Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 14612 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 14612 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 16/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a TERMINI IMERESE il 20/09/1974
avverso la sentenza del 18/06/2024 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
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RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO
1. Con sentenza resa in data 18.6.2024, la Corte d’Appello di Palermo, in parziale riforma della sentenza con cui in data 23.1.2023 il Tribunale di Termini Imerese aveva condannato COGNOME NOME per il reato di cui all’art. 4 L n. 110 del 1975, ha rideterminato la pena nei suoi confronti in mesi sei di Metcrstunr, ed euro 1.500 di ammenda.
Avverso la predetta sentenza, il difensore dell’imputato ha proposto ricorso, articolandolo in tre motivi.
Con il primo motivo, lamenta che non sia stata raggiunta la prova della responsabilità di COGNOME oltre ogni ragionevole dubbio, con particolare riferimento alla sussistenza del giustificato motivo del porto del coltello.
Con il secondo motivo, censura che la Corte d’Appello non abbia riconosciuto l’attenuante di cui al comma terzo dell’art. 4 L. n. 110 del 1975, che COGNOME avrebbe meritato in ragione delle modalità e delle circostanze dell’azione, della personalità e della collaborazione dell’imputato, delle ridotte dimensioni dell’arma e della sua scarsa offensività.
Con il terzo motivo, il ricorrente si duole della mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche, nonostante la ricorrenza degli elementi favorevoli già rappresentati con il secondo motivo.
3. Il ricorso è manifestamente infondato.
3.1 Il primo motivo, da un lato, non si confronta con la motivazione della sentenza impugnata, in cui il Tribunale ha espressamente dato atto della giustificazione dell’imputato e l’ha considerata, oltre che tardiva, inattendibile per ragioni che ha puntualmente indicato (pp. 2-3), mentre, dall’altro, chiede una non consentita rivalutazione nel merito dei fatti e oblitera che il “giustificato motivo” del porto degli oggetti di cui all’art. 4, comma secondo, legge 18 aprile 1975, n. 110, ricorre solo quando particolari esigenze dell’agente siano perfettamente corrispondenti a regole comportamentali lecite relazionate alla natura dell’oggetto, alle modalità di verificazione del fatto, alle condizioni soggettive del portatore, ai luoghi dell’accadimento e alla normale funzione dell’oggetto (Sez. 1, n. 578 del 30/9/2019, dep. 2020, Rv. 278083 – 01).
3.2 Anche il secondo motivo è manifestamente infondato, quando lamenta la manifesta illogicità della motivazione del diniego dell’attenuante della lieve entità.
La Corte d’Appello, al contrario, ha richiamato in modo congruo la costante giurisprudenza di legittimità secondo cui, in materia di porto abusivo di armi, costituiscono elementi sufficienti a giustificare la reiezione dell’istanza di concessione della diminuente della lieve entità del fatto la presenza di gravi
precedenti penali a carico dell’imputato ed il conseguente giudizio negativo sulla sua personalità (Sez. 1, n. 13630 del 12/2/2019, Rv. 275242 – 01; Sez. 1, n.
15945 del 21/3/2013, Rv. 255640 – 01).
3.3. Il terzo motivo, egualmente, è manifestamente infondato.
La Corte d’Appello ha motivato il mancato accoglimento della richiesta di concessione delle attenuanti generiche con il richiamo ai numerosi precedenti
penali dell’imputato e, in ogni caso, per l’assenza di elementi positivamente valutabili in funzione mitigatoria della pena.
Si tratta di motivazione pienamente conforme al principio secondo cui il giudice, al fine di escludere le circostanze attenuanti generiche, può limitarsi a
prendere in esame, tra gli elementi indicati dall’art. 133 cod. pen., quello che ritiene prevalente ed idoneo a determinare o meno il riconoscimento del beneficio,
sicché anche un solo elemento attinente alla personalità del colpevole o all’entità
del reato ed alle modalità di esecuzione di esso può risultare all’uopo sufficiente
(Sez. 2, n. 23903 del 15/7/2020, Rv, 279549 – 02).
In tema di attenuanti generiche, il giudice del merito esprime un giudizio di fatto, la cui motivazione è insindacabile in sede di legittimità, purché sia non contraddittoria e dia conto, anche richiamandoli, degli elementi, tra quelli indicati nell’art. 133 cod. pen., considerati preponderanti ai fini dell’esclusione del beneficio (Sez. 5, n. 43952 del 13/4/2017, Rv. 271269 – 01; Sez. 6, n. 41365 del 28/10/2010, Rv. 248737 – 01).
Per quanto fin qui osservato, dunque, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile per manifesta infondatezza, anche perché, in definitiva, si limita a riproporre pedissequamente le censure già dedotte come motivi di appello, senza confutare specificamente le argomentazioni in virtù delle quali tali motivi non sono stati accolti (Sez. 2, n. 19411 del 12/3/2019, Rv. 276062 – 01).
Ne consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 16.1.2025