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Porto di coltelli: quando il ricorso è inammissibile

Un uomo viene condannato per il porto di coltelli fuori dalla propria abitazione. La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il suo ricorso, chiarendo che le contestazioni sulla ricostruzione dei fatti e sulla valutazione delle prove non possono essere riesaminate in sede di legittimità. La condanna viene quindi confermata, con l’aggiunta delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria per l’inammissibilità del ricorso.

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Pubblicato il 16 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Porto di Coltelli: Limiti al Ricorso e Decisione della Cassazione

Il reato di porto di coltelli o di altri oggetti atti ad offendere è una questione spesso dibattuta nelle aule di giustizia. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci offre l’occasione per approfondire non solo la natura del reato, ma soprattutto i limiti procedurali del ricorso, in particolare quando questo si basa su contestazioni relative ai fatti accertati nei gradi di merito. Analizziamo insieme la vicenda e le importanti conclusioni dei giudici.

I Fatti del Caso e la Condanna

La vicenda giudiziaria ha origine dalla condanna di un uomo, inflitta dal Tribunale e successivamente confermata dalla Corte d’Appello. L’imputato era stato ritenuto colpevole del reato previsto dall’art. 4 della legge n. 110 del 1975 per aver portato, al di fuori della propria abitazione e senza un motivo giustificato, due coltelli di notevole dimensione (19 e 24 centimetri di lunghezza complessiva). La pena stabilita era di sei mesi di arresto e mille euro di ammenda.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

L’imputato, tramite il suo difensore, ha presentato ricorso alla Corte di Cassazione, basandolo su due motivi principali:
1. Vizio di motivazione e violazione di legge processuale: La difesa sosteneva che la Corte d’Appello si fosse limitata a confermare la sentenza di primo grado con un mero rinvio (per relationem), senza confrontarsi adeguatamente con i motivi di appello. In particolare, si contestava la non certa attribuibilità dei coltelli all’imputato, emersa, a dire della difesa, da una segnalazione della sorella.
2. Erronea applicazione della legge penale: Un secondo motivo riguardava la quantificazione della pena e il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche, ritenuti ingiustificati.

Le motivazioni della Corte sul porto di coltelli

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, fornendo una chiara lezione sui limiti del giudizio di legittimità. I giudici hanno stabilito che i motivi presentati erano, in realtà, ‘doglianze in fatto’, ovvero tentativi di ottenere una nuova valutazione delle prove e della ricostruzione degli eventi. Questo tipo di riesame è precluso in Cassazione, il cui compito è verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione, non di rifare il processo.

La Corte ha evidenziato che la sentenza d’appello non era affatto carente di motivazione. Al contrario, aveva risposto puntualmente ai motivi di gravame, richiamando gli atti del processo, come l’annotazione di servizio che descriveva il ritrovamento delle armi. Era stato accertato che l’imputato aveva consegnato spontaneamente solo il coltello più piccolo, mentre quello più grande, corrispondente alla descrizione della denunciante, era stato trovato solo dopo un’accurata perquisizione del cruscotto dell’auto. Questi elementi, secondo i giudici di merito, erano sufficienti a fondare la condanna in modo logico e coerente.

Anche riguardo al trattamento sanzionatorio, la Corte ha ritenuto la motivazione della sentenza d’appello sufficiente e non illogica, respingendo così anche il secondo motivo di ricorso.

Le conclusioni della Suprema Corte

La decisione finale è stata la dichiarazione di inammissibilità del ricorso. Questa pronuncia ha comportato per il ricorrente non solo la conferma definitiva della condanna, ma anche l’obbligo di pagare le spese processuali. Inoltre, in conformità con l’art. 616 del codice di procedura penale e la giurisprudenza della Corte Costituzionale, è stato condannato al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle Ammende, a causa della sua colpa nel proporre un ricorso palesemente infondato. Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale: il ricorso in Cassazione non è un terzo grado di giudizio sui fatti, ma un controllo sulla legittimità delle decisioni precedenti.

È possibile contestare in Cassazione l’attribuzione di un oggetto del reato, come un coltello, all’imputato?
No, secondo l’ordinanza, la questione della riconducibilità dei coltelli all’imputato è una ‘doglianza in fatto’, ovvero una valutazione sul merito delle prove che non può essere riesaminata dalla Corte di Cassazione, il cui compito è verificare la corretta applicazione della legge e non ricostruire i fatti.

Per quale motivo il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato ritenuto inammissibile perché i motivi proposti non erano consentiti in sede di legittimità. Essi consistevano in censure sulla ricostruzione dei fatti, già adeguatamente valutate dalla Corte d’Appello con una motivazione ritenuta logica e sufficiente, e non in reali violazioni di legge.

Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso dichiarato inammissibile?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, data la colpa nella proposizione del ricorso, anche al versamento di una somma in favore della Cassa delle Ammende, che in questo caso è stata fissata in tremila euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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