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Porto d’armi: Cassazione su coltello e art. 131-bis

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un individuo condannato per il porto di un coltello a serramanico. L’ordinanza ribadisce che tale oggetto è un’arma impropria e il suo porto è reato se privo di giustificato motivo, senza necessità di provare l’intento offensivo. Si chiarisce inoltre che la mancata concessione dell’attenuante del fatto di lieve entità impedisce l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, confermando la correttezza della valutazione sul reato di porto d’armi.

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Pubblicato il 14 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Porto d’armi improprie: il coltello a serramanico e i limiti della non punibilità

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 18498 del 2024, si è pronunciata su un caso di porto d’armi, offrendo importanti chiarimenti sulla qualificazione del coltello a serramanico come arma impropria e sui complessi rapporti tra l’attenuante del fatto di lieve entità e la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto. L’analisi della Corte ribadisce principi consolidati e fornisce una guida chiara per la valutazione di casi simili.

I Fatti del Caso

Un individuo veniva condannato per il reato di porto abusivo di armi dopo essere stato trovato in possesso di un coltello a serramanico mentre si trovava a bordo di un ciclomotore in compagnia di un’altra persona. La Corte d’Appello confermava la responsabilità penale, spingendo l’imputato a presentare ricorso per cassazione.

I Motivi del Ricorso: una triplice censura

La difesa dell’imputato si basava su tre motivi principali:
1. Assenza di prova sull’intento offensivo: Si sosteneva che mancassero elementi concreti (circostanze di tempo e di luogo) per ritenere che il coltello fosse destinato all’offesa della persona.
2. Mancato riconoscimento della particolare tenuità del fatto: Si lamentava la non applicazione dell’art. 131-bis del codice penale, che esclude la punibilità per i reati di minima entità.
3. Eccessività della pena: Si contestava la misura della sanzione inflitta, ritenuta sproporzionata.

La Decisione della Corte sul Porto d’Armi

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, respingendo tutte le argomentazioni difensive. Sul primo punto, i giudici hanno richiamato la consolidata giurisprudenza in materia di porto d’armi. Hanno chiarito la distinzione fondamentale operata dall’art. 4 della legge n. 110/1975. Per alcuni oggetti specificamente indicati, come i coltelli a serramanico, il porto costituisce reato alla sola condizione che avvenga “senza giustificato motivo”. Non è quindi necessario, come per altri oggetti, dimostrare che le circostanze facciano pensare a un utilizzo per l’offesa alla persona. La natura stessa dell’oggetto è sufficiente a integrare la fattispecie di reato, a meno che non sussista una ragione valida e dimostrabile per portarlo con sé.

Le Motivazioni: Il Rapporto tra Lieve Entità e Particolare Tenuità del Fatto

Di particolare interesse è la motivazione relativa al secondo motivo di ricorso. La Corte ha spiegato che il mancato riconoscimento della circostanza attenuante del fatto di lieve entità impedisce, logicamente e giuridicamente, di poter poi applicare la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.). Il ragionamento è lineare: se un giudice di merito ha già valutato il fatto e lo ha ritenuto non “lieve”, non può, allo stesso tempo, considerarlo “particolarmente tenue”. La “particolare tenuità” rappresenta un gradino di gravità ancora inferiore rispetto alla “lieve entità”. Di conseguenza, la reiezione della prima esclude automaticamente la possibilità di applicare la seconda.

Le Motivazioni: La Discrezionalità del Giudice nella Sanzione

Infine, anche la censura sulla determinazione della pena è stata respinta. La Corte ha ribadito che la quantificazione della sanzione rientra nella discrezionalità del giudice di merito, il quale deve basare la sua decisione sui criteri indicati dall’art. 133 del codice penale. Tale valutazione è insindacabile in sede di legittimità, a condizione che sia motivata e non appaia arbitraria o illogica. Nel caso specifico, la Corte d’Appello aveva già ridotto la pena, parametrandola a un livello di poco superiore alla media edittale, esercitando quindi correttamente il proprio potere discrezionale.

Conclusioni

L’ordinanza in esame conferma tre principi fondamentali in materia di porto d’armi e sanzioni penali:
1. Il porto di un coltello a serramanico senza un giustificato motivo integra di per sé il reato previsto dalla legge, qualificandosi come arma impropria.
2. Esiste una precisa gerarchia valutativa tra attenuanti e cause di non punibilità: l’esclusione di una circostanza di minore gravità (lieve entità) preclude l’applicazione di una causa di non punibilità basata su un concetto ancora più restrittivo (particolare tenuità).
3. La determinazione della pena è un esercizio di discrezionalità del giudice di merito, non censurabile in Cassazione se adeguatamente motivato.

Portare un coltello a serramanico è sempre reato?
Sì, secondo l’ordinanza, il porto di un coltello a serramanico costituisce reato se avviene “senza giustificato motivo”. La legge lo classifica come arma impropria, e per la configurazione del reato non è necessario dimostrare che le circostanze di tempo e luogo facessero pensare a un suo uso per l’offesa alla persona.

Se un fatto non è ritenuto di ‘lieve entità’, si può comunque ottenere la non punibilità per ‘particolare tenuità’ (art. 131-bis c.p.)?
No. La Corte di Cassazione chiarisce che il mancato riconoscimento della circostanza attenuante del fatto di lieve entità impedisce la successiva applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto. Se il fatto non è giudicato ‘lieve’, a maggior ragione non può essere considerato ‘particolarmente tenue’.

La Corte di Cassazione può ridurre una pena ritenuta troppo alta?
Generalmente no. La determinazione della misura della pena è un potere discrezionale del giudice di merito (Tribunale, Corte d’Appello). La Corte di Cassazione può intervenire solo se la decisione sulla pena è priva di motivazione, o basata su un ragionamento manifestamente illogico o arbitrario, ma non può riesaminare i fatti per decidere una pena diversa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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