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Porto d’armi: ricorso generico è inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un individuo condannato per il porto d’armi ingiustificato di un taglierino (cutter). L’appello è stato giudicato ‘a-specifico’, poiché si limitava a definire ‘non convincente’ la motivazione del giudice di primo grado, senza articolare critiche precise. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e a una sanzione di 3.000 euro.

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Pubblicato il 27 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Porto d’Armi: Quando un Ricorso è Troppo Generico per Essere Accolto

Il tema del porto d’armi o di oggetti atti a offendere è sempre delicato e soggetto a un’interpretazione rigorosa della legge. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 3484/2024) ci offre uno spunto fondamentale non tanto sulla natura del reato, quanto sui requisiti procedurali per contestare una condanna. Vediamo come un ricorso formulato in modo vago e generico possa essere fatale per l’imputato, portando non solo alla conferma della condanna ma anche a sanzioni aggiuntive.

I Fatti del Caso in Analisi

Un uomo veniva condannato dal Tribunale di Forlì per la contravvenzione prevista dall’art. 4 della Legge n. 110 del 1975, per aver portato con sé, senza un giustificato motivo, un taglierino (cutter). Il giudice di primo grado, pur riconoscendo la lieve entità del fatto, aveva comunque emesso una sentenza di condanna.

L’imputato, tramite il suo difensore, decideva di impugnare la sentenza. L’atto di appello, successivamente qualificato come ricorso per Cassazione, si concentrava su un unico punto: l’esistenza di un valido motivo che giustificasse il possesso del taglierino. Tuttavia, la difesa si limitava a criticare la motivazione del giudice, definendola genericamente ‘non convincente’ e non conforme alla logica e alle massime di esperienza.

La Decisione della Corte sul porto d’armi

La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha esaminato il ricorso e lo ha dichiarato inammissibile. Questo significa che i giudici supremi non sono nemmeno entrati nel merito della questione – ovvero se il motivo per portare il cutter fosse giustificato o meno – ma si sono fermati a un livello precedente, quello della correttezza procedurale dell’atto di impugnazione.

La Corte ha ritenuto il ricorso ‘completamente a-specifico’. Di fronte a una motivazione articolata e dettagliata del giudice di merito, la difesa non aveva contrapposto critiche puntuali e argomentate, ma solo un’affermazione generica e apodittica di dissenso.

Le Motivazioni della Decisione: L’Importanza della Specificità del Ricorso

Il cuore della decisione risiede nel principio fondamentale secondo cui un’impugnazione, per essere valida, deve contenere motivi specifici. Non è sufficiente affermare di non essere d’accordo con la sentenza. È necessario:

1. Identificare chiaramente i punti della decisione che si ritengono errati.
2. Argomentare in modo specifico le ragioni di fatto o di diritto per cui tali punti sarebbero sbagliati.
3. Contrapporre alla motivazione del giudice una critica costruita e logica, basata sugli atti processuali.

Nel caso di specie, la difesa si era limitata a ‘sintetizzare le risultanze di prova’ e a ‘affermare apoditticamente’ che la giustificazione fornita dall’imputato era stata ingiustamente respinta. Questo approccio, secondo la Cassazione, non costituisce un vero e proprio motivo di ricorso, ma una mera lamentela, insufficiente a innescare una nuova valutazione da parte del giudice superiore. La mancanza di un confronto critico con la sentenza impugnata rende l’atto di appello inutile e, quindi, inammissibile.

Le Conclusioni: Le Conseguenze di un Ricorso Inammissibile

La declaratoria di inammissibilità ha avuto conseguenze molto pesanti per il ricorrente. Oltre alla conferma definitiva della condanna, l’uomo è stato condannato al pagamento delle spese processuali. Ma non è tutto. La Corte, ravvisando una ‘colpa’ nella presentazione di un ricorso palesemente infondato e irrituale, ha anche imposto il pagamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende. Questa sanzione ha lo scopo di disincentivare impugnazioni dilatorie o formulate senza la dovuta diligenza, che congestionano inutilmente il sistema giudiziario. La lezione è chiara: impugnare una sentenza è un diritto, ma va esercitato con serietà, specificità e rigore tecnico.

Cosa succede se un ricorso in Cassazione è giudicato ‘a-specifico’?
La Corte lo dichiara inammissibile. Ciò significa che il ricorso non viene esaminato nel merito, la sentenza impugnata diventa definitiva e l’appello viene respinto per una questione procedurale.

È sufficiente dichiarare in un ricorso che la motivazione di un giudice ‘non è convincente’?
No, non è sufficiente. Secondo la Corte, un’affermazione del genere è generica e apodittica. L’atto di impugnazione deve contenere critiche specifiche e argomentate contro le ragioni di fatto e di diritto esposte nella sentenza che si contesta.

Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso dichiarato inammissibile per colpa?
Oltre alla condanna al pagamento delle spese processuali, il ricorrente può essere condannato a versare una somma di denaro alla Cassa delle ammende, come sanzione per aver presentato un’impugnazione in modo irrituale. In questo caso, la somma è stata fissata in tremila euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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