Porto d’armi abusivo: la Cassazione conferma la condanna per un coltello a serramanico
Il reato di porto d’armi abusivo è una materia delicata, dove le circostanze specifiche del caso possono fare la differenza tra una condanna piena e l’applicazione di un’ipotesi attenuata. Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha chiarito i criteri per valutare la gravità del fatto, dichiarando inammissibile il ricorso di un imputato e confermando la decisione dei giudici di merito. Analizziamo insieme i dettagli di questa importante pronuncia.
I Fatti del Processo
Il caso ha origine dalla condanna di un uomo per aver portato con sé, senza un giustificato motivo, un coltello a serramanico. La Corte d’Appello aveva parzialmente riformato la sentenza di primo grado, ma solo per quanto riguarda l’entità della pena, rigettando la richiesta della difesa di riqualificare il reato nell’ipotesi di lieve entità prevista dalla legge n. 110/1975.
La difesa dell’imputato ha quindi proposto ricorso in Cassazione, lamentando una violazione di legge e un vizio di motivazione. Secondo il ricorrente, la Corte d’Appello non avrebbe adeguatamente considerato gli elementi che avrebbero potuto giustificare l’applicazione della norma più favorevole.
La Decisione della Corte di Cassazione e il Porto d’armi abusivo
La Suprema Corte ha respinto il ricorso, dichiarandolo manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. I giudici hanno osservato che i motivi presentati dalla difesa non erano altro che una ripetizione delle argomentazioni già esposte e respinte in appello. La Corte territoriale, infatti, aveva fornito una motivazione logica, coerente e priva di vizi giuridici, che non poteva essere messa in discussione in sede di legittimità.
Le Motivazioni
La Corte di Cassazione ha evidenziato come i giudici di merito avessero correttamente basato la loro decisione su una valutazione complessiva degli elementi a disposizione. Non si sono limitati a considerare le sole dimensioni del coltello (18 cm di lunghezza totale, di cui 8 cm di lama), ma hanno analizzato il contesto generale. Due fattori sono risultati decisivi per escludere l’ipotesi attenuata del reato di porto d’armi abusivo:
1. L’immediata disponibilità dell’arma: Il coltello era conservato nella tasca del giubbotto, pronto all’uso. Questo elemento è stato interpretato come un indice di maggiore pericolosità.
2. La personalità dell’imputato: La presenza di precedenti penali specifici, ovvero per reati della stessa indole, ha pesato negativamente sulla valutazione complessiva, indicando una propensione a commettere illeciti di questo tipo.
In sostanza, la Corte ha ribadito che la valutazione sulla lieve entità del fatto non può basarsi solo sulle caratteristiche oggettive dell’arma, ma deve includere un’analisi completa delle modalità dell’azione e del profilo soggettivo del reo.
Le Conclusioni
Questa ordinanza offre due importanti spunti di riflessione. In primo luogo, conferma un principio processuale fondamentale: il ricorso in Cassazione non può essere una semplice riproposizione dei motivi d’appello, ma deve individuare vizi specifici (di legge o di logica) nella sentenza impugnata. In secondo luogo, sul piano del diritto sostanziale, chiarisce che la configurabilità dell’ipotesi lieve nel reato di porto d’armi abusivo dipende da un giudizio globale che tiene conto di tutti gli aspetti del caso, inclusa la storia personale dell’imputato. La sola dimensione contenuta di un’arma non è sufficiente, da sola, a qualificare il fatto come di minore gravità, specialmente in presenza di altri indicatori di pericolosità.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato ritenuto inammissibile perché manifestamente infondato, in quanto si limitava a riproporre gli stessi motivi già presentati e respinti in appello, ai quali la Corte territoriale aveva risposto con un ragionamento giuridicamente corretto e logico.
Quali elementi ha considerato la Corte per escludere l’ipotesi di reato attenuata?
La Corte ha considerato non solo le dimensioni del coltello (un serramanico di 18 cm totali con lama di 8 cm), ma anche le modalità complessive del fatto, come l’immediata disponibilità dell’arma (tenuta in tasca), e la personalità dell’imputato, caratterizzata dalla presenza di precedenti penali specifici.
A cosa è stato condannato il ricorrente a seguito della dichiarazione di inammissibilità?
Il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 31011 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 31011 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 19/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a PALERMO 11 18/07/1978
avverso la sentenza del 09/10/2024 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
RITENUTO IN FATTO e CONSIDERATO IN DIRITTO
Rilevato che, con la sentenza impugnata, la Corte di appello di Palermo, ha parzialmente riformato la decisione del Tribunale in sede, del 14 luglio 2023, accogliendo l’impugnazione proposta nell’interesse di NOME COGNOME limitatamente alla determinazione della pena, e ha, invece, rigettato la richiesta di riqualificazione del fatto nell’ipotesi attenuata prevista dal terzo comma dell’art. 4 legge n. 110/1975.
Considerato che il motivo proposto dalla difesa, avv. NOME COGNOME (violazione degli artt. 4 comma 3 della legge n. 110/1975 e vizio di motivazione) si appalesa manifestamente infondato, nel senso che la dedotta inosservanza della previsione di cui all’art. 4, comma 3, legge n. 110 del 1975, è censura reiterativa dei motivi di appello, cui la Corte territoriale ha risposto con ragionamento ineccepibile in diritto, immune da censure e privo di illogicità manifesta.
Rilevato, infatti, che la Corte territoriale ha fatto notare che il coltello portat senza giustificato motivo dall’imputato è a serramanico, di lunghezza complessiva di 18 centimetri di cui otto centimetri di lama e che si è tenuto conto, nel respingere la richiesta ex art. 4, comma 3, legge cit., non solo delle dimensioni dello strumento atto ad offendere, ma anche delle complessive modalità del fatto e della personalità dell’imputato, rimarcando il dato della immediata disponibilità del coltello conservato nella tasca del giubbotto e la presenza di precedenti penali specifici.
Considerato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con la condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende, determinata equitativamente nella misura indicata, considerati i motivi devoluti.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3000 alla Cassa delle ammende.
Così deciso, il 19 giugno 2025
Il Consigliere estensore
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