Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 20034 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 20034 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 07/03/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME NOME CAGLIARI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 26/06/2023 del TRIBUNALE di CAGLIARI visti gli atti, il provvedimento impugNOME e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, nella persona del AVV_NOTAIO procuratore generale NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo dichiararsi l’annullamento senza rinvio del ricorso, concedendo l’assoluzione ai sensi dell’art. 131-bis cod.pen.;
lette conclusioni scritte depositate dal ricorrente, con le quali egli aderisce all conclusioni del procuratore generale ed insiste sul secondo motivo di ricorso.
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RITENUTO IN FATTO
Con sentenza emessa in data 26 giugno 2023 il Tribunale di Cagliari ha condanNOME NOME COGNOME alla pena di 700,00 euro di ammenda per il reato di cui all’art. 4, comma 3, legge n. 110/1975 commesso il 22/03/2019, per avere portato fuori dall’abitazione, senza giustificato motivo, un coltello a serramanico, utilizzabile per l’offesa alla persona, ritenendo non concedibile l’assoluzione ai sensi dell’art. 131-bis cod.pen.
Avverso la sentenza NOME COGNOME ha proposto appello, riqualificato come ricorso per cassazione, per mezzo del proprio difensore AVV_NOTAIO, articolando tre motivi.
2.1. Con il primo motivo deduce la erronea interpretazione e valutazione della prova costituita dal proprio esame.
Egli ha giustificato la presenza del coltello nel proprio giubbotto asserendo di averlo lì lasciato dopo averlo utilizzato, nel pomeriggio, per effettuare una piccola riparazione a casa di un amico, dimenticandosi di restituirlo. Il giudice ha riportato, invece, che egli avrebbe dichiarato di averlo portato con sé per riparare lo stereo dell’amico, e ha ritenuto tale giustificazione non valida. La sua valutazione poggia, quindi, su una dichiarazione diversa da quella resa dal ricorrente, che consisteva non nella necessità del porto, ma in un’asserita dimenticanza. Peraltro la motivazione è carente, non avendo il giudice spiegato perché la giustificazione della necessità di usare il coltello per un lavoro non sarebbe plausibile. Pertanto manca la prova dell’assenza di un giustificato motivo nel porto di quell’arma, e il ricorrente avrebbe dovuto essere assolto per carenza di dolo.
2.2. Con il secondo motivo deduce la illogicità della motivazione in merito al diniego dell’assoluzione ai sensi dell’art. 131-bis cod.pen..
Il coltello era di modeste dimensioni, con lama lunga solo cm. 6, e nella vigenza dell’art. 80 TULPS, oggi abrogato, il suo porto anche ingiustificato sarebbe stato lecito. Quelle dimensioni, pertanto, devono costituire un parametro interpretativo per valutare la particolare tenuità del fatto; lo stesso giudice ha applicato l’attenuante di cui all’art. 4, comma 3, legge n. 110/1975, ritenendo il fatto di lieve entità, per cui il diniego dell’assoluzione risulta illogic Il giudice, poi, ha negato l’assoluzione richiamando la valutazione espressa circa la giustificazione non plausibile addotta, fondandosi quindi su una valutazione errata.
2.3. Con il terzo motivo deduce la violazione dell’art. 192 cod.proc.pen. e l’erronea applicazione della legge penale, in merito al criterio del “ragionevole dubbio”.
La sentenza è errata per avere il giudice omesso di valutare la sussistenza di un ragionevole dubbio circa la responsabilità del ricorrente, nonostante le sue dichiarazioni ponessero quanto meno un dubbio circa la presenza del dolo necessario.
Il Procuratore generale ha chiesto, con requisitoria scritta, l’annullamento senza rinvio del provvedimento impugNOME, concedendo l’assoluzione ai sensi dell’art. 131-bis cod.pen.
Il ricorrente ha depositato conclusioni scritte con le quali, preso atto della requisitoria del procuratore generale, vi aderisce ed insiste sul secondo motivo di ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso non è accoglibile, nel complesso dei suoi motivi, e deve essere rigettato.
2. Il primo motivo è inammissibile.
Costituisce un principio consolidato di questa Corte quello secondo cui «in tema di motivi di ricorso per cassazione, non sono deducibili censure attinenti a vizi della motivazione diversi dalla sua mancanza, dalla sua manifesta illogicità, dalla sua contraddittorietà (intrinseca o con atto probatorio ignorato quando esistente, o affermato quando mancante), su aspetti essenziali ad imporre diversa conclusione del processo, sicché sono inammissibili tutte le doglianze che ‘attaccano’ la persuasività, l’inadeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualità, la stessa illogicità quando non manifesta, così come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell’attendibilità, della credibilità, dello spessore della valenza probatoria del singolo elemento» (Sez. 2, n. 9106 del 12/02/2021, Caradonna, Rv. 280747). L’asserito errore di fatto contenuto nella sentenza, nel riportare l’esito della prova valutata, non è pertanto deducibile, se non comporta una manifesta illogicità della motivazione o la sua contraddittorietà.
