Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 4276 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 4276 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 10/11/2023
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME, nato a PATRICA il DATA_NASCITA COGNOME NOME, nato a CATANIA il DATA_NASCITA COGNOME NOME, nato a CATANIA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 16/01/2023 della CORTE APPELLO di ROMA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dalla Consigliera NOME COGNOME;
Letta la requisitoria del Procuratore generale, NOME COGNOME, il quale ha chiesto il rigetto del ricorso presentato dall’imputato NOME COGNOME e la declaratoria di inammissibilità dei ricorsi di NOME COGNOME e NOME COGNOME.
TRATTAZIONE SCRITTA
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 16/1/2023 la Corte di appello di Roma ha confermato la sentenza del giudice monocratico del Tribunale in sede del 19/11/2021 che, a seguito di rito abbreviato, aveva condannato NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME alla pena di diciotto mesi di reclusione ed C 2.000 di multa ciascuno per i seguenti reati in materia di armi, unificati per continuazione: capo A) art. 23, commi 3 e 4, L. n. 110 del 1975 (così riqualificata l’originaria contestazione ex artt. 2, 4 e 7 L. n. 895 del 1967) riferito alla pist Derringer cal. 6 mm con 16 cartucce cal. 22, arma alterata in modo da potere utilizzare cartucce cal. 22 ed essere idonea all’uso; capo B) art. 648 cod. pen. per avere detenuto detta pistola di provenienza illecita, in quanto frutto del reato di alterazione di arma comune da sparo. Reati accertati in Roma, il 24/8/2021.
Avverso detta sentenza gli imputati hanno proposto ricorso per cassazione, con atti distinti, tramite i rispettivi difensori. Detti ricorsi sono di s sintetizzati partitamente, nei limiti strettamente necessari per la motivazione della sentenza, come prescrive l’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Ricorso di NOME COGNOME (AVV_NOTAIO)
2.1.1. Nel primo motivo si deduce violazione di legge processuale, ai sensi dell’art. 606, lett. c) cod. proc. pen., in relazione all’art. 522 cod. proc. pen., essere stata riqualificata, soltanto al momento della lettura del dispositivo la contestazione ex artt. 2, 4, e 7 L. n. 895 del 1967 in quella ex art. 23, commi 3 e 4, L. n. 110 del 1975. Ciò costituisce una sostanziale reformatio in peius, nonostante la pena per l’originario reato sia superiore per le armi comuni, poiché la modifica a sorpresa della contestazione ha impedito alla difesa di chiedere ed al giudice di valutare l’applicazione dell’attenuante ex art. 5 L. n. 895 del 1967, prevista soltanto per i reati sanzionati da tale legge.
2.1.2. Nel secondo motivo si eccepisce difetto di correlazione tra il chiesto e il pronunciato, con riferimento alla riqualificazione del reato sub A), trattandos di un titolo diverso sia per la condotta del soggetto agente che per il bene giuridico tutelato, con conseguente violazione del diritto di difesa dell’imputato, come si era espressamente illustrato nel corrispondente motivo di appello.
L’impugnata sentenza non ha reso alcuna motivazione di tale riqualificazione e delle sue ragioni, essendosi limitata ad argomentazioni apparenti sul diverso punto dell’eccezione di incostituzionalità, sollevata dalla difesa di alt imputato, in ordine alla riconducibilità della riqualificazione giuridica del rea nell’ambito della discrezionalità legislativa.
2.1.3. Il terzo motivo deduce vizio di motivazione quanto all’affermazione di responsabilità del COGNOME per le condotte di detenzione e porto di arma clandestina, nonché in ordine alla sussistenza del dolo richiesto dall’art. 23, commi 3 e 4, L. n. 110 del 1975, lamentando travisamento del contenuto degli atti processuali, per avere entrambi i giudici asseverato la consapevolezza del ricorrente della presenza della pistola a fronte di una errata ricostruzione della posizione della medesima nella vettura Audi. Tale travisamento discende dal mancato rilievo della contraddittorietà delle dichiarazioni rese dall’AVV_NOTAIO rispetto a quanto risulta relazionato e verbalizzato nell’immediatezza del fatto. Dagli atti relativi all’arresto dei coimputati emergeva che la pistola foss stata ben celata dietro i sedili posteriori della vettura Audi, ovvero rinvenut sotto il sedile posteriore (come da verbale di perquisizione), mentre l’operante COGNOME aveva parlato di una pistola incastrata tra lo schienale ed il sedile posteriore, in modo comunque visibile. Secondo il ricorrente, le dichiarazioni dell’AVV_NOTAIO contrastano frontalmente con il dato documentale e costituiscono un correttivo che ha inciso nella interpretazione giuridica del fatto.
