Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 21710 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 21710 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 18/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
CITTADINO NOME NOME a LAMEZIA TERME il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 29/11/2023 della CORTE APPELLO di CATANZARO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
Rilevato che con la sentenza impugnata la Corte di Appello di Catanzaro, ha confermato la sentenza di condanna a mesi sei di arresto ed euro 1000,00 di ammenda pronunciata dal Tribunale di Catanzaro il 12/10/2021 nei confronti di COGNOME NOME in relazione ai reati di cui agli artt. 4 L. 110/1975 per il porto di un coltello;
Rilevato che con il primo motivo di si deduce la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione alla qualificazione giuridica che la Corte territoriale avrebbe attribuito al fatto considerando che il coltello sarebbe un’arma propria e non un’arma impropria come contestato;
Rilevato che con il secondo, il terzo motivo e il quarto motivo si deduce la violazione di legge e il vizio di motivazione in ordine alla mancata applicazione dell’art. 131 bis cod. proc. pen.;
Rilevato che con il quinto motivo si deduce la violazione di legge e il vizio di motivazione in ordine alla mancata applicazione della circostanza di lieve entità di cui all’art. 4, comma 3, L. 110/1975;
Rilevato che con il sesto motivo si deduce la violazione di legge e il vizio di motivazione in ordine al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche;
Rilevato che le doglianze oggetto del primo motivo di ricorso sono manifestamente infondate in quanto la Corte territoriale, che pure ha ritenuto che il coltello (già qualificato come un pugnale nel capo di imputazione) fosse un’arma propria, non ha mutato la contestazione originaria ma si è limitata a considerare le caratteristiche dell’arma ai fini della valutazione da effettuare in termini di gravità della condotta; sotto tale profilo, pertanto, in assenza di una modifica della qualificazione giuridica del fatto (modifica che in assenza di impugnazione da parte del pubblico ministero non avrebbe potuto comportare un aggravamento di pena), la diversa considerazione effettuata dai giudici dell’appello non è censurabile, ciò anche se il coltello oggetto della contestazione è in c.d. libera vendita, esattamente come lo sono i pugnali e le altre armi bianche c.d. proprie;
Rilevato che le doglianze oggetto dei motivi, secondo, terzo, quarto e quinto, sono manifestamente infondate in quanto la Corte territoriale, con il riferimento alla precedente contestazione, alla gravità della stssa (il porto di un coltello in un fodero attaccato alla cintura e in quanto tal pronto all’uso) e alla potenzialità dell’arma (che prue si evince in modo pacifico dagli allegati al ricorso), ha dato coerente e adeguato conto dell’esercizio del potere discrezionale riconosciuto al giudice di merito nell’applicazione dei criteri di cui all’art. 133 cod. pen. (Sez. 7, n. 10481 del 19/01/2022, COGNOME, Rv.
283044 – 01), ciò evidentemente anche con riferimento all’inconfigurabilità nel caso di specie anche dell’ipotesi di lieve entità prevista specificamente dall’art. 4, comma 3, L. 110/1975:
Rilevato che la censura oggetto del sesto motivo di ricorso è manifestamente infondata in quanto con la motivazione resa sul punto il giudice di appello, anche solo facendo riferimento alla mancanza di elementi positivi di valutazione, ha dato adeguato e corretto conto dell’esercizio del potere discrezionale riconosciuto al giudice di merito nella determinazione della pena (Sez. Un. n. 12602 del 17/12/2015, dep. 2016, Rv. 266818);
Ritenuto pertanto che il ricorso è inammissibile in quanto i criteri di giudizio applicati sono corretti e le censure sono pertanto manifestamente infondate e comunque tese a sollecitare una diversa e alternativa lettura che non è consentita in questa sede (Sez. 6, n. 5465 del 04/11/2020, dep. 2021, F., Rv 280601; Sez. 2, n. 19411 del 12/03/2019, Furlan, Rv. 276062);
Considerato che alla inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché – valutato il contenuto del ricorso e in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al versamento della somma, ritenuta congrua, di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 18/4/2024