Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 7799 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 1 Num. 7799 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 22/01/2025
PRIMA SEZIONE PENALE
– Presidente –
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a ROMA il 20/11/1953 avverso la sentenza del 26/06/2024 della CORTE D’APPELLO di Roma visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udita la requisitoria del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
udito il difensore
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di appello di Roma ha confermato quella del 19 dicembre 2022 del Tribunale di Rieti in composizione monocratica, che aveva dichiarato NOME COGNOME colpevole del reato di cui agli artt. 4 e 7 legge 02 ottobre 1967, n. 895, per aver illegalmente portato in luogo pubblico un’arma. Stando alla contestazione, si trattava di un fucile ‘verosimilmente semiautomatico cal. 12’, come da dichiarazione resa dagli agenti operanti della Polizia Locale della Città metropolitana di Roma Capitale – Distaccamento territoriale di Bracciano; l’imputato, durante un controllo, veniva inizialmente sorpreso con l’arma imbracciata e – a seguito di inseguimento – se ne disfaceva, gettandola lungo il tragitto, senza poi consentirne il ritrovamento). Previa concessione delle circostanze attenuanti generiche – computate con il criterio dell’equivalenza, rispetto alla contestata recidiva specifica e reiterata – l’imputato era stato condannato, dunque, alla pena di anni uno e mesi sei di reclusione, con confisca della munizione calibro 12 in sequestro e versamento della stessa alla Direzione di artiglieria territorialmente competente.
Ricorre per cassazione NOME COGNOME a mezzo dell’avv. NOME COGNOME deducendo due motivi, che vengono di seguito enunciati entro i limiti strettamente necessari per la motivazione, ai sensi dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo, articolato in plurimi profili di censura, viene denunciata violazione dell’art. 606, comma 1, lett. d) ed e) cod. proc. pen., per mancanza, contraddittorietà e manifesta
NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME
illogicità della motivazione, nonchØ per mancata assunzione di una prova decisiva.
La Corte territoriale non ha considerato come gli agenti della Polizia Locale NOME COGNOME e NOME COGNOME, come dagli stessi riferito in istruttoria dibattimentale, avessero in dotazione – al momento del fatto – una pistola semiautomatica, con munizioni calibro 9; essi hanno poi affermato di non aver adoperato tale arma e di non aver esploso colpi, durante lo svolgimento dei fatti per i quali si procede. L’imputato, però, ha riferito di esser tornato sul luogo dei fatti il giorno successivo, al fine di riprendere l’autovettura non funzionante e di aver colà trovato tre bossoli calibro 9, di cui due vuoti (e quindi, esplosi) e una cartuccia; quest’ultima deve identificarsi – in ipotesi difensiva – in quella caduta a terra a seguito dello scarrellamento dell’arma; la Corte avrebbe quindi dovuto, come richiesto dalla difesa, disporre perizia, onde verificare se i proiettili suddetti fossero stati esplosi dalle armi in dotazione ai due agenti. Ciò avrebbe avvalorato la tesi propugnata dall’imputato, il quale ha affermato di aver avuto non un fucile, bensì un bastone, del quale si serviva per governare il suo gregge di pecore (del quale Ł pacifica la presenza sul posto, al momento del fatto); ha poi sostenuto, il ricorrente, di essersi dato alla fuga solo perchØ uno degli agenti gli aveva puntato contro l’arma e, immediatamente, aveva iniziato a sparare.
La tipologia del fucile che si assume esser stato detenuto dall’imputato Ł riferita dagli agenti in termini di sola verosimiglianza e non di certezza, vista anche la condizione di scarsa visibilità in cui si sono svolti i fatti (in pieno inverno, in aperta campagna e all’incirca alle ore 17.00); tale dato, anzi, viene ricavato dal successivo rinvenimento di una munizione calibro 12. Quest’ultima Ł stata trovata, però, in un luogo distante (lungo l’argine del fiume, in una ‘spalla ripariale boscosa’, descritto in atti quale luogo aperto al transito e accessibile a tutti). ¨ illogico ritenere che COGNOME fosse intento a cacciare, avendo con sØ una sola cartuccia; il fucile, del resto, non Ł mai stato ritrovato e, comunque, neanche si può affermare che fosse un’arma in piena efficienza.