Inoltre, si contesta l’interpretazione arbitraria della condotta processuale del coimputato NOME COGNOME, che i giudici di appello hanno ritenuto diretta a sgravare da responsabilità gli altri coimputati, trattandosi dell’unico incensu rato del gruppo, che pertanto avrebbe conseguito un trattamento sanzionatorio meno severo. Tale impostazione dimentica che COGNOME aveva inteso patteggiare con esclusiva assunzione di responsabilità, e successivamente ha prestato acquiescenza alla condanna, non appellandola. Del resto, emerge dagli atti che il personale intervenuto in loco aveva accertato che NOME era stato visto disfarsi del coltello tipo pattada di 21.5 cm di lunghezza. Ciò depone ulteriormente per il macroscopico travisamento di prove decisive, avvenuto in entrambi i gradi di giudizio, così da poter essere denunciato anche in caso di doppia conforme, come nella vicenda processuale in esame.
2.1.4. Nel quarto motivo si censura l’insussistenza del presupposto oggettivo richiesto dall’art. 4 L. n. 110 del 1975, che sanziona la condotta di colui che porta l’arma in luogo pubblico o aperto al pubblico, con espressa esclusione della dicitura “luogo esposto al pubblico”. La collocazione della pistola in una vettura non risponde alla formulazione normativa, poiché la vettura non è caratterizzata dal libero accesso di un numero indeterminato di persone, sicché non rientra nel concetto di luogo pubblico o aperto al pubblico.
Quanto al dolo, non è stato dimostrato che COGNOME fosse consapevole della modifica strutturale della pistola, che presentava le caratteristiche esterior dello strumento da segnalazione acustica, potendo al più integrare la contravvenzione ex art. 4, comma 2, L. n. 110 del 1975.
2.1.5. Nel quinto motivo si deduce vizio di motivazione in ordine alla sussistenza del concorso nella ricettazione. Nell’impugnata sentenza si è dato esclusivo rilievo alle ragioni e alle modalità dell’incontro tra i quattro coimputati alle ragioni del viaggio dalla Sicilia a Roma dei coimputati del COGNOME, senza tuttavia offrire elementi dimostrativi della ritenuta sussistenza degli elementi integrativi del delitto di ricettazione in capo al ricorrente.
2.2. Ricorsi degli imputati NOME COGNOME e NOME COGNOME (AVV_NOTAIO). In unico atto, i due imputati hanno svolto le seguenti censure.
2.2.1. Nel primo motivo si deduce violazione di legge e vizio di motivazione per il riconoscimento della responsabilità dei ricorrenti in difetto dei requi siti oggettivi e soggettivi del concorso nel reato ex art. 23, comma 4, L. n. 110 del 1975, in particolare contestandosi che da nessun elemento era emersa la loro disponibilità materiale della pistola.
Si deplora che il criterio di giudizio di entrambi i gradi processuali si sintetizzabile nel fatto che “gli imputati non potevano non sapere”; ma la mera consapevolezza non è ancora concorso nei reati di detenzione e porto di arma, occorrendo che il concorrente possa in qualsiasi momento disporre autonomamente dell’arma. Tale profilo non è stato affatto indagato dai giudici di merito, che si sono limitati a sovrapporre la consapevolezza della presenza della pistola all’interno della vettura Audi Q3 con la materiale disponibilità della medesima da parte dei ricorrenti. Peraltro, all’arrivo delle Forze dell’ordine, NOME e NOME non avevano approntato alcuna condotta, come un tentativo di celare la pistola, che potesse denotare una pur mediata disponibilità dell’arma, avendo al più integrato una mera connivenza non punibile. Se a ciò si aggiunge l’ammissione esclusiva di responsabilità da parte del coimputato NOME, si conferma che la mera consapevolezza della presenza della pistola a bordo della vettura non è dirimente per affermare una responsabilità a titolo di concorso nel reato.
