Porto di Armi Proprie: Quando un Oggetto è un’Arma e Non Ammette Scusanti
La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, è tornata a pronunciarsi su un tema tanto delicato quanto fondamentale nel diritto penale: la distinzione tra armi proprie e improprie e le conseguenze legali del loro porto. La decisione chiarisce in modo definitivo perché il porto di armi proprie, come una ‘mazza ferrata’, non possa beneficiare di attenuanti previste per oggetti di natura diversa, tracciando un confine netto che ha importanti implicazioni pratiche per la sicurezza pubblica e la responsabilità individuale.
Il Caso: Il Porto di una “Mazza Ferrata”
Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguarda un cittadino condannato nei primi due gradi di giudizio per aver portato fuori dalla propria abitazione una “mazza ferrata”. L’imputato, tramite il suo difensore, ha presentato ricorso in Cassazione lamentando un vizio di motivazione nella sentenza di condanna e il mancato riconoscimento della circostanza attenuante speciale della “lieve entità”, prevista dalla legge sulle armi.
Secondo la difesa, i giudici di merito non avrebbero valutato adeguatamente la natura dell’oggetto e le circostanze del fatto. Tuttavia, la Corte di Cassazione ha respinto tale visione, dichiarando il ricorso inammissibile.
La Distinzione Cruciale: Arma Propria vs. Arma Impropria
Il cuore della decisione risiede nella distinzione, ben consolidata in giurisprudenza, tra “armi proprie” e “armi improprie” (o “oggetti atti ad offendere”).
* Armi proprie: sono tutti quegli strumenti la cui destinazione naturale è l’offesa alla persona. Esempi classici sono le armi da fuoco, i pugnali, gli sfollagente e, come nel caso di specie, le mazze ferrate. Per queste, il porto al di fuori dell’abitazione è sempre vietato, salvo il possesso di una specifica autorizzazione di polizia.
* Armi improprie: sono oggetti che hanno una funzione primaria diversa (un cacciavite, un bastone da passeggio, una chiave inglese), ma che possono, all’occorrenza, essere utilizzati per ferire o minacciare. Il loro porto è consentito solo in presenza di un “giustificato motivo”.
La Corte d’Appello aveva già correttamente sottolineato che la “mazza ferrata” rientra senza dubbio nella prima categoria. La sua stessa struttura la qualifica come strumento concepito per l’aggressione, rendendo irrilevante qualsiasi presunto motivo per portarla con sé.
L’Inapplicabilità dell’Attenuante della Lieve Entità
Uno dei punti più importanti chiariti dalla Cassazione riguarda l’applicazione dell’attenuante della lieve entità, prevista dal comma 3 dell’art. 4 della Legge n. 110/1975. La difesa sperava che tale circostanza potesse mitigare la pena. Tuttavia, i giudici supremi hanno ribadito un principio normativo esplicito: tale attenuante si applica esclusivamente al porto di “oggetti atti ad offendere” (le armi improprie), e non al porto di armi proprie disciplinato dal primo comma dello stesso articolo. La legge stessa esclude, quindi, che la gravità del porto di un’arma propria possa essere considerata ‘lieve’ ai fini dell’applicazione di questa specifica attenuante.
Le Motivazioni della Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile per diverse ragioni. In primo luogo, le censure mosse dalla difesa erano mere riproposizioni di argomenti già esaminati e correttamente respinti dal giudice di merito. In secondo luogo, e più sostanzialmente, la decisione della Corte d’Appello era giuridicamente ineccepibile. La qualificazione della mazza ferrata come arma propria è corretta e, di conseguenza, la normativa non lascia spazio a interpretazioni diverse sull’inapplicabilità dell’attenuante. Il ricorso, quindi, non presentava elementi validi per essere discusso in sede di legittimità.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza
Questa ordinanza rafforza un principio fondamentale del nostro ordinamento: la pericolosità intrinseca di un oggetto ne determina il regime giuridico. Portare con sé uno strumento la cui funzione naturale è quella di offendere costituisce un reato grave, per il quale il legislatore non ha previsto sconti di pena basati sulla ‘lieve entità’ del fatto. La decisione serve da monito: la legge è estremamente severa sul porto di armi proprie e la valutazione non si basa sull’intenzione del momento, ma sulla natura stessa dell’oggetto. La distinzione tra ciò che è uno strumento e ciò che è un’arma è netta e comporta conseguenze penali non eludibili.
Una ‘mazza ferrata’ è considerata un’arma propria o impropria?
Secondo la Corte di Cassazione, una ‘mazza ferrata’ è un’arma propria, poiché la sua destinazione naturale è l’offesa alla persona.
È possibile portare un’arma propria fuori dalla propria abitazione adducendo un ‘giustificato motivo’?
No. Per le armi proprie, a differenza di quelle improprie, il porto fuori dall’abitazione è vietato senza un’apposita autorizzazione, a prescindere dall’esistenza di un giustificato motivo.
La circostanza attenuante della ‘lieve entità’ si applica al reato di porto di armi proprie come una mazza ferrata?
No. La giurisprudenza ha costantemente affermato che l’attenuante della lieve entità, prevista dall’art. 4, comma 3, della L. 110/1975, si applica soltanto al porto di oggetti atti ad offendere (armi improprie) e non al reato di porto di armi proprie.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 43491 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 43491 Anno 2024
Presidente: FIORDALISI DOMENICO
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 24/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a ROSARNO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 09/05/2024 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
Rilevato in fatto e considerato in diritto
Rilevato che le censure dedotte nel ricorso di NOME COGNOME – nel quale il difensore si duole del vizio di motivazione in relazione alla condanna dell’imputato per il reato di cui all’art. 4 I. 18 aprile 1975, n. 110 e al mancato riconoscimento dell circostanza attenuante speciale per lieve entità prevista dal comma 3 del medesimo articolo – non sono consentite in sede di legittimità, perché riproduttive di profili g adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici dal giudice di merito.
Invero, la Corte d’appello di Bologna nella sentenza impugnata evidenzia che in tema di reati concernenti le armi, la distinzione tra armi proprie ed improprie risiede nella individuazione, tra tutte le possibili destinazioni, di quella princip corrispondente all’uso normale da accertare con specifico riferimento a quello che rappresenta l’impiego naturale dei singoli strumenti in un determinato ambiente sociale. Ebbene, la “mazza ferrata” rinvenuta è un’arma che per essere destinata all’offesa personale è annoverata tra le armi proprie e non può essere portata fuori dall’abitazione senza autorizzazione, a nulla rilevando l’esistenza di un giustificato motivo (peraltro, mai reso dal ricorrente).
Quanto alla censura sulla mancata concessione dell’ipotesi lieve di cui al comma 3 dell’art. 4 della legge summenzionata, la giurisprudenza di questa Corte ha costantemente affermato che tale attenuante non è applicabile al reato di porto di una mazza ferrata previsto dal comma 1 del medesimo articolo. L’attenuante in parola, infatti, può trovare applicazione, per espresso disposto normativo, soltanto in relazione al porto di oggetti atti ad offendere, con esclusione, quindi, delle armi e degli oggetti indicati nel primo comma di detto articolo (Sez. 1, n, 3204 del 13/01/1999, P.m. in procedimento Maggiore, Rv. 212775).
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non ricorrendo ipotesi di esonero, al versamento di una somma alla Cassa delle ammende, determinabile in tremila euro, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma, il 24 ottobre 2024.