2.2. Con il secondo motivo, viene denunciata violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b) cod. proc. pen., con riferimento all’art. 99 cod. pen., quanto al riconoscimento della recidiva, oltre che in ragione della eccessività della pena. Alcuni dei provvedimenti che figurano sul certificato del casellario giudiziale dell’imputato, infatti, non potevano esser presi in considerazione, a fini di recidiva (il riferimento Ł a una pronuncia ex art. 444 cod. proc. pen. e a un decreto penale, in relazione ai quali Ł stata già dichiarata l’estinzione). Altre due condanne, parimenti, non dovevano essere considerate, essendosi estinte le relative pene. Le altre condanne sono inerenti a fatti estremamente risalenti nel tempo e, sostanzialmente, si tratta di condanne relative a reati contro il patrimonio; le precedenti condanne per armi sono antecedenti, rispetto al fatto per il quale si procede, di circa venti o trenta anni. Tale lasso temporale e il mutamento nelle abitudini di vita del soggetto, quindi, avrebbero dovuto indurre la Corte a formulare un ben diverso giudizio.
La pena, oltre ad essere stabilita senza considerazione circa il cambiamento di vita del soggetto e circa la risalente collocazione nel tempo dei pregiudizi che egli annovera, Ł anche errata quanto alle modalità di calcolo.
3. Il Procuratore generale ha chiesto il rigetto del ricorso.
Milita a carico dell’imputato, oltre alla certa identificazione del fucile da parte degli agenti, anche il reperimento di una munizione gialla cal. 12 marca TARGA_VEICOLO, compatibile con il fucile descritto nella disponibilità dello Zappaterreno. Tale arma si ipotizza essere destinata all’utilizzo per la caccia, essendo ciò avvalorato dal ritrovamento – all’interno della vettura di Zappaterreno – di quattro lacci metallici abitualmente utilizzati per la cattura fraudolenta della fauna selvatica. Il mancato ritrovamento del fucile non può rilevare in senso favorevole all’imputato, posto che esso Ł stato distintamente visto dagli operanti. A tal proposito va però precisato come neppure il suddetto bastone, che lo COGNOME ritiene essere stato il frutto della ‘confusione’ degli operanti, sia stato
rinvenuto e tale dato sicuramente rinforza l’ipotesi d’accusa. Sostiene la difesa, inoltre, che non avrebbe potuto, lo Zappaterreno, andare a caccia munito di un solo proiettile. Ma al disfacimento del fucile ben potrebbe aver fatto seguito anche quello del relativo munizionamento.
Quanto, poi, alla contestata recidiva, ha ben spiegato la Corte di appello come i precedenti penali, risalenti ma sussistenti, in uno con la condotta tenuta dall’imputato, rivelino come lo COGNOME, già in precedenza dichiarato recidivo, prosegua nell’atteggiamento di costante indifferenza e di avversione verso le leggi.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso Ł infondato.
¨ possibile integrare come segue quanto già sintetizzato in parte narrativa, in punto di ricostruzione storica e oggettiva dei fatti, desumibile dal tenore dell’avversata decisione.
L’imputato, al momento del fatto, si trovava in sosta in un terreno, all’interno della propria autovettura ed era intento a sorvegliare il gregge al pascolo; si accostarono al veicolo due agenti della Polizia municipale e gli chiesero di esibire il porto d’armi, avendo essi visto un fucile che fuoriusciva dal finestrino dell’autovettura. L’imputato invece, per tutta risposta, si dette a precipitosa fuga, dapprima alla guida dell’autovettura (in strada e poi in un terreno agricolo) e successivamente – una volta abbandonata la vettura – proseguendo a piedi. Nel corso della fuga, COGNOME riuscì a disfarsi dell’arma, mai piø ritrovata.
Il modello del fucile detenuto Ł indicato in rubrica come un calibro 12, traendo spunto dal riconoscimento effettuato dagli operanti, per aver essi visto l’arma attraverso il finestrino dell’autovettura dell’imputato; venne anche ritrovata, infine, una cartuccia del medesimo calibro, nella selva che costeggia il vicino fiume.
