Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 12216 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 12216 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 14/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a Gela il 23/08/1995
avverso la sentenza del 04/06/2024 della Corte d’appello di Caltanissetta udita la relazione del consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del PG, NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso.
Ritenuto in fatto
Con sentenza del 4 dicembre 2023 il Tribunale di Gela, in rito abbreviato, ha condannato NOME COGNOME alla pena di 4 mesi di arresto e 600 euro di ammenda per il reato di porto fuori della propria abitazione, senza giustificato motivo, di un bastone da pastore (art. 4 I. 18 aprile 1975, n. 110), fatto avvenuto in Gela il 10 gennaio 2020.
Con sentenza del 4 giugno 2024 la Corte di appello di Caltanissetta ha confermato la sentenza di primo grado.
In particolare, nel corso di un controllo di polizia effettuato la mattina del 10 gennaio 2020 i Carabinieri di Gela avevano perquisito l’autovettura in cui viaggiava l’imputato e, nel corso delle operazioni, avevano rinvenuto nell’abitacolo un bastone; l’imputato aveva sostenuto che gli servisse per il lavoro di pastore che lo stesso asseritamente svolgeva. La giustificazione non è stata ritenuta credibile dai giudici di primo e secondo grado.
Avverso il predetto provvedimento ha proposto ricorso l’imputato, per il tramite del difensore, con i seguenti motivi di seguito descritti nei limiti strettamente necessari ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
Con il primo motivo deduce violazione di legge in punto di mancato riconoscimento del giustificato motivo del porto del bastone, atteso che l’imputato ha fornito alla polizia giudiziaria nella immediatezza del fatto una giustificazione da ritenere verosimile per l’orario in cui è avvenuto il controllo di polizia e le caratteristiche dell’arma; priva di pregio è, invece, l’affermazione della sentenza impugnata secondo cui lo stesso non avrebbe fornito prove di quanto affermato, posto che non è l’imputato che deve fornire la prova della esistenza del giustificato motivo.
Con il secondo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione in punto di mancato riconoscimento della causa di non punibilità dell’art. 131-bis cod. pen. poiché dal punto di vista oggettivo il porto non ha arrecato alcun danno, e dal punto di vista soggettivo a nulla rilevano i precedenti dell’imputato, che si è assunto la responsabilità del porto pur potendola scaricare sulla persona che viaggiava con lui.
Con requisitoria scritta il Procuratore generale, NOME COGNOME ha concluso per il rigetto del ricorso.
Considerato in diritto
Il ricorso è infondato.
Il primo motivo, dedicato alla valutazione del giustificato motivo, è infondato.
Il ricorso deduce che orario in cui è avvenuto il fatto e caratteristiche dell’arma portata rendevano ragionevole la giustificazione del porto fornita nell’immediatezza dall’imputato.
L’argomento è infondato.
La sentenza impugnata ha ritenuto che alcune circostanze dell’azione (ed, in particolare, la posizione in cui era portato il bastone e la lunghezza dell’arma) e la negativa personalità dell’imputato rendevano non credibile il giustificato motivo allegato dall’imputato e orientavano a ritenere che il porto dell’oggetto fosse, in realtà, funzionale al possibile utilizzo per l’offesa alla persona.
Il percorso logico del giudice del merito resiste alla censura che le è stata rivolta, perché contiene una valutazione complessiva non manifestamente illogica della vicenda nei suoi elementi oggettivi (caratteristiche del porto) e soggettivi (caratteristiche della persona che porta); d’altronde, la giustificazione del porto allegata nell’immediatezza dall’imputato deve essere presa in considerazione dal giudice del merito ma non esaurisce i poteri dello stesso di valutazione complessiva del fatto alla luce di tutte le circostanze dell’azione; secondo la giurisprudenza di questa Corte, infatti, il porto deve avere “apprezzabili requisiti di credibilità secondo le concrete circostanze di tempo e di luogo” (Sez. 1, n. 16376 del 15/03/2019, Carbone, n.m.), e nel caso in esame, in effetti, non vi era alcuna evidenza probatoria nel senso che l’imputato lavorasse come pastore e che stesse effettivamente andando o tornando da una campagna.
Il ricorso deduce che non spettava all’imputato dover provare di trovarsi in auto perché stava andando o tornando dal lavoro, ma, in realtà, il giustificato motivo, in quanto elemento negativo di fattispecie, allegato ma contestato, è soggetto a prova da parte dall’imputato, atteso che “nel reato contravvenzionale, incombe all’imputato di dimostrare di aver fatto tutto il possibile per osservare la norma violata senza che ciò integri alcuna inversione dell’onere della prova” (Sez. 1, n. 4976 del 21/06/2017, dep 2018, Greco, n.m.).
Si tratta di una applicazione del generale principio di vicinanza della prova, secondo cui “nell’ordinamento processuale penale, a fronte dell’onere probatorio assolto dalla pubblica accusa, anche sulla base di presunzioni o massime di esperienza, spetta all’imputato allegare il contrario sulla base di concreti ed oggettivi elementi fattuali, poiché è l’imputato che, in considerazione del principio della c.d. “vicinanza della prova”, può acquisire o quanto meno fornire, tramite l’allegazione, tutti gli elementi per provare il fondamento della tesi difensiva” (Sez. 2, Sentenza n. 6734 del 30/01/2020, Bruzzese, Rv. 278373).
Il motivo è, pertanto, nel complesso, infondato.
Il secondo motivo, dedicato alla mancata applicazione della causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis cod. pen., è inammissibile per difetto di specificità
La sentenza impugnata ha negato l’applicazione del beneficio perché l’imputato ha due precedenti condanne per violazioni della legislazione in materia di armi, di cui ha indicato in motivazione anche gli estremi.
La decisione è applicazione coerente dell’indirizzo della giurisprudenza di legittimità secondo cui “ai fini del presupposto ostativo alla configurabilità della causa di non punibilità prevista dall’art. 131 bis cod. pen., il comportamento è abituale quando l’autore, anche successivamente al reato per cui si procede, ha commesso almeno due illeciti, oltre quello preso in esame. In motivazione, la Corte ha chiarito che, ai fini della valutazione del presupposto indicato, il giudice può fare riferimento non solo alle condanne irrevocabili ed agli illeciti sottoposti alla sua cognizione – nel caso in cui il procedimento riguardi distinti reati della stessa indole, anche se tenui- ma anche ai reati in precedenza ritenuti non punibili ex art. 131 bis cod. pen.” (Sez. U, Sentenza n. 13681 del 25/02/2016, Tushaj, Rv. 266591).
Il ricorso si limita a sostenere in modo assertivo che a nulla valgono i precedenti dell’imputato, senza però spiegare il perché di questa sua considerazione, e quindi senza svolgere una critica argomentata alla sentenza impugnata su un passaggio decisivo della motivazione della stessa, incorrendo, pertanto, nel vizio di aspecificità dei motivi di ricorso (Sez. 2, Sentenza n. 17281 del 08/01/2019, COGNOME, Rv. 276916, nonché, in motivazione, Sez. U, Sentenza n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 268823) che lo rende inammissibile.
Il ricorso è, nel complesso, infondato. Ai sensi dell’art. 616, comma 1, cod. proc. pen., alla decisione consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 14 gennaio 2025
Il consigliere estensore
Il presidente