Porto d’armi abusivo: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile
La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha riaffermato un principio fondamentale del nostro sistema processuale: il ricorso per cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si possono ridiscutere i fatti. Il caso in esame riguarda una condanna per porto d’armi abusivo, a seguito del quale l’imputato ha tentato di ottenere una revisione della pena. L’esito, tuttavia, è stato la dichiarazione di inammissibilità del ricorso, con una condanna aggiuntiva al pagamento delle spese processuali e di una somma a favore della Cassa delle ammende.
I Fatti del Caso
La vicenda ha origine da una sentenza della Corte d’Appello che confermava la condanna di un uomo a sei mesi di arresto e 1.000,00 euro di ammenda. Il reato contestato era quello previsto dall’art. 4 della legge n. 110/1975, ovvero il porto ingiustificato di un’arma. Nello specifico, l’imputato era stato trovato in possesso di un coltello a serramanico con una lama di dieci centimetri, un’arma con un’evidente potenzialità offensiva.
Contro questa decisione, l’imputato ha proposto ricorso in Cassazione, lamentando presunte carenze motivazionali nella sentenza d’appello e chiedendo, di fatto, un riesame nel merito della sua posizione, soprattutto per quanto riguarda la determinazione della pena (il cosiddetto profilo dosimetrico).
Il Ricorso per porto d’armi abusivo e i Limiti della Cassazione
Il ricorso si basava su un’unica doglianza, volta a criticare le motivazioni della Corte d’Appello. Tuttavia, la Corte di Cassazione ha subito chiarito la natura del suo intervento. Il giudizio di legittimità, quale è quello della Cassazione, non serve a rivalutare le prove o a stabilire se i fatti si siano svolti in un modo o in un altro. Il suo compito è verificare che i giudici dei gradi precedenti abbiano applicato correttamente la legge e abbiano motivato la loro decisione in modo logico e coerente.
Chiedere un ‘riesame nel merito’, come ha fatto il ricorrente, significa tentare di trasformare la Cassazione in un terzo giudice di fatto, cosa che non è permessa dal nostro ordinamento. La Corte ha ritenuto che la decisione impugnata fosse stata correttamente vagliata dalla Corte d’Appello, nel pieno rispetto delle regole logiche e delle risultanze processuali.
Le Motivazioni della Corte
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile per diverse ragioni convergenti. In primo luogo, il compendio probatorio era univocamente sfavorevole all’imputato: il possesso del coltello a serramanico era un fatto accertato e indiscutibile. La potenzialità offensiva dell’arma non lasciava spazio a dubbi.
Un punto cruciale della decisione riguarda il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche (art. 62-bis c.p.). Queste attenuanti servono ad adeguare la pena alla specificità del caso concreto, ma la loro concessione non è un atto dovuto. Nel caso di specie, i giudici hanno correttamente negato questo beneficio tenendo conto di un elemento decisivo: i numerosi pregiudizi penali dell’imputato. La presenza di precedenti condanne ha dimostrato una personalità non meritevole di un trattamento sanzionatorio più mite. La Corte ha quindi concluso che non sussistevano i presupposti per concedere le attenuanti, confermando la logicità della decisione d’appello.
Le Conclusioni
L’ordinanza in esame offre importanti spunti di riflessione. Anzitutto, ribadisce che un ricorso in Cassazione deve basarsi su vizi di legittimità specifici (es. violazione di legge, vizio di motivazione palese) e non su una generica insoddisfazione per la pena inflitta. Tentare di ottenere una nuova valutazione dei fatti è una strategia destinata al fallimento, che comporta unicamente un’ulteriore condanna economica.
In secondo luogo, la decisione sottolinea il peso dei precedenti penali nella valutazione del giudice. Le circostanze attenuanti generiche sono uno strumento di equità, ma la loro applicazione è preclusa quando la storia criminale dell’imputato suggerisce una maggiore pericolosità sociale o una tendenza a delinquere. Questa ordinanza rappresenta, quindi, un monito sulla severità con cui viene trattato il reato di porto d’armi abusivo e sui rigorosi limiti procedurali del ricorso in Cassazione.
Perché il ricorso dell’imputato è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché, invece di denunciare vizi di legittimità (errori di diritto o motivazioni illogiche), mirava a ottenere un riesame dei fatti e della valutazione della pena, attività che non rientra nelle competenze della Corte di Cassazione.
Su quale base la Corte ha giustificato il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche?
La Corte ha confermato la decisione dei giudici di merito di non concedere le attenuanti generiche a causa dei numerosi pregiudizi penali dell’imputato. I suoi precedenti hanno indicato che non era meritevole di un trattamento sanzionatorio più mite.
Qual è stato l’esito finale per il ricorrente a seguito di questa ordinanza?
L’esito finale è stato la conferma della condanna a sei mesi di arresto e 1.000 euro di ammenda. Inoltre, a causa dell’inammissibilità del ricorso, è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di un’ulteriore somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 20286 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 20286 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 09/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 14/09/2023 della CORTE APPELLO di ANCONA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Esaminato il ricorso proposto avverso la sentenza del 14 settembre 2023, con la quale la Corte di appello di Ancona confermava la decisione impugnata, con cui NOME COGNOME era stato condannato alla pena di sei mesi di arresto e 1.000,00 euro di ammenda per il reato di cui all’art. 4 legge 18 aprile 1975, n. 110, accertato a Porto San’Elpidio il 12 maggio 2021.
Ritenuto che il ricorso in esame, articolato in un’unica doglianza, postulando indimostrate carenze motivazionali della sentenza impugnata, chiede il riesame nel merito della vicenda processuale, che, sotto il profilo dosimetrico, risulta vagliato dalla Corte di appello di Ancona, nel rispetto delle regole della logica, alle risultanze processuali (tra le altre, Sez. 1, n. 46566 del 21/02/2017, M., Rv. 271227 – 01).
Ritenuto che il compendio probatorio, tenuto conto degli accertamenti investigativi svolti nell’immediatezza dei fatti, risultava univocamente orientato in senso sfavorevole alla posizione di NOME COGNOME, che veniva trovato in possesso di un’arma da taglio di notevole potenzialità offensive, costituita da un coltello a serramanico con una lama lunga dieci centimetri.
Ritenuto che, nel caso di specie, non ricorrevano i presupposti per concedere all’imputato le circostanze attenuanti generiche di cui all’art. 62-bis cod. pen., che, com’è noto, rispondono alla funzione di adeguare la pena al caso concreto, nella globalità degli elementi che lo connotano, sul presupposto del riconoscimento di situazioni fattuali, correttamente non riscontrate con riferimento a COGNOME, tenuto conto dei suoi numerosi pregiudizi penali (tra le altre, Sez. 2, n. 30228 del 05/06/2014, COGNOME, Rv. 260054 – 01).
Per queste ragioni, il ricorso proposto da NOME COGNOME deve essere dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 9 maggio 2024.