Porto di coltello: quando il ricorso in Cassazione è manifestamente infondato
Il porto di coltello al di fuori della propria abitazione, senza un valido motivo, costituisce reato. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce le conseguenze di un ricorso presentato con motivi palesemente infondati, come la richiesta di una riduzione di pena quando questa è già stata fissata al minimo previsto dalla legge. Analizziamo insieme la decisione per comprenderne i principi e le implicazioni pratiche.
I Fatti del Caso
La vicenda trae origine da una condanna emessa dal Tribunale e successivamente confermata dalla Corte d’Appello di Palermo. Un uomo era stato ritenuto colpevole del reato previsto dall’art. 4 della Legge n. 110/75 per aver portato con sé, fuori dalla propria abitazione e senza un giustificato motivo, un coltello pieghevole con manico rosso e lama in acciaio. La lunghezza totale era di 12,5 cm, di cui 5 cm di lama.
Per questo fatto, commesso a Palermo nell’aprile del 2021, l’imputato era stato condannato a una pena di sei mesi di arresto e 1.000,00 euro di ammenda.
Il Ricorso per Cassazione
Contro la sentenza della Corte d’Appello, l’imputato ha proposto ricorso per Cassazione, affidandosi a un unico motivo: la lamentela per la mancata determinazione della pena nella misura del minimo edittale. In sostanza, il ricorrente sosteneva che i giudici di merito non avessero applicato la sanzione più bassa possibile consentita dalla legge per quel reato.
Le Motivazioni della Cassazione sul Porto di Coltello
La Corte di Cassazione ha esaminato il ricorso e lo ha dichiarato manifestamente infondato, e quindi inammissibile. Il ragionamento dei giudici supremi è lineare e ineccepibile. Essi hanno rilevato che la pena inflitta dai giudici di primo e secondo grado era già stata fissata esattamente nella misura del minimo edittale.
Di conseguenza, la richiesta di una sua ulteriore riduzione era logicamente e giuridicamente impossibile. Non si può ridurre una pena che si trova già al suo livello più basso. La doglianza del ricorrente era, pertanto, priva di qualsiasi fondamento, rendendo il ricorso del tutto futile e non meritevole di un esame nel merito.
Le Conclusioni: Inammissibilità e Condanna alle Spese
L’esito del giudizio è stato la dichiarazione di inammissibilità del ricorso. Questa decisione comporta due importanti conseguenze per il ricorrente. In primo luogo, la condanna impugnata diventa definitiva. In secondo luogo, scatta una sanzione accessoria prevista proprio per i casi di ricorsi inammissibili.
Il ricorrente è stato condannato non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende. I giudici hanno specificato che questa ulteriore condanna pecuniaria è dovuta all’assenza di elementi che potessero escludere una colpa da parte del ricorrente nel presentare un’impugnazione così palesemente priva di fondamento. La decisione sottolinea un principio importante: gli strumenti di impugnazione non devono essere utilizzati in modo pretestuoso, pena l’imposizione di sanzioni economiche.
È legale portare un coltello pieghevole fuori casa?
No, portare fuori dalla propria abitazione un coltello, anche se pieghevole, senza un ‘giustificato motivo’ è un reato punito dall’articolo 4 della Legge 110/1975.
Cosa accade se un ricorso in Cassazione si basa su un motivo palesemente infondato?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile. Ciò comporta la condanna definitiva e obbliga il ricorrente a pagare non solo le spese del processo, ma anche una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, come stabilito in questo caso per 3.000 euro.
È possibile chiedere una riduzione della pena se questa è già al minimo previsto dalla legge?
No, non è possibile. Se la pena è già stata fissata dal giudice nella misura minima consentita dalla norma (il ‘minimo edittale’), non può essere ulteriormente ridotta. Un ricorso basato su questa richiesta è destinato a essere dichiarato inammissibile.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 33428 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 33428 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 25/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a PALERMO il 06/10/1967
avverso la sentenza del 29/01/2025 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Visti gli atti.
Esaminati il ricorso e la sentenza impugnata.
Rilevato che il ricorso di NOME COGNOME è manifestamente infondato;
Considerato, infatti, che la Corte di appello di Palermo ha confermato la sentenza pronunciata dal Tribunale della stessa città il 6 febbraio 2024, con la quale il predetto era stato condannato alla pena di mesi sei di arresto ed euro 1.000,00 di ammenda perché riconosciuto colpevole del reato di cui all’art. 4 I. 110/75 per avere portato fuori dalla propria abitazione, senza giustificato motivo, un coltello pieghevole con manico di colore rosso e lama in acciaio della lunghezza di cm 12,5, di cui cm 5 di lama (fatto commesso in Palermo il 16 aprile 2021);
Ritenuto che il ricorrente lamenta la mancata determinazione della pena nella misura del minimo edittale sebbene la stessa sia stata già fissata in tale misura con la conseguente impossibilità di ridurla ulteriormente;
Ritenuto che, pertanto, deve essere dichiarata l’inammissibilità del ricorso, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso, in Roma il 25 settembre 2025.