La tesi a discolpa, posta a fondamento del primo motivo, Ł nel senso che COGNOME imbracciasse – al momento dell’arrivo degli operanti – non un fucile, bensì un bastone del quale si serviva per governare le pecore. Si sarebbe dato alla fuga, sol perchØ uno degli agenti della Polizia Locale gli avrebbe puntato contro l’arma in dotazione ed avrebbe poi esploso dei proiettili (evidentemente in aria); anche nel corso della fuga, sostiene l’imputato di essersi accovacciato sotto una recinzione, sulla quale avrebbe sentito arrivare i proiettili degli operanti.
Aggiunge COGNOME che la sua autovettura, al momento, avrebbe riportato un guasto; egli sarebbe pertanto ritornato in loco il giorno successivo ai fatti, giungendo colà al rinvenimento di due bossoli e di un proiettile, che la difesa evidenzia essere del medesimo calibro della pistola all’epoca in dotazione agli agenti. La prova non assunta – e che la difesa sostiene poter rivestire un carattere di decisività – consisterebbe nel verificare, dunque, se i bossoli ritrovati da COGNOME siano stati esplosi da una delle armi in dotazione ai Vigili; ciò dovrebbe accreditare la veridicità della tesi a discolpa (non esser fuggito perchØ aveva un fucile, bensì nel tentativo di sottrarsi agli spari dei due operanti).
3.1. Il motivo si limita, però, ad auspicare una inammissibile nuova ricostruzione dei fatti, mediante l’adozione di criteri di valutazione difformi da quelli adottati dal giudice di merito; questi invece, con motivazione esente da vizi logici e giuridici, ha esplicitato le ragioni del suo convincimento. La censura sopra esposta, in sostanza, si confronta direttamente con i dati processuali e non già con la motivazione della sentenza, secondo il paradigma stabilito dall’art. 606 primo comma lett. e) cod. proc. pen., in forza del quale il vizio della motivazione – perchØ possa avere rilievo in sede di legittimità – deve essere desumibile dal testo del provvedimento impugnato. L’inosservanza della regola comporta che la censura attenga al merito della decisione impugnata, introducendo una rivalutazione in fatto che Ł preclusa nel giudizio di legittimità (fra tante, Sez. 2, n.
7986 del 18/11/2016, dep. 2017, Rv 269217).
3.2. La sentenza impugnata, del resto, si Ł già adeguatamente confrontata con la doglianza difensiva, in primo luogo sottolineando l’incongruità della tesi secondo la quale COGNOME detenesse – all’arrivo degli operanti – un bastone e non un fucile. La Corte territoriale, del tutto correttamente, sottolinea sul punto come resterebbe del tutto priva di spiegazione la scelta, da parte dell’imputato, di non dichiarare immediatamente – e senza fuggire via – la reale natura dello strumento imbracciato. Il ricorso, quanto allo specifico tema, dipana una critica solo confutativa, senza chiarire tale punto nodale in maniera logicamente apprezzabile.
3.2.1. Aggiunge la Corte come risulti radicalmente incredibile, oltre che sfornita di affidabili ancoraggi di natura oggettiva, la pretesa reazione degli operanti, i quali avrebbero addirittura sparato praticamente ad altezza uomo (colpendo la recinzione sotto la quale l’imputato aveva cercato riparo). Anche tale profilo problematico Ł restato, nell’impugnazione, privo di elementi atti a fornire difformi lumi.
3.2.2. Quanto alla prova ulteriore invocata dalla difesa, circa la riconducibilità dei bossoli vuoti alle armi in dotazione ai Vigili, il ricorso non riesce minimamente a disarticolare quella che Ł l’architrave del convincimento sussunto in sentenza, laddove si taccia come estremamente sospetto il fatto che i bossoli siano stati acquisiti al patrimonio processuale solo dopo diversi anni (ad onta del fatto che essi fossero stati, asseritamente, repertati allorquando era trascorso pochissimo tempo dal fatto per il quale si procede).
In presenza di doppia conforme affermazione di responsabilità, del resto, le due sentenze di merito si saldano tra loro, fino a formare un unico corpo motivazionale (fra tante, si veda Sez. 3, n. 44418 del 16/07/2013, COGNOME, COGNOME, Rv. 257595, a mente della quale: ‹‹Ai fini del controllo di legittimità sul vizio di motivazione, la struttura giustificativa della sentenza di appello si salda con quella di primo grado, per formare un unico complessivo corpo argomentativo, allorquando i giudici del gravame, esaminando le censure proposte dall’appellante con criteri omogenei a quelli del primo giudice ed operando frequenti riferimenti ai passaggi logico giuridici della prima sentenza, concordino nell’analisi e nella valutazione degli elementi di prova posti a fondamento della decisione››; nello stesso senso si Ł espressa Sez. 2, n. 37295 del 12/06/2019, E., Rv. 277218 – 01).
