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Porto d’armi improprio: Cassazione e i limiti

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un uomo condannato per porto d’armi improprio, per aver portato una mannaia in un bar. La Corte ha stabilito che non si può chiedere in Cassazione una nuova valutazione dei fatti, ma solo contestare errori di diritto. L’appello, basato sulla particolare tenuità del fatto e su altre attenuanti, è stato respinto in quanto mirava a un riesame del merito, non consentito in sede di legittimità.

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Pubblicato il 26 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Porto d’Armi Improprio: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile

L’ordinanza n. 22803/2024 della Corte di Cassazione offre un importante chiarimento sui limiti del ricorso in sede di legittimità, in particolare per il reato di porto d’armi improprio. La Corte ha ribadito un principio fondamentale: il giudizio di Cassazione non è un terzo grado di merito dove si possono rivalutare i fatti, ma una sede in cui si controlla la corretta applicazione della legge. Analizziamo insieme questa decisione.

I Fatti del Caso

Un uomo veniva condannato in primo grado e in appello alla pena di quattro mesi di arresto e 1.000 euro di ammenda per il reato di porto abusivo di armi. Nello specifico, l’imputato si era presentato in un bar, luogo pubblico e frequentato, armato di una mannaia, con l’intento di avere un confronto violento con un’altra persona. La Corte d’Appello di Milano aveva confermato la condanna, escludendo qualsiasi intento difensivo e sottolineando la gravità del gesto.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

La difesa dell’imputato ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su tre motivi principali:

1. Violazione dell’art. 131-bis c.p.: Si chiedeva l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, sostenendo che i giudici di merito non avessero motivato a sufficienza il rigetto di tale richiesta.
2. Mancata concessione di un’attenuante: Si contestava il mancato riconoscimento di una circostanza attenuante legata alle caratteristiche dell’arma (la mannaia), ritenendo che la sua potenzialità offensiva non fosse stata valutata correttamente.
3. Errata valutazione per la pena pecuniaria: Si lamentava che non fossero state considerate la condizione di disoccupazione dell’imputato e la sua ammissione al patrocinio a spese dello Stato nel calcolo dell’ammenda.

Le Motivazioni della Cassazione sul Porto d’Armi Improprio

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso interamente inammissibile. Le motivazioni della Corte sono cruciali per comprendere i limiti del giudizio di legittimità.

Anzitutto, riguardo alla richiesta di applicazione della particolare tenuità del fatto, la Corte ha specificato che i giudici di merito avevano già fornito una motivazione logica e coerente. Avevano infatti evidenziato che la condotta non era stata estemporanea, ma che l’imputato era tornato deliberatamente nel locale pubblico con un’arma per cercare lo scontro. Questo, unito ai precedenti dell’imputato, rendeva la condotta non “tenue”. Chiedere alla Cassazione di rivedere questa valutazione equivale a chiedere un nuovo giudizio sui fatti, cosa non permessa in questa sede.

Anche il secondo motivo, relativo all’attenuante, è stato respinto per la stessa ragione. La valutazione della pericolosità di un’arma e delle circostanze del suo utilizzo è una questione di merito, già ampiamente motivata dalla Corte d’Appello. Il ricorso, anche in questo caso, si traduceva in una richiesta inammissibile di riconsiderare elementi fattuali.

Infine, per quanto riguarda la pena pecuniaria, la Corte ha notato che la doglianza era infondata. L’ammenda di 1.000 euro era già prossima al minimo legale e ritenuta congrua. Inoltre, il ricorrente aveva erroneamente indicato una cifra superiore (1.500 euro). Anche qui, la determinazione della pena è una valutazione di merito del giudice, sindacabile in Cassazione solo in caso di manifesta illogicità, non riscontrata nel caso di specie.

Conclusioni: Limiti al Ricorso e Conseguenze Pratiche

Questa ordinanza riafferma con forza che la Corte di Cassazione non è un “terzo giudice” dei fatti. Il suo compito è garantire l’uniforme interpretazione della legge e il rispetto delle norme processuali. I ricorsi che, mascherandosi da critiche legali, cercano in realtà di ottenere una nuova e diversa valutazione delle prove e delle circostanze del caso, sono destinati a essere dichiarati inammissibili.

La conseguenza pratica per il ricorrente è stata non solo la conferma della condanna, ma anche l’obbligo di pagare le spese processuali e un’ulteriore somma di 3.000 euro alla Cassa delle ammende, come sanzione per aver proposto un ricorso inammissibile.

Quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile quando, invece di denunciare errori di diritto o vizi logici della motivazione della sentenza impugnata, si limita a chiedere un riesame dei fatti e una nuova valutazione del merito della vicenda processuale, compito che spetta esclusivamente ai giudici di primo e secondo grado.

Perché in questo caso non è stata applicata la non punibilità per “particolare tenuità del fatto”?
La particolare tenuità del fatto non è stata applicata perché la condotta dell’imputato non è stata considerata di lieve entità. Egli si è ripresentato in un luogo pubblico e frequentato (un bar) armato di una mannaia per cercare un confronto violento. Questo comportamento, non estemporaneo, unito ai precedenti dell’imputato, è stato ritenuto incompatibile con la definizione di “fatto tenue”.

Quali sono le conseguenze economiche per chi presenta un ricorso inammissibile?
La dichiarazione di inammissibilità del ricorso comporta per il ricorrente la condanna al pagamento delle spese del procedimento e, salvo casi di esonero, al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, che in questa vicenda è stata determinata in tremila euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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