Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 32916 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 32916 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 16/09/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a AVERSA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 22/04/2025 del TRIBUNALE di PESCARA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del AVV_NOTAIO Procuratore NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto;
lette le conclusioni del difensore che ha chiesto l’accoglimento.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza indicata nel preambolo, il Tribunale di Pescara ha dichiarato NOME COGNOME colpevole del reato di porto fuori dall’abitazione di un coltello multiuso di metallo della lunghezza complessiva di centimetri 9. Ritenuta l’ipotesi di lieve entità prevista dall’art. 4, comma 3, legge n. 110 del 1975, ha condannato l’imputata alla pena di euro 1.000,00 di ammenda.
Ricorre per Cassazione NOME COGNOME, per il tramite del difensore di fiducia, articolando due motivi.
2.1. Con il primo denuncia violazione di legge e vizio di motivazione, anche sotto il profilo del travisamento della prova per invenzione o falsificazione, in relazione al mancato riconoscimento della causa di non punibilità prevista dall’art. 131bis cod. pen.
All’esposizione della censura premette che nella giurisprudenza di legittimità sussiste un contrasto circa il mezzo di impugnazione utilizzabile avverso le sentenze di condanna con cui è applicata la pena dell’ammenda in sostituzione di quella dell’arresto. Nel caso in cui il Collegio aderisca all’orientamento secondo cui le sentenze aventi tale contenuto sono appellabili e non ricorribili per cassazione, in via preliminare, chiede la trasmissione degli atti al giudice competente per l’appello.
Quanto all’apparato giustificativo posto a sostegno del mancato riconoscimento del beneficio richiesto, ritiene la ricorrente che esso non è corroborato da adeguati elementi probatori.
Il Tribunale ha valorizzato il luogo in cui si sono verificati i fatti, sostenendo che l’imputata si trovasse all’interno dello stabilimento balneare al fine evidente di perpetrare un furto. Di tale tentativo di furto non vi è, tuttavia, alcuna traccia nel compendio probatorio, sicché il giudizio risulta fondato su elementi estranei agli atti utilizzabili ai fini della decisione.
Risultano sussistenti tutti i presupposti, oggettivi e soggettivi, necessari e sufficienti per il riconoscimento dell’istituto di cui all’articolo 131 bis cod. pen.
Depongono nel senso della minima offensività del reato, oltre che le caratteristiche del coltello, lo stato di incensuratezza dell’imputata e la condotta tenuta nell’immediatezza: la COGNOME , al momento del controllo, ha provveduto a consegnare spontaneamente l’oggetto agli operanti.
2.2. Con il secondo motivo denuncia vizio di motivazione in relazione al mancato riconoscimento del beneficio della sospensione condizionale della pena.
Qualora la Corte adita aderisca all’orientamento secondo cui la sentenza impugnata è ricorribile per cassazione, l’imputata, non avendo potuto dedurre la questione al giudice di appello, non ha altra scelta che invocare la concessione del beneficio in sede di giudizio di legittimità.
Il Tribunale non ha chiarito i motivi in base ai quali ha ritenuto l’imputata non in grado di astenersi in futuro dal commettere ulteriori reati nonostante l’acquisizione di plurimi elementi sintomatici di segno contrario: la COGNOME è infraventunenne, incensurata, priva di ulteriori pendenze giudiziarie ed ha tenuto un atteggiamento collaborativo nei confronti degli agenti intervenuti in occasione del controllo da cui ha preso avvio il procedimento.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Preliminarmente va chiarito, onde superare i dubbi espressi dal ricorrente, che la sentenza impugnata è ricorribile per cassazione e, quindi, non è appellabile.
L ‘avvenuto riconoscimento del caso di lieve entità, con statuizione coperta da giudicato interno stante l’impugnazione della sola imputata, rende ormai definitivamente applicabile ‘la sola pena dell’a mmenda ‘ e non la ‘ pena dell’ammenda in sostituzione dell’arresto’ .
L’arresto come pena detentiva congiunta a quella pecuniaria dell’ammenda è, infatti, prevista dalla fattispecie base dell’art. 4 , comma 3 prima parte della l. n. 110 del 1975.
Nel caso in esame, escluso che possa essere irrogata in sostituzione della pena pecuniaria l’arresto, è, dunque, pacificamente applicabile l’art. 593, comma 3, a mente del quale ‘ sono in ogni caso inappellabili le sentenze di condanna per le quali è stata applicata la sola pena dell’ammenda’.
Contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, pertanto, non assume alcun rilievo ai fini della decisione la questione, rimessa alle Sezioni unite dalla prima sezione di questa Corte di cassazione con ordinanza n. 28154 del 2025, al fine di chiarire : ‘Se, in tema di mezzi di impugnazione, a norma del disposto dell’art. 593, comma 3, cod. proc. pen., come novellato dell’art. 34, comma 1, lett. a), d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, e della contestuale introduzione delle pene sostitutive delle pene detentive brevi di cui agli artt. 20-bis cod. pen. e 53 e ss. legge 24 novembre 1981, n. 689, la sentenza di condanna con la quale è stata inflitta la pena dell’ammenda, anche se in sostituzione in tutto o in parte -di quella dell’arresto, sia ordinariamente impugnabile con l’appello o, viceversa, sia in ogni caso inappellabile’.
