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Porto di bastone: quando la giustificazione non basta

La Corte di Cassazione conferma una condanna per il reato di porto di bastone senza giustificato motivo. La giustificazione addotta dall’imputato, di utilizzarlo per il suo lavoro di pastore, è stata ritenuta non credibile dai giudici. La sentenza sottolinea che l’onere di provare il giustificato motivo spetta all’imputato, il quale deve fornire elementi concreti a supporto delle sue affermazioni, non essendo sufficiente una mera dichiarazione. Viene inoltre confermata l’impossibilità di applicare la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto a causa dei precedenti specifici dell’imputato.

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Pubblicato il 20 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Porto di bastone: la giustificazione deve essere credibile e provata

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 12216 del 2025, torna a pronunciarsi sul reato di porto di bastone o di altri oggetti atti a offendere al di fuori della propria abitazione, chiarendo i confini del “giustificato motivo” e l’onere della prova a carico dell’imputato. La pronuncia offre spunti fondamentali per comprendere come la credibilità di una giustificazione venga valutata dai giudici, non solo sulla base delle dichiarazioni rese, ma alla luce di tutte le circostanze del caso concreto.

I Fatti di Causa

Il caso ha origine da un controllo di polizia durante il quale i Carabinieri rinvenivano, all’interno dell’autovettura di un soggetto, un bastone da pastore. L’uomo si giustificava immediatamente, sostenendo di essere un pastore e di necessitare dell’oggetto per il proprio lavoro. Tale giustificazione, tuttavia, non veniva ritenuta credibile né dal Tribunale di primo grado né dalla Corte d’Appello, che lo condannavano alla pena di 4 mesi di arresto e 600 euro di ammenda per il reato previsto dall’art. 4 della legge n. 110/1975.

L’imputato decideva quindi di ricorrere in Cassazione, lamentando due principali violazioni di legge:
1. Il mancato riconoscimento del giustificato motivo, sostenendo che la sua versione era verosimile e che non spettava a lui fornire la prova della sua occupazione.
2. La mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.), ritenendo irrilevanti i suoi precedenti penali.

L’analisi della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato integralmente il ricorso, ritenendolo infondato in entrambi i motivi. La decisione si basa su principi consolidati in materia di valutazione della prova e di applicazione dei benefici di legge.

Le motivazioni della Corte sul porto di bastone

Per quanto riguarda il primo motivo, la Corte ha stabilito che la valutazione del “giustificato motivo” non può limitarsi alla mera dichiarazione dell’imputato, ma deve essere il risultato di un’analisi complessiva di tutti gli elementi oggettivi e soggettivi della vicenda. Nel caso specifico, i giudici di merito avevano correttamente considerato elementi come la posizione del bastone nell’auto, la sua lunghezza e la “negativa personalità” dell’imputato, per concludere che il porto fosse in realtà finalizzato a un possibile uso offensivo.

La Cassazione ribadisce un principio cruciale: sebbene l’imputato fornisca una giustificazione, qualora questa venga contestata, grava su di lui l’onere di provare quanto affermato. Ciò non costituisce un’inversione dell’onere della prova, ma un’applicazione del principio di “vicinanza della prova”: è l’imputato, infatti, ad avere la più agevole possibilità di dimostrare la veridicità delle sue affermazioni (ad esempio, provando di svolgere effettivamente il mestiere di pastore). In assenza di qualsiasi elemento probatorio in tal senso, la giustificazione è stata correttamente ritenuta non credibile.

Relativamente al secondo motivo, la Corte lo ha dichiarato inammissibile per aspecificità. La sentenza impugnata aveva negato l’applicazione dell’art. 131-bis c.p. a causa di due precedenti condanne a carico dell’imputato per reati in materia di armi. La Cassazione ha ricordato che, secondo la giurisprudenza delle Sezioni Unite, il “comportamento è abituale” – e quindi ostativo al beneficio – quando l’autore ha commesso almeno due illeciti, oltre a quello in esame. Il ricorso dell’imputato si era limitato a contestare genericamente la rilevanza dei precedenti, senza muovere una critica argomentata e specifica alla motivazione della Corte d’Appello, risultando così inammissibile.

Le conclusioni

La sentenza in esame consolida due importanti principi di diritto penale. In primo luogo, chi viene trovato in possesso di un oggetto atto a offendere fuori dalla propria abitazione deve fornire una giustificazione non solo plausibile, ma anche credibile alla luce di tutte le circostanze e, se contestata, supportata da elementi di prova. Non è sufficiente inventare una scusa sul momento. In secondo luogo, l’accesso a benefici come la non punibilità per particolare tenuità del fatto è precluso a chi manifesta una tendenza a delinquere, desumibile da precedenti penali specifici, che configurano un “comportamento abituale” ai sensi di legge.

Chi deve provare il “giustificato motivo” per il porto di un oggetto come un bastone?
Secondo la sentenza, una volta che l’imputato fornisce una giustificazione, se questa viene contestata, spetta a lui stesso dimostrarne la veridicità attraverso elementi di prova concreti. Si tratta di un’applicazione del principio di “vicinanza della prova”.

La sola dichiarazione di usare un bastone per motivi di lavoro è sufficiente a giustificarne il porto?
No. La dichiarazione dell’interessato deve essere valutata dal giudice insieme a tutte le altre circostanze del caso, come il contesto, le caratteristiche dell’oggetto e la personalità dell’imputato. Se non è supportata da alcuna prova e le circostanze la rendono poco credibile, non è sufficiente.

Avere precedenti penali impedisce di beneficiare della non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.)?
Sì, può impedirlo. La Corte ha confermato che la presenza di precedenti condanne, specialmente se per reati della stessa indole, può configurare un “comportamento abituale”, che è una delle cause ostative previste dalla legge per l’applicazione di tale beneficio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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