca cornice probatoria, il percorso argomentativo seguito dalla Corte di appello di Lecce deve ritenersi idoneo a escludere in sede di legittimità, senza il compimento di alcuna valutazione complessiva dei profili fattuali degli accadimenti criminosi, l’esimente invocata nel suo interesse con il primo motivo di ricorso.
Non è, infatti, possibile anche alla luce della pericolosità del coltello multiuso con una lama lunga otto centimetri, prefigurare, nel caso di specie, un’ipotesi di particolare tenuità dell’offesa presupposta dall’art. 131-bis cod. pen.
Occorre, in proposito, richiamare il principio di diritto affermato dalle Sezioni Unite, tuttora insuperato, secondo cui: «Ai fini della configurabilità della causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’art. 131bis cod. pen., il giudizio sulla tenuità richiede una valutazione complessa e congiunta di tutte le peculiarità della fattispecie concreta, che tenga conto, ai sensi dell’art. 133, primo comma, cod. pen., delle modalità della condotta, del grado di colpevolezza da esse desumibile e dell’entità del danno o del pericolo» (Sez. U, n. 13682 del 25/02/2016, Tushaj, Rv. 266591 – 01).
Queste ragioni impongono di ritenere infondato il primo motivo di ricorso.
Deve, al contempo, evidenziarsi che il disvalore delle condotte illecite di NOME COGNOME tenuto conto dei suo pregiudizi penali, tra cui i reati di furto e lesioni personali, non consentiva il riconoscimento delle attenuanti generiche invocate dal suo difensore con il secondo motivo di ricorso.
Non si può, invero, non rilevare che le circostanze attenuanti generiche rispondono alla funzione di adeguare la pena al caso concreto, nella globalità degli elementi, oggettivi e soggettivi, che la connotano, sul presupposto del riconoscimento di situazioni fattuali, eventualmente riscontrate con riferimento alla posizione dell’imputato.
La necessità di un giudizio che coinvolga tale posizione nel suo complesso e che impediva la concessione a NOME COGNOME delle attenuanti generiche sulla scorta delle argomentazioni richiamate – è sintetizzata dal seguente principio di diritto: «Le attenuanti generiche non possono essere intese come oggetto di benevola e discrezionale “concessione” del giudice, ma come il riconoscimento di situazioni non contemplate specificamente, non comprese cioè tra le circostanze da valutare ai sensi dell’art. 133 cod. pen., che presentano tuttavia connotazioni tanto rilevanti e speciali da esigere una più incisiva, particolare, considerazione ai fini della quantificazione della pena» (Sez. 6, n. 2642 del 14/01/1999, COGNOME, Rv. 212804 – 01; si vedano, in senso sostanzialmente conforme, anche Sez. 2, n. 30228 del 05/06/2014, COGNOME, Rv. 260054 – 01; Sez. 6, n. 8668 del 28/05/1999, COGNOME, Rv. 214200 – 01).
Queste ragioni impongono di ritenere infondato il secondo motivo di ricorso.
5. Deve, al contempo, evidenziarsi che le caratteristiche spiccatamente offensive del coltello multiuso controverso – attestate dalla lunghezza della lama – e la personalità criminale di NOME COGNOME inducono a ritenere corretta l’esclusione dell’attenuante di cui all’art. 4, comma 3, legge n. 110 del 1975, invocata nel suo interesse con il terzo motivo di ricorso, anche alla luce del fatto che il ricorrente non forniva alcuna giustificazione in merito al porto dell’arma da taglio sequestratagli il 21 novembre 2020.
Non può, in proposito, non richiamarsi il principio di diritto, che si attaglia perfettamente al caso di specie, secondo cui: «Il coltello comunemente detto “multiuso” è dotato, oltre ad altri strumenti, di una lama appuntita e tagliente e quindi deve considerarsi come strumento da punta e da taglio del quale è vietato il porto senza giustificato motivo. Il fatto che sia dotato anche di altri strumenti finalizzati a scopi “pacifici” ed innocui rende tuttavia assai più agevole la giustificazione in merito al porto del coltello nel corso di un viaggio, o di una vacanza, o di una gita in ambienti ove gli strumenti incorporati nel coltello possano rivelarsi utili, senza che tuttavia la giustificazione possa ricavarsi dal solo fatto che il coltello ha più strumenti incorporati e sia destinato a più usi» (Sez. 1, n. 1305 del 02/10/1998, COGNOME, Rv. 212986 – 01).
Queste ragioni impongono di ritenere infondato il terzo motivo di ricorso.
6. Analogo giudizio di infondatezza deve esprimersi per la residua doglianza, relativa al diniego delle pene sostitutive invocate da NOME COGNOME con il quarto motivo di ricorso, ai sensi dell’art. 20-bis cod. pen.
Osserva, in proposito, il Collegio, in linea con quanto si è affermato nei paragrafi precedenti, che la Corte di appello di Lecce formulava un giudizio prognostico negativo sulla personalità dell’imputato, richiamando i precedenti penali dell’imputato e correlandoli alla condotta illecita oggetto di vaglio giurisdizionale, che prefiguravano una personalità criminale incompatibili con i benefici invocati.
A sostegno della correttezza del giudizio prognostico formulato dalla Corte di appello di Lecce nei confronti di NOME COGNOME non si può che richiamare il principio di diritto affermato da Sez. 2, n. 45859 del 22/10/2024, COGNOME, Rv. 287348 – 01, secondo cui: «In tema di pene sostitutive di pene detentive brevi, il giudice, anche a seguito delle modifiche introdotte dal d.lgs. 10 ottobre 2022 n. 150, non può argomentare la prognosi negativa in ordine all’adempimento delle prescrizioni da parte dell’imputato facendo esclusivo riferimento ai suoi
precedenti penali, ma può trarre elementi di valutazione dalla natura e dal numero di essi, oltre che dall’epoca di commissione degli illeciti».
Queste ragioni impongono di ritenere infondato il quarto motivo di ricorso.
7. Per queste ragioni, il ricorso proposto da NOME COGNOME deve essere rigettato, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 21 maggio 2025.