Porto Abusivo d’Armi: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile
L’ordinanza della Corte di Cassazione, sez. 7 Penale, n. 22801 del 2024, offre un importante chiarimento sui limiti del giudizio di legittimità, in particolare quando si tratta di reati come il porto abusivo d’armi. La Suprema Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato, condannato in primo e secondo grado, che cercava di ottenere una rivalutazione dei fatti e una diversa qualificazione giuridica del reato. Analizziamo la decisione per comprenderne le ragioni e le implicazioni.
I fatti del caso: la condanna in Appello
Un uomo veniva condannato dalla Corte d’Appello di Sassari alla pena di un anno di reclusione e 6.000 euro di multa per il reato di porto illegale di arma da fuoco, previsto dagli articoli 4 e 7 della legge n. 895/67. Il fatto era avvenuto in un piccolo comune in provincia di Nuoro nell’aprile del 2016.
La condanna si basava su una ricostruzione indiziaria degli spostamenti dell’imputato nel giorno del delitto. Secondo i giudici di merito, l’uomo, dopo essersi allontanato da un bar a bordo della propria auto per fare rifornimento, si era recato a un incontro con un’altra persona, ferendola con una pistola. L’arma, legalmente detenuta, era stata poi ritrovata all’interno del suo veicolo. Questa ricostruzione escludeva che l’imputato avesse avuto il tempo di rientrare a casa per depositare l’arma prima dell’evento.
Le ragioni del ricorso: una diversa ricostruzione
L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione, sostenendo principalmente due punti:
1. Erronea applicazione della legge: a suo dire, la Corte d’Appello aveva sbagliato a qualificare il reato secondo la legge n. 895/67.
2. Mancata riqualificazione: chiedeva che la condotta fosse inquadrata nel meno grave reato di cui all’art. 699 del codice penale (porto abusivo di armi).
Entrambi i motivi si fondavano, in sostanza, su una critica alla ricostruzione dei fatti operata dai giudici di merito. L’imputato proponeva una versione alternativa, che però implicava una nuova valutazione delle prove, come gli orari degli spostamenti e le condizioni dei luoghi.
La decisione sul porto abusivo d’armi: il ruolo della Cassazione
La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, dichiarandolo inammissibile. La decisione si fonda su un principio cardine del nostro ordinamento processuale: il ruolo della Corte di Cassazione non è quello di un terzo grado di giudizio nel merito.
La distinzione tra questioni di fatto e di diritto
La Suprema Corte ha ribadito che il suo compito è verificare la corretta applicazione della legge (giudizio di diritto) e la logicità della motivazione, non riesaminare le prove e ricostruire i fatti (giudizio di fatto). Le critiche dell’imputato, definite “censure in fatto”, chiedevano proprio una nuova valutazione del materiale probatorio, un’attività preclusa in sede di legittimità. I giudici di merito avevano già vagliato gli elementi a disposizione, giungendo a una conclusione logica e coerente.
Le conseguenze sull’istituto della prescrizione
Un altro aspetto interessante riguarda la prescrizione. Il ricorrente sperava che, nel tempo necessario per il giudizio, il reato si estinguesse. Tuttavia, la Cassazione ha chiarito che l’inammissibilità del ricorso impedisce di dichiarare estinto il reato per prescrizione. In altre parole, un ricorso palesemente infondato non può essere utilizzato come strumento per “guadagnare tempo” e attendere la scadenza dei termini.
Le motivazioni della Corte
La Corte ha motivato la sua decisione sottolineando come la ricostruzione operata dalla Corte d’Appello fosse basata su un “ragionamento indiziario stringente e persuasivo”. Gli spostamenti dell’imputato erano stati tracciati in modo coerente, portando alla logica conclusione che l’arma era stata portata illegalmente fuori dalla sua abitazione. Di conseguenza, la qualificazione giuridica del reato come porto abusivo d’armi ai sensi della L. 895/67 era una diretta conseguenza di tale accertamento fattuale. Poiché le censure del ricorrente miravano a scardinare questa ricostruzione, esse si ponevano al di fuori del perimetro del giudizio di cassazione.
