Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 5774 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 5774 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 25/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a PARTINICO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 27/04/2023 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di appello di Palermo ha confermato la decisione con la quale il Giudice monocratico del Tribunale della stessa città aveva dichiarato NOME COGNOME colpevole della contravvenzione di cui all’art. 4 legge 18 aprile 1975, n. 110, per aver portato fuori dalla pr abitazione una mazza in legno e un coltello a serramanico e, per l’effetto lo ave condannato alla pena di mesi quattro di arresto ed euro ottocento di ammenda, oltre che al pagamento delle spese processuali, ordinando anche la confisca e distruzione di quanto in sequestro.
Ricorre per cassazione NOME COGNOME, per il tramite del difensore AVV_NOTAIO, sollevando anzitutto questione di legittimità costituzionale del so citato modello legale, in quanto contrastante con gli artt. 3, 25 e 27 Cost., n parte in cui non richiede la sussistenza di circostanze di tempo e di luogo, siano dimostrative della sussistenza di un pericolo di offesa alla persona; secondo luogo, l’atto dì impugnazione denuncia violazione di legge e vizio motivazionale, ex art. 606, comma 1, lett. b), c) ed e) cod. proc. pen., lamentan la insussistenza del reato contestato, oltre che il vizio di motivazione in punt addebito di responsabilità all’imputato e l’erronea considerazione dei cri inerenti al trattamento sanzionatorio di cui all’art. 133 cod. pen. e, i dolendosi del mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche.
Giova precisare, in primo luogo, come Corte cost., sentenza n. 139 del 22/03/2023 abbia dichiarato infondata l’eccezione di illegittimità costituzion dell’art. 4 legge n. 110 del 1975, con riferimento al divieto di porto, s giustificato motivo, di armi improprie “nominate”, quanto alla mancata previsione – nel relativo paradigma normativo – del requisito della sussistenza di circosta di tempo e luogo dimostrative del pericolo di offesa alla persona, per denunciat irragionevole disparità di trattamento, violazione del principio di necessa offensività del reato, nonché della funzione rieducativa della pena. La Cor costituzionale ha infatti precisato che «La distinzione che la norma censurat opera rispetto agli strumenti “innominati” – per i quali la seconda parte medesimo comma richiede, invece, la sussistenza delle dette circostanze – non è priva di ratio, avendo il legislatore incluso tra gli strumenti “nominati” quelli che, per le loro caratteristiche, si presentano oggettivamente più pericolos strutturalmente prossimi alle armi proprie “bianche” nonché quelli che, in bas all’esperienza, si prestano ad essere impiegati, più facilmente e con maggi frequenza, per l’offesa alla persona. La detta condizione svolge, peraltro, anc
una insostituibile funzione di delimitazione del fatto tipico, al fine di esclu l’indeterminatezza della categoria degli strumenti “innominati”. La norma censurata non confligge nemmeno con il principio di offensività: nella sua declinazione “in astratto”, infatti, la presunzione di pericolo sottesa alla no incriminatrice non può essere ritenuta irrazionale o arbitraria, trattandos oggetti che presentano un significativo rischio di poter essere utilizzati in m illecito: l’anticipazione della tutela risulta giustificata – anche in ch proporzionalità dell’intervento – pure dall’elevato rango degli interessi in gioc culmine dei quali si pone la salvaguardia della vita e dell’integrità fisica persone. Con riferimento alla declinazione “in concreto” del citato principio, rimettente muove da una interpretazione non condivisibile della sua valenza: se, rispetto ai reati di pericolo presunto, il giudice dovesse accertare la conc pericolosità della condotta verrebbe meno la distinzione con i reati di perico concreto mentre il principio in esame opera nel senso che il giudice deve escludere la punibilità di fatti, pure corrispondenti alla formulazione della no incriminatrice, quando, alla luce delle circostanze concrete, manchi ogn (ragionevole) possibilità di produzione del danno. Infine, la censura di violazio dell’art. 27, terzo comma, Cost. appare priva di autonomia rispetto a quella violazione del principio di offensività del reato, per cui cade insiem quest’ultima».
Il ricorso è nel resto inammissibile, in quanto fondato su censure non consentite; esso invocando, invero, una rivalutazione inerente a elementi fattual precipuamente attinenti alla ricostruzione storica e oggettiva della vicenda. Corte territoriale, infatti, ha rilevato trattarsi di porto ingiustificato dei strumenti, da parte del prevenuto, giungendo a tale conclusione in forza d argomentazioni dotate di ferrea coerenza logica, oltre che prive di qualsivogl forma di contraddittorietà; risulta valorizzata, in particolare, la condotta t dal soggetto, datosi alla fuga al momento del controllo operato dalle forz dell’ordine.
La sentenza impugnata rileva inoltre come elementi positivi, in punto di concessione delle circostanze attenuanti generiche, non siano rinvenibil assumendo invece rilievo dirimente proprio la sopra evidenziata condotta. A fronte di tali argomentazioni, scevre da vizi logici e giuridici ed espresse in mani coerente e non contraddittoria, la difesa ricorrente insiste – con deduzi aspecifiche e assertive – sulla necessità, da parte della Corte territoria procedere al riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche. Orbene, a parte la vaghezza contenutistica delle doglianze prospettate, a fronte delle corre
e puntuali argomentazioni sopra riportate, la valutazione attinente ad aspetti c rientrano nel potere discrezionale di quantificazione sanzionatoria riservato giudice di merito, laddove tale potere risulti esercitato congruamente, logicament ed anche in coerenza con il principio di diritto secondo il quale l’on motivazionale da soddisfare non richiede necessariamente l’esame di tutti i parametri fissati dall’art. 133 cod. pen., si sottrae alle censure che reclamino rivalutazione in fatto, in ordine a elementi già oggetto di valutazione, ovvero valorizzazione di elementi che si assume essere stati indebitamente pretermessi, nell’apprezzamento compiuto dal giudice impugnato.
Alla luce delle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e – non ricorrendo ipotesi di esonero – al versamento una somma alla Cassa delle ammende, determinabile in tremila euro, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa dell ammende.
Così deciso in Roma, il 25 gennaio 2024.