Ciò impone di considerare anche le articolate valutazione compiute, su tale specifico aspetto, dal Tribunale di Rieti; quest’ultimo ha sottolineato che:
la suddetta versione alternativa, del tutto immotivatamente, non Ł stata fornita nell’immediatezza, ad opera dell’imputato;
i bossoli de quibus non risultano esser stati repertati e custoditi da terzi, all’indomani del preteso ritrovamento;
non vi Ł prova, prescindendo dalle mere asserzioni indimostrate, provenienti dal prevenuto, dell’epoca e del luogo dell’asserito rinvenimento.
Il Tribunale non ha mancato di aggiungere, peraltro, trattarsi di bossoli di una tipologia diffusa in ambito commerciale (come da affermazioni rese dal perito); trattasi di una circostanza che – a dire del Tribunale – anzitutto consente di ‘ipotizzare un’alternativa provenienza dei bossoli’ e che, in secondo luogo, depotenzia di qualsivoglia efficacia dimostrativa l’ulteriore argomento difensivo, fondato sul fatto che gli appartenenti alla Polizia Locale avessero in dotazione proprio una pistola semiautomatica calibro 9×21.
Il secondo motivo, che censura l’entità della pena, deve essere dichiarato inammissibile. Il giudice di merito, infatti, non ha affatto omesso di motivare sul punto, avendo valorizzato – anche ai fini dell’art. 133 cod. pen. – le caratteristiche del fatto e la personalità del soggetto; dal complesso
della motivazione, in ogni caso, emergono motivate valutazioni negative circa la personalità dell’imputato.
Quanto invece alla censura inerente all’applicazione della contestata recidiva, giova precisare che l’apprezzamento di tale circostanza – nella sua portata di amplificazione sanzionatoria – va operato in concreto, alla stregua dei criteri espressi da Sez. U. n. 35738 del 27/05/2010, CalibŁ, Rv 247838 (cfr. Sez. 2, n. 10988 del 07/12/2022, dep. 2023 Antignano, Rv. 284425 – 01 e Sez. 3, n. 33299 del 16/11/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 270419 – 01). La giurisprudenza di legittimità quanto allo specifico tema – ha evidenziato come gravi sul giudice il dovere di verificare, in concreto, se la reiterazione dell’illecito sia da ritenersi sintomo effettivo di accentuata riprovevolezzadella condotta, oltre che di maggior pericolosità del suo autore, avuto riguardo alla natura dei reati, al tipo di devianza di cui essi sono il segno, alla qualità e al grado di offensività dei comportamenti, alla distanza temporale tra i fatti e al livello di omogeneità esistente tra loro, all’eventuale occasionalità della ricaduta e ad ogni altro parametro individualizzante, significativo della personalità del reo e del grado di colpevolezza, al di là del mero e indifferenziato riscontro formale dell’esistenza di precedenti penali.
Tale indagine risulta compiuta – durante il giudizio di merito – in maniera esaustiva e lineare, in particolare ad opera del Tribunale, che si Ł anzitutto premurato di sottolineare come Zappaterreno annoveri plurime condanne, per reati dolosi anche omogenei rispetto a quello per il quale si procede. Tale dato oggettivo, saldandosi alla perfezione con la natura dei fatti ora sottoposti a giudizio, manifesta secondo il Tribunale una radicata forma di indifferenza verso il precetto penale. Risulta provata, pertanto, la sussistenza di una accresciuta pericolosità sociale dell’imputato, che ha mostrato una crescente propensione verso la specifica tipologia delittuosa.
La struttura argomentativa della avversata decisione, quindi, Ł logica e priva del pur minimo profilo di contraddittorietà; essa non risulta in alcun modo scalfita, infine, dalle argomentazioni difensive, che sono di tenore meramente confutativo.
Alla luce delle considerazioni che precedono, si impone il rigetto del ricorso; segue ex lege la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così Ł deciso, 22/01/2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente NOME COGNOME
NOME COGNOME