Le conclusioni e le implicazioni pratiche
Questa ordinanza conferma un principio fondamentale: non si può adire la Corte di Cassazione sperando in un ‘terzo tempo’ processuale per rimettere in discussione le prove. Il ricorso in sede di legittimità deve basarsi su vizi di legge o su palesi illogicità della motivazione, non su una diversa interpretazione dei fatti. Per gli imputati e i loro difensori, ciò significa che le battaglie sulla ricostruzione degli eventi devono essere combattute e vinte nei primi due gradi di giudizio. Per il sistema giustizia, rappresenta un meccanismo di sbarramento contro ricorsi dilatori, garantendo che la Corte Suprema si concentri sulla sua funzione nomofilattica, ovvero quella di assicurare l’uniforme interpretazione della legge.
Perché il ricorso dell’imputato è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché si basava su “censure in fatto”, ovvero contestava la ricostruzione degli eventi e la valutazione delle prove effettuate dalla Corte d’Appello. Questo tipo di riesame non è consentito nel giudizio di Cassazione, che si limita a verificare la corretta applicazione della legge.
Quale principio ha ribadito la Corte riguardo al suo ruolo?
La Corte di Cassazione ha ribadito che il suo non è un terzo grado di giudizio nel merito. Non può sostituire la propria valutazione delle prove a quella dei giudici dei gradi precedenti, ma deve solo controllare la logicità della motivazione e la corretta interpretazione delle norme giuridiche.
Cosa ha stabilito la Corte in merito alla prescrizione del reato?
La Corte ha affermato che, data l’inammissibilità del ricorso, non è possibile dichiarare l’estinzione del reato per prescrizione. L’inammissibilità impedisce alla Corte di esaminare qualsiasi questione relativa al merito della causa, inclusa quella sulla decorrenza dei termini di prescrizione.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 22801 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 22801 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 23/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a ORUNE il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 03/10/2023 della CORTE APPELLO SEZ.DIST. di SASSARI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
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RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Esaminato il ricorso proposto avverso la sentenza del 3 ottobre 2023, con la quale la Corte di appello di Sassari confermava la decisione impugnata, con cui NOME COGNOME era stato condannato alla pena di un anno di reclusione ed C 6.000.00 di multa, per il reato di cui agli artt. 4 e 7 legge n. 895/67, commesso in Lodè il 22/04/2016;
Esaminata la memoria difensiva in data :14/02/2024, nella quale il ricorrente ha insistito nei motivi di ricorso sottolineando la censura sulla erronea applicazione al caso concreto delle norme di cui agli artt. 4 e 7 I.n. 895/67 e sulla mancata riqualificazione della condotta ai sensi dell’art. 699 cod. pen.;
Ritenuto che con il primo motivo si chiede il riesame nel merito della vicenda processuale, che risulta vagliato dalla Corte di appello di Sassari nel rispetto delle regole della logica e delle risultanze processuali (tra le altre, Sez. 1, n. 46566 del 21/02/2017, M., Rv. 271227 – 01); in base a dati certi con stringente e persuasivo ragionamento indiziario sono stati ricostruiti gli spostamenti di NOME prima di incontrare NOME COGNOME e quindi ferirlo con la pistola che egli deteneva legalmente (alle ore 16,00 si trovava al INDIRIZZO, da lì si era allontanato a bordo della propria Fiat Panda per fornirsi di carburante e da lì si era recato alle 18,00 dal COGNOME, dove avvenne il fatto; non aveva quindi avuto modo di rientrare con la pistola prima delle 18,00 e l’arma era stata rinvenuta nella sua Fiat Panda);
che l’inquadramento della condotta nell’illecito di cui agli artt. 4 e 7 I.n. 895/67 è pertanto derivato da una ricostruzione degli elementi indiziari e da una valutazione delle condizioni dei luoghi dove l’arma è stata portata;
che l’invocata qualificazione del fatto ai sensi dell’art. 699 c.p. si basa dunque su censure in fatto non ammesse nel giudizio di cassazione;
che in considerazione dell’inammissibilità del ricorso il termine di prescrizione non può dirsi perento, essendo intervenuta la sentenza impugnata prima che esso spirasse in considerazione del termine massimo prorogato di anni sette e mesi sei (21/01/2023);
Per queste ragioni, il ricorso va dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non ricorrendo ipotesi di esonero, al versamento di una somma alla Cassa delle ammende, determinabile in tremila euro, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 23 maggio 2024
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Consigliere COGNOME