Il ricorrente lamenta una sorta di travisamento della prova da parte del giudice, in realtà insussistente, in quanto l’asserita diversità tra la dichiarazione
da lui resa in udienza e quanto riportato nella motivazione è irrilevante. Egli avrebbe detto non di avere con sé il coltello, nel momento del suo rinvenimento, per eseguire in quel momento un lavoro, ma di averlo portato nel pomeriggio, per eseguire detto lavoro, e di averlo poi dimenticato in tasca. Il Tribunale ha però sottolineato che il ricorrente non fornì alcuna giustificazione al momento del sequestro, condotta già sufficiente per rendere non credibile quella fornita solo in dibattimento, ad anni di distanza dal fatto. E’ stato infatti più volte stabilito che «Il “giustificato motivo” rilevante ai sensi dell’art. 4 della legge 18 aprile 1975, n. 110, non è quello dedotto a posteriori dall’imputato o dalla sua difesa, ma quello espresso immediatamente, in quanto riferibile all’attualità e suscettibile di una immediata verifica da parte dei verbalizzanti» (Sez. 1, n. 19307 del 30/01/2019, Rv, 276187).
La necessità del porto di quell’arma nel pomeriggio costituisce una giustificazione del tutto irrilevante, dal momento che il suo rinvenimento è avvenuto di notte e mentre il ricorrente non stava svolgendo alcun lavoro, come evidenziato nella motivazione. E’ poi evidente l’irrilevanza, quale giustificazione, di una asserita e indimostrata dimenticanza, essendo il reato una contravvenzione, punibile anche a titolo di colpa (vedi, per l’insussistenza del dolo e la irrilevanza della mera dimenticanza, Sez. 1, n. 8897 del 11/04/1985, Rv. 170661)
La motivazione della sentenza impugnata è, dunque, completa e non manifestamente illogica, ed è inammissibile la richiesta di una diversa valutazione della prova dichiarativa e della sua rilevanza.
Il secondo motivo è infondato. La sentenza nega la concedibilità dell’assoluzione ai sensi dell’art. 131-bis cod.pen. con una motivazione sufficiente e non manifestamente illogica, richiamando le condizioni di tempo e luogo del porto del coltello.
L’esclusione della punibilità per la particolare tenuità del fatto, ai sensi dell’art. 131-bis cod.pen., deve essere valutata ai sensi dell’art. 133, comma 1, cod.pen., con riferimento alle modalità della condotta e alla esiguità del pericolo. La sentenza ha tenuto conto, a tal fine, delle «circostanze ed il luogo del rinvenimento», precisando che il ricorrente deteneva l’arma nella tasca del giubbotto, quindi con una modalità che la rendeva prontamente apprensibile e facilmente utilizzabile per una eventuale aggressione, nonché in orario notturno e mentre si trovava su un veicolo in compagnia di altre persone, sul quale venne trovata anche della sostanza stupefacente. La valutazione che tali circostanze siano dimostrative di una maggiore pericolosità della condotta, sufficiente per
escludere la qualificazione del fatto come “di particolare tenuità”, è pertanto logica e conforme al principio dettato dalla norma.
Non sussiste, poi, alcuna contraddizione con la concessione dell’attenuante del fatto di lieve entità di cui all’art. 4, comma 3, legge n. 110/1975, stante la diversità tra questa norma e l’istituto introdotto all’art. 131-bis cod.pen. Deve, infatti, ribadirsi che «Non vi è contraddizione tra il diniego della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto e il riconoscimento delle attenuanti generiche, atteso che i parametri di valutazione previsti dall’art. 131-bis, comma primo, cod. pen. hanno natura e struttura oggettive (pena edittale, modalità e particolare tenuità della condotta, esiguità del danno), mentre quelli da valutare ai fini della concessione delle circostanze attenuanti generiche sono prevalentemente collegati ai profili soggettivi del reo» (Sez. 5, n. 17246 del 19/02/2020, Rv. 279112).
Il terzo motivo del ricorso, infine, deve essere dichiarato inammissibile per la sua genericità e manifesta infondatezza.
Il ricorrente sostiene che il giudice ha errato nel non rilevare, a seguito della dichiarazione da lui resa in dibattimento, la mancanza di prova del dolo, o quanto meno la sussistenza di un ragionevole dubbio circa la presenza di tale elemento psicologico, ma tale affermazione è manifestamente infondata in quanto, come già sottolineato, il reato contestato è una contravvenzione, punibile a titolo di colpa, ai sensi dell’art. 42, comma 4, cod.pen. L’accertamento dell’avere il ricorrente portato il coltello con dolo, pertanto, è del tutto irrilevante, risultando dalla sua stessa dichiarazione che esso era avvenuto con coscienza e volontà, avendolo egli custodito volontariamente nella tasca del proprio giubbotto, e non avendo dimostrato di avere agito con la necessaria diligenza al fine di evitare di commettere il reato. Si ricordi che «Nel reato contravvenzionale l’imputato deve dimostrare di aver fatto tutto il possibile per osservare la norma violata senza che ciò integri alcuna inversione dell’onere della prova, a lui spettando provare il contenuto dell’eccezione difensiva rispetto alla prova della colpa fornita dall’accusa» (Sez. 1, n. 13365 del 19/02/2013, Rtv. 255178).
E’, infine, del tutto generica e infondata l’affermazione della violazione dell’art. 192, commi 1 e 2, cod.proc.pen., che il giudice avrebbe commesso nella valutazione della prova, mancando qualunque riferimento al vizio specifico in cui la motivazione sarebbe incorsa, e agli indizi che sarebbero stati non correttamente valutati.
Sulla base delle considerazioni che precedono il ricorso deve pertanto essere respinto, e il ricorrente deve essere condanNOME al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 07 marzo 2024
Il Consigliere estensore
Il Presidente