2.2.2. Nel secondo motivo si contesta l’affermazione di responsabilità dei due imputati per il delitto di ricettazione. Detto motivo è strettamente dipendente dalla sorte del primo motivo: invero, se quest’ultimo fosse fondato, dovrebbe cadere anche l’imputazione ex art. 648 cod. pen.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi sono complessivamente infondati e devono essere respinti.
1.1. I primi motivi di impugnazione dedotti dall’imputato COGNOME censurano la riqualificazione giuridica “a sorpresa” del delitto sub A), assumendo che da tale variazione sarebbe derivato nocumento per la difesa, impossibilitata a
chiedere l’applicazione dell’attenuante ex art. 5 L. n. 895 del 1967, prevista soltanto per i reati sanzionati da tale legge. Sotto altro profilo, ci si du dell’operata riqualificazione del reato sub A), trattandosi di un titolo diverso s per la condotta del soggetto agente, che per il bene giuridico tutelato, così da evidenziarsi difetto di correlazione tra il chiesto e il pronunciato.
Entrambi i ravvisati profili sono destituiti di fondamento.
Innanzitutto, la censura si rivela generica, sottolineandosi che sul merito della riqualificazione – trasformazione di un’arma a salve in una pistola perfettamente funzionante, dunque da considerarsi clandestina – non viene articolata nessuna tangibile contestazione. Peraltro, la giustificazione della riqualificazione giuridica è in re ipsa, trattandosi di pistola modificata strutturalmente per renderla offensiva. L’impugnata sentenza, nel solco di quella di primo grado che già aveva operato la censurata riqualificazione, ha fatto corretta applicazione dei principi giurisprudenziali in tema di arma clandestina, tale dovendosi considerare anche una pistola a salve, quindi priva di matricola, artigianalmente trasformata in arma da sparo, la cui detenzione integra il reato previsto dall’art. 23 dell legge 18 aprile 1975, n. 110 (Sez. 1, n. 28814 del 22/02/2019, Largitto, Rv. 276493; Sez. 3, n. 9286 del 10/02/2011, Piserchia, Rv. 249757).
Tale corretta riqualificazione non integra alcuna violazione del principio di correlazione tra imputazione contestata e sentenza, a tenore della descrizione del fatto contenuta nella contestazione sub A), ove è chiaramente enunciata la locuzione di “arma alterata in modo da poter utilizzare cartucce TARGA_VEICOLO ed essere idonea all’uso”. Era questo l’editto accusatorio su cui fin dall’origine de procedimento gli imputati sono stati chiamati a difendersi, e non è dato registrare alcuna modificazione del fatto nei suoi elementi essenziali, inteso come episodio della vita umana.
Si rammenta che il principio di correlazione tra l’imputazione contestata e la sentenza garantisce all’imputato la piena possibilità di difendersi in rapporto a tutte le circostanze rilevanti del fatto oggetto dell’imputazione, assicurando l’effettività del contraddittorio, che per l’appunto postula l’identità tra il contestato e quello processualmente accertato sul quale il giudice decide.
Nell’ambito di queste garanzie, quando nessun elemento che compone l’accusa sia sfuggito alla difesa dell’imputato, non vi è questione di mutamento del fatto e il giudice è libero di inquadrare il fatto nella qualificazione giuri ritenuta più appropriata alle norme di diritto sostanziale.
Il principio è stato tralaticiamente massimato nei seguenti termini, ai quali si è pienamente adeguata l’impugnata sentenza: «Non sussiste violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza nel caso in cui nella contestazione, considerata nella sua interezza, siano contenuti gli stessi elementi
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del fatto costitutivo del reato ritenuto in sentenza, posto che l’immutazione si verifica solo laddove ricorra tra i due episodi un rapporto di eterogeneità o di incompatibilità sostanziale per essersi realizzata una vera e propria trasformazione, sostituzione o variazione dei contenuti essenziali dell’addebito nei confronti dell’imputato, messo così, a sorpresa, di fronte a un fatto del tutto nuovo senza aver avuto nessuna possibilità di effettiva difesa» (Sez. 2, n. 10989 del 28/02/2023, COGNOME, Rv. 284427; Sez. 6, n. 17799 del 06/02/2014, M., Rv. 260156; Sez. 6, n. 35120 del 13/06/2003, COGNOME e altri, Rv. 226654).