Per completezza, va ricordato che con provvedimento del 4 settembre 2025, la Prima Presidente di questa Corte di legittimità ha, peraltro, ordinato la restituzione del ricorso alla sezione rimettente ai sensi de ll’ art. 172 disp. att. cod. proc. pen., osservando che il denunciato contrasto giurisprudenziale assunto a presupposto della rimessione è in fase di superamento essendo di recente intervenute plurime pronunce della Prima Sezione (tra cui Sez. 1, n. 33605 del 09/05/2024, COGNOME, non mass.; Sez. 1, n. 13795 del 12/12/2024, dep. 2025, Aveta, Rv. 287878 – 01; Sez. 1, n. 26308 del 23/03/2023, Bazzano non mass.), nonché alcune pronunce della Terza Sezione (tra cui Sez. 3, n. 20573, Staffieri, Rv. 286360 – 01), che, valorizzando il dettato della norma come modificato dal d.lgs. 6 febbraio 2018, n. 11 – laddove si è specificato che sono «in ogni caso» inappellabili le sentenze di condanna per le quali è stata applicata la sola pena
dell’ammenda o la pena sostitutiva del lavoro di pubblica utilità – e la ratio complessiva delle modifiche in tema di impugnazione dettate dalla legge 9 agosto 2024, sono giunte a discostarsi dall’approdo di Sez. U, n. 7902 del 03/02/1995, COGNOME, Rv. 201546 – 01, che in presenza dell’originario testo codicistico («Sono inappellabili le sentenze di condanna relative a contravvenzioni per le quali è stata applicata la sola pena dell’ammenda…»), aveva concluso per la appellabilità delle sentenze di condanna per contravvenzione per la quale sia stata inflitta la sola pena dell’ammenda in tutto o in parte come sanzione sostitutiva dell’arresto, attestandosi sulla linea della sola ricorribilità per cassazione.
2. Il primo motivo è manifestamente infondato.
La sentenza impugnata, ai fini della valutazione del livello di offensività del fatto, ritenuto non particolarmente tenue ai sensi dell’art . 131-bis cod. pen., ha valorizzato, in primo luogo, le circostanze dell’azione, desunte dagli atti di indagine, nel loro complesso ritenute sintomatiche della strumentalità del porto del coltello alla consumazione di reati più gravi, come il furto.
Al riguardo, ha evidenziato, con puntali richiami al compendio probatorio, che la COGNOME, senza fornire alcuna giustificazione e all’evidente scopo di sottrarsi al controllo, si era allontanata alla vista degli agenti operanti, in compagnia di un altro soggetto, dirigendosi verso la porta che era stata poco prima forzata per accedere abusivamente nei locali.
Ha aggiunto che deponevano per la gravità del fatto reato anche le caratteristiche oggettive del coltello, che era del tipo ‘multiuso, dotato di lama appuntita e tagliente ‘ .
Su questi ulteriori elementi, di per sé sufficienti per escludere l’applicazione del beneficio, la ricorrente nulla ha opposto.
Il secondo motivo è anch’esso manifestamente infondato dal momento che risulta dal verbale di udienza che la ricorrente non ha chiesto la concessione della sospensione condizionale della pena.
Trova, dunque, applicazione il consolidato principio per cui l’omessa statuizione sulla sospensione condizionale della pena da parte del giudice di merito costituisce vizio della decisione denunciabile nel giudizio di legittimità soltanto qualora nel giudizio di merito sia stata chiesta e rigettata l’applicazione del predetto beneficio, mentre, in caso contrario, il ricorso per cassazione deve essere dichiarato inammissibile non ricorrendo alcuna forma di omessa pronuncia (cfr. Sez. 3, n. 23259 del 29/04/2015 Rv. 263649).
In ogni caso, il beneficio invocato non può essere concesso in questa sede, implicando una valutazione discrezionale, di merito, inibita a questa Corte alla
quale, invero, la questione viene devoluta per la prima volta. È principio generale, infatti, quello secondo il quale non sono deducibili per la prima volta davanti alla Corte di cassazione questioni che presuppongono un’indagine di merito (quale quella della meritevolezza del beneficio della sospensione condizionale della pena), in quanto incompatibili con il sindacato di legittimità (Sez. 5, n. 11099 del 29/01/2015, Rv. 263271 -01).
All’inammissibilità del ricorso segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed alla somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi ragioni di esonero (Corte Cost., sent. n. 186/2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, in Roma 16 settembre 2025.
Il Consigliere estensore Il Presidente
NOME COGNOME NOME COGNOME