Porto d’armi: quando il reato non è di ‘particolare tenuità’?
Il tema del porto d’armi e degli oggetti atti ad offendere è costantemente al centro del dibattito giurisprudenziale. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 8721/2024) offre spunti cruciali per comprendere quando non sia applicabile la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’art. 131-bis del codice penale. La decisione si sofferma sull’importanza di una valutazione complessiva che include le caratteristiche dell’arma e le circostanze specifiche in cui avviene il ritrovamento, come la sua immediata visibilità e disponibilità all’interno di un veicolo.
I Fatti di Causa
Il caso trae origine dal ricorso di un individuo condannato per il porto illegale di un coltello. L’arma, un serramanico in acciaio lungo 20 centimetri, era stata rinvenuta dalle forze dell’ordine all’interno dell’autovettura guidata dall’imputato. Nello specifico, il coltello si trovava nel parasole lato guida, a pochi centimetri dal suo volto, in una posizione che lo rendeva facilmente visibile e accessibile. Un ulteriore elemento di contesto era dato dal fatto che il soggetto stava effettuando uno spostamento, violando le normative emergenziali all’epoca vigenti, con lo scopo di acquistare sostanze stupefacenti.
I Motivi del Ricorso
L’imputato aveva basato il suo ricorso in Cassazione su due motivi principali:
1. Errata applicazione della legge penale: Si lamentava la mancata applicazione dell’art. 131-bis c.p. (particolare tenuità del fatto), sostenendo che la condotta fosse di lieve entità.
2. Vizio di motivazione: Si contestava l’attribuzione della responsabilità, proponendo una rilettura delle prove e suggerendo che la colpevolezza non potesse essere desunta dalla semplice presenza del coltello nell’auto, di cui non era il proprietario.
Le Motivazioni della Corte sul Porto d’armi
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, respingendo entrambe le argomentazioni della difesa con motivazioni chiare e precise, che rafforzano consolidati principi di diritto.
Il Rifiuto della Particolare Tenuità del Fatto nel Porto d’Armi
Sul primo punto, i giudici hanno ritenuto il motivo manifestamente infondato. La Corte ha sottolineato che il Tribunale di merito aveva correttamente valutato il livello di offensività del fatto come ‘non particolarmente tenue’. Questa valutazione non si basava solo sulla natura dell’oggetto, ma su un’analisi combinata di più elementi:
* Le caratteristiche dell’arma: Un coltello a serramanico di 20 cm è un oggetto con un’intrinseca capacità offensiva.
* Le circostanze dell’azione: L’imputato portava con sé l’arma durante una trasferta illegale, finalizzata a commettere un altro illecito (l’acquisto di stupefacenti). Questo contesto, secondo la Corte, aumenta la pericolosità complessiva della condotta e, di conseguenza, l’offensività del fatto.
La Cassazione ha precisato che il riconoscimento dell’attenuante della ‘lieve entità’ prevista dalla legge sulle armi (L. 110/1975) non comporta automaticamente l’applicazione della causa di non punibilità per ‘particolare tenuità del fatto’. I due istituti operano su piani diversi e rispondono a logiche differenti.
La Prova della Colpevolezza e la Visibilità dell’Arma
Anche il secondo motivo è stato respinto. La Corte ha ribadito un principio fondamentale del giudizio di legittimità: la Cassazione non può riesaminare le prove e sostituire la propria valutazione a quella, logica e non contraddittoria, del giudice di merito.
La colpevolezza dell’imputato non era stata desunta dalla proprietà del veicolo, ma da una circostanza di fatto decisiva: il coltello era stato trovato nel parasole, a pochissimi centimetri dal volto del conducente. Tale posizione, hanno concluso i giudici, rendeva l’arma visibile e nella sua immediata disponibilità, elementi sufficienti a dimostrare in modo inequivocabile la sua consapevole detenzione.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Decisione
L’ordinanza in esame consolida due principi fondamentali in materia di porto d’armi. In primo luogo, la valutazione della particolare tenuità del fatto non può essere parcellizzata, ma deve derivare da un’analisi globale che tenga conto non solo della tipologia di arma, ma anche del contesto in cui si inserisce la condotta. La finalità illecita di uno spostamento, ad esempio, può essere un fattore determinante per escludere il beneficio. In secondo luogo, per provare il possesso di un’arma rinvenuta in un’auto, non è necessario dimostrare la proprietà del veicolo, ma è sufficiente che l’oggetto si trovi in una posizione che ne attesti la consapevole e immediata disponibilità da parte del conducente.
Quando il reato di porto d’armi non è considerato di ‘particolare tenuità’?
Secondo questa decisione, il reato non è di ‘particolare tenuità’ quando l’offensività complessiva del fatto è significativa. La valutazione tiene conto delle caratteristiche dell’arma (in questo caso, un coltello a serramanico di 20 cm) e delle circostanze dell’azione, come il fatto che l’arma fosse portata durante una trasferta illegale finalizzata all’acquisto di stupefacenti.
Come si dimostra il possesso di un’arma trovata in un’auto?
Il possesso non dipende dalla proprietà del veicolo, ma dalle circostanze fattuali. In questo caso, la Corte ha ritenuto provato il possesso perché il coltello era stato trovato nel parasole lato guida, a pochi centimetri dal volto del conducente e in posizione visibile, dimostrando così la sua consapevole e immediata disponibilità.
La Corte di Cassazione può riesaminare le prove presentate in un processo?
No, la Corte di Cassazione svolge un giudizio di legittimità. Ciò significa che non può riesaminare le prove o proporre una ricostruzione dei fatti diversa da quella del giudice di merito, ma si limita a verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione della sentenza impugnata.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 8721 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 8721 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 25/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato a PIAZZA ARMERINA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 24/04/2023 del TRIBUNALE di CALTAGIRONE
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Esaminati il ricorso e la sentenza impugnata.
Rilevato che entrambi i motivi posti da NOME COGNOME a base dell’impugnazione non superano il vaglio preliminare di ammissibilità.
1.1. Il primo motivo relativo all’art. 131-bis cod. pen., è manifestamente infondato.
Il Tribunale ha posto a base della scelta di non applicare l’invocato beneficio il livello di offensività del fatto, apprezzato come non particolarmente tenue, in relazione alle caratteristiche del coltello (in acciaio, a serramanico di 20 centimetri di lunghezza) e alle modalità e circostanze del fatto (l’imputato aveva portato il coltello con sé in auto, durante una trasferta vietata dalle legislazione emergenziale all’epoca vigente, sfruttata per rifornirsi di stupefacente), ma comunque idoneo al riconoscimento della circostanza attenuante della lieve entità prevista per il porto di oggetti atti ad offendere di cui all’art. 4, comma 3, dell legge 18 aprile 1975, n. 110 (Sez. 1, n. 51261 del 07/03/2017, COGNOME, Rv. 271262 – 01).
1.2. Il secondo motivo che denunzia violazione di legge e vizio di motivazione, propone una rilettura alternativa delle evidenze probatorie da sovrapporre, in termini non consentiti nel giudizio di legittimità, a quella, né illogica n implausibile, della sentenza impugnata, che ha desunto la colpevolezza dell’imputato non dalla proprietà dell’autoveicolo a bordo del quale è stato rinvenuto il coltello, bensì dalla diversa circostanza che l’imputato era il conducente di tale veicolo e che il coltello era stato rivenuto nel parasole posto a pochi centimetri dal suo volto, con modalità, quindi, che rendevano visibile la sua presenza.
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, in Roma 25 gennaio 2024.