Ne discende, ulteriormente, che nessuna lesione del diritto di difesa può ritenersi nella specie verificata – neanche sotto il profilo dell’attenuante ex art. L. n. 895 del 1967, che non risulta essere stata invocata nei gradi di merito, a tenore delle conclusioni ivi rassegnate – essendosi le difese degli imputati dispiegate con pienezza sul fatto in contestazione, avanzando doglianze che lo hanno investito in ogni possibile sfaccettatura, in fatto e in diritto.
1.2. I successivi motivi di ricorso (terzo e quinto) si appuntano sulla dedotta impossibilità di ravvisare nei confronti del COGNOME gli estremi dei delitt di porto e detenzione, nonché di ricettazione dell’arma, sotto il profilo oggettivo e soggettivo. Anche tali motivi sono infondati.
Non è apprezzabile alcun travisamento degli atti processuali, alla luce dei chiarimenti offerti dall’AVV_NOTAIO nell’udienza di convalida, integrativi dei emergenti dal verbale di perquisizione e dal verbale di arresto in atti.
Come ha illustrato l’impugnata sentenza, non sono rilevabili contraddizioni di sorta tra le richiamate evidenze, in quanto la descrizione della collocazione dell’arma contenuta nel verbale di arresto è riferita ad un osservatore esterno rispetto alla vettura ove era occultata la pistola, mentre le dichiarazioni del test COGNOME riguardavano la visibilità del corpo del reato da parte degli occupanti del veicolo, ed attestavano che l’arma era incastrata tra il sedile e lo schienale, così da essere ben visibile ai presenti (che ivi stazionavano da svariato tempo), tanto più perché insieme ad essa vi erano anche sedici cartucce cal. 22.
Da tali acquisizioni emerge un dato di duplice valenza dimostrativa: da un lato risulta confermata, senza dubbi di sorta, la responsabilità di tutti gli imputa per i reati di detenzione e porto di arma clandestina, trattandosi di una condotta concorsuale evidenziata dal fatto di trovarsi a diretto e perdurante contatto con una pistola ben visibile, corredata di un elevato numero di munizioni, così da palesarne la piena funzionalità; dall’altro lato, è provato anche il delitto ricettazione, in quanto la presenza di sedici cartucce TARGA_VEICOLO. 22 accanto alla pistola era chiaro indice rivelatore della sua alterazione, il che avvalora la consapevolezza di tutti gli occupanti la vettura in ordine alla caratteristica di arma ille mente modificata. / I
A fronte di tali elementi salienti, marginali risultano le notazioni in ordin alla condotta processuale del coimputato incensurato NOME COGNOME, la cui esclusiva assunzione di responsabilità non è stata ritenuta attendibile per non essere intervenuta nell’immediatezza, ma soltanto in un secondo momento, che sembrerebbe ricollegato ad un viaggio a Catania del coimputato COGNOME, benché sottoposto ad obbligo di dimora in Ciampino (così la sentenza di primo grado, pag. 6/7). Notazioni marginali, ma affatto travisate, essendo al contrario aderenti ai dati di indagine e significative della compiuta e logica valutazione delle evidenze disponibili operata dai giudici di merito.
1.3. Con specifico riferimento al quarto motivo di ricorso, si osserva che è manifestamente infondata la dedotta insussistenza del presupposto oggettivo richiesto dall’art. 4 L. n. 110 del 1975, che sanziona la condotta di colui che porta l’arma in luogo pubblico o aperto al pubblico, con esclusione della dicitura “luogo esposto al pubblico”.
Invero, è risalente l’affermazione di questa Corte per cui «Ai fini della sussistenza del reato di porto abusivo di armi non ha alcuna rilevanza che l’arma si trovi nell’abitacolo di un’autovettura anziché sulla persona dell’imputato poiché, pur essendo l’auto un luogo non pubblico bensì esposto al pubblico quando si trovi, ferma o in moto, sulla pubblica via, anche in questo caso non è diverso né meno grave l’allarme sociale conseguente alle suddette modalità di custodia ed alle possibilità dell’immediato impiego dell’arma (Sez. 1, n. 2947 del 26/10/1976, dep. 1977, COGNOME, Rv. 13536; Sez. 1, n. 5290 del 06/02/1980, COGNOME, Rv. 145094; Sez. 1, n. 7153 del 07/03/1986, COGNOME, Rv. 173351; Sez. 1, n. 40806 del 05/06/2013, COGNOME, Rv. 257245). Ancor più restrittivamente, si è affermato che «Integra la condotta del porto illegale di arma in luogo pubblico il detenere una pistola nell’abitacolo di un’autovettura ferma, in sosta sulla strada. Ai fini della sussistenza del reato in esame non occorre che l’arma sia carica, né che il detentore sia in condizioni di caricarla con prontezza» (Sez. 1, n. 10328 del 22/09/1992, COGNOME, Rv. 192300). Tuttavia, si è specificato che – sebbene ai fini della consumazione del reato non sia richiesto che il soggetto agente tenga l’arma sulla sua persona – è necessario che questi possa acquisirne facilmente la disponibilità materiale per farne un uso immediato (Sez. 6, n. 4970 del 01/12/2015, dep. 2016, COGNOME, Rv. 266171), ricorrendo altrimenti l’ipotesi del trasporto, quando l’arma viene presa in considerazione solo come oggetto inerte di un’operazione di trasferimento da luogo a luogo, senza essere suscettibile di pronta utilizzazione (Sez. 4, n. 23702 del 16/05/2013, Sanna, Rv. 256205). Nel caso in esame, la presenza della pistola alterata a diretto contatto degli occupanti della vettura – COGNOME e COGNOME addirittura seduti nel sedile posteriore – rende ragione della ritenuta pronta disponibilità dell’arma e della
piena integrazione della contestata fattispecie delittuosa. Non è invece invocabile la fattispecie contravvenzione ex art. 4, comma 2, L. n. 110 del 1975, essendo oltremodo riconoscibile la funzionalità offensiva della pistola alterata, in quanto corredata da munizioni TARGA_VEICOLO ad essa affiancate, e in tal guisa non confondibile con pistole giocattolo o scacciacani.
Passibili di rigetto sono anche i ricorsi degli imputati NOME COGNOME e NOME COGNOME, diretti a contestare il contributo concorsuale dei medesimi.
Va rammentato sul punto che l’esegesi di legittimità ha affermato con chiarezza che «Ai fini della configurabilità del concorso in detenzione o porto illegale di armi, è necessario che ciascuno dei compartecipi abbia la disponibilità materiale di esse e si trovi, pertanto, in una situazione di fatto tale per cui possa, comunque, in qualsiasi momento, disporne» (Sez. 1, n. 6796 del 22/01/2019, Susino, Rv. 274806; Sez. 6, n. 13085 del 03/10/2013, dep. 2014, COGNOME e altri, Rv. 259479; Sez. 1, n. 45940 del 15/11/2011, COGNOME, Rv. 251585). E si è già illustrato che dalle concordi sentenze di merito è emersa la piena e diretta disponibilità della pistola da parte di tutti gli occupanti della vettura.
Non potrebbe scorgersi una neutra connivenza da parte dei due ricorrenti nella pretesa condotta di mera acquiescenza alla vista della pistola, in quanto ciò non scrimina colui che – consapevole della presenza di un’arma laddove egli si trovi a stazionare per un tempo considerevole – nulla faccia per rimuovere tale situazione antigiuridica, manifestando, con un comportamento finalizzato a protrarne gli effetti, una chiara connivenza con il predetto e pertanto dimostrando di trovarsi in una situazione di fatto tale da poter, comunque, in qualsiasi momento, disporre anche autonomamente delle armi (così, per il caso di coabitazione, Sez. 1, n. 12308 del 14/02/2020, COGNOME, Rv. 278698; Sez. 6, n. 46303 del 04/11/2014, Pg in proc. Grasso, Rv. 261016), principio da ritenersi applicabile alla fattispecie in esame.
Anche la piena integrazione della ricettazione è stata correttamente ritenuta dai giudici di merito, una volta affermata la certa riconoscibilit dell’alterazione della pistola, manifestata dal suo ben visibile corredo di munizioni (oltre che dalle sintomatiche condotte dei presenti, evidenziate dagli operanti).
In conclusione, tutti i ricorsi devono essere rigettati, con le conseguenze di legge in ordine all’imputazione delle spese processuali, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il giorno 10 novembre 2023
Il Consigliere estensore
Il Presidente