Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 21116 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 21116 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 21/03/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a CAUTANO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 07/04/2023 della CORTE d’APPELLO di NAPOLI
in cui sono parti civili
NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, COGNOME NOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, COGNOME NOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME,NOME COGNOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME; COGNOME COGNOME , COGNOME , COGNOME , visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
udito il AVV_NOTAIO che ha concluso chiedendo l’inammissibilità.
,,, udito il difensore, AVV_NOTAIO che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’impugnato provvedimento la Corte d’appello di Napoli ha parzialmente riformato la sentenza del Tribunale di Benevento del 18 gennaio 2020 che aveva condannato NOME COGNOME e NOME COGNOME per una serie di truffe pluriaggravate, millantato credito e falsi in certificaz anch’essi aggravati. Con la sentenza d’appello, esclusa una aggravante (art.61 n.5 c.p.) e ritenuto assorbito il millantato credito nell’ipotesi truffaldina, è stato dichiarato di non do
procedere per mancanza di querela con riferimento a due truffe (ai danni di tali NOME e NOME COGNOME), è stata ridotta la pena nei confronti di entrambi gli imputati, con conferma nel resto
Presentando ricorso per cassazione, la difesa dell’imputato formula i seguenti motivi:
con il primo motivo, lamentando violazione dell’art.606 lett. b) ed e) c.p.p., si conte l’apporto concorsuale dell’imputato alla condotta del COGNOME relativamente alla truffa di cui capo a). Le condotte del COGNOME intervenivano solamente una volta che l’importo veniva corrisposto al COGNOME dalla persona offesa di volta in volta truffata;
con il secondo motivo si deduce (ex art. 606 lett. b) ed e) c.p.p.) la errata valutazione de prove orali e documentali in relazione ai reati di falso (capo c) non avendo l’imputato partecipat per alcun profilo, alle condotte di falsificazione contestate;
con il terzo motivo si contesta la erronea applicazione della legge penale (art.606 lett. b) e) c.p.p.) in relazione al riconoscimento della aggravante ex art.61 n.9 c.p., dato che per rapporto di lavoro, per funzioni e per la natura della struttura in cui il COGNOME era inserito, configurava il pubblico servizio;
con il quarto motivo si deduce ex art. 606 lett. b) ed e) c.p.p. la tardività della quere art.124 c.p.. I fatti contestati, si sostiene, risalivano al più tardi alla primavera-estate 2 le querele son state presentate nel marzo 2017;
con il quinto motivo si contesta la violazione degli artt.157 e 161 c.p. ai sensi dell’art lett.b) c.p. poiché si è arbitrariamente configurata la condotta come un’unica truffa ai danni più persone anziché una pluralità di truffe con diversi sviluppi temporali;
con il sesto motivo di lamenta ex art. 606 lett.b) c.p.p. la determinazione in ordine all’en della pena.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso va accolto in relazione al quinto motivo. I quattro motivi c:he lo precedono so invece manifestamente infondati o comunque non consentiti mentre il sesto ed ultimo motivo risulta assorbito.
Va detto in premessa che, a prescindere dall’esclusione dell’aggravante, dell’assorbimento del millantato credito e della parziale dichiarazione di improcedibilità per mancanza di querela, si è in presenza di c.d. “doppia conforme” in punto affermazione della penale responsabilità dell’imputato per i fatti contestati, con la conseguenza che le due sentenze di merito possono essere lette congiuntamente in relazione all’accertamento del fatto, costituendo esse un unico corpo decisionale, essendo stati rispettati i parametri del richiamo della pronuncia di appello quella di primo grado e dell’adozione – da parte di entrambe le sentenze dei medesimi criteri nella valutazione delle prove (cfr., Sez. 3, n. 44418 del 16/07/2013, COGNOME, Rv. 257595; Sez. 2, n. 37295 del 12/06/2019, E., Rv. 277218).
2. Manifestamente infondati e meramente ripetitivi -e conseguentemente generici- sono i primi due motivi di ricorso. Lungi dal delineare un effettivo vizio di legittimità (il rife testuale è alla lettera b dell’art.606 c.p.p.) le doglianze articolate finiscono per contesta giudizio di responsabilità, ovvero il risultato probatorio cui sono approdati i giudici di me che, con valutazione conforme delle medesime emergenze istruttorie, sono stati concordi nel ritenere al contrario tali elementi pienamente e integralmente riscontrati all’esito de ricostruzione della concreta vicenda processuale. È in tal senso necessario ribadire che, ai fini della corretta deduzione del vizio di violazione di legge di cui all’art. 605, comma 1, lett c.p.p., il motivo di ricorso deve strutturarsi sulla contestazione della riconducibilità del f come ricostruito dai giudici di merito – nella fattispecie astratta delineata dal legislatore; cosa, invece, è, come accade sovente ed anche nel caso di specie, sostenere che le emergenze istruttorie acquisite siano idonee o meno a consentire la ricostruzione della condotta di cui discute in termini tali da ricondurla al paradigma legale. Nel primo caso, infatti, vie effettivamente in rilievo un profilo di violazione di legge laddove si deduce l’erroneità dell’op di “sussunzione” del fatto (non suscettibile di essere rimessa in discussione in sede di legittimità) COGNOME alla fattispecie astratta; nel secondo caso, invece, la censura si risolve contestazione della possibilità di enucleare, dalle prove acquisite, una condotta corrispondente alla fattispecie tipica che è, invece, operazione prettamente riservata al giudice di merito.
Con le censure svolte nei primi due motivi il ricorrente contesta l’approdo decisionale cui sono pervenuti i giudici di merito nell’affermare il suo apporto causale alle truffe, a disp della tesi difensiva che adduce la posteriorità del contributo fattuale del COGNOME COGNOME a quan già compiuto (e conseguito) da NOME COGNOME, che si interfacciava direttamente con le persone truffate ricevendone il profitto illecito. Sennonché, si osserva congruamente in sentenza sul punto (pg.8), la tesi non si confronta né con l’esito delle perquisizioni in ca dell’imputato, che hanno portato al rinvenimento di documentazione utilizzata dagli imputati per rafforzare l’inganno, né con la mancanza di spiegazione sulla destinazione finale del denaro ricevuto da (almeno alcune delle) vittime del reato. A conferma che il ruolo del COGNOME non possa essere affatto svalutato e ‘derubricato’ a favoreggiamento o post-factum non punibile v’è poi il contenuto delle intercettazioni (pur esso menzionato nella motivazione, senza replica nel ricorso) ed in particolare della n.19 da cui si desume la piena consapevolezza e condivisione di intenti tra i due imputati, nonché le dichiarazioni delle persone offese, che attesta dell’impegno profuso da entrambi gli imputati, evidentemente in esecuzione di un piano condiviso, nel rassicurare le vittime. In sostanza, emerge il quadro di una attività condivisa s in relazione alla truffa che alla prodromica e connessa attività di falsificazione (cfr. pg .9 della motivazione sul punto). Si è trattato di una complessa iniziativa ingannatoria, orchestrata da entrambi e che ha richiesto il contributo di entrambi, seppure con suddivisione dei ruoli necessaria per la buona riuscita complessiva dell’operazione.
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Il terzo motivo, che mira ad escludere l’aggravante contestata ex art.61 n.9 c.p., è manifestamente infondato.
Occorre considerare, in linea preliminare, che l’art. 358 c.p. non consente di desumere la qualifica di incaricato di pubblico servizio dalla mera natura dell’ente di appartenenza, in quant il pubblico servizio, rilevante ai sensi dell’art.61 n. 9 c.p. può essere svolto sia da sogg privati che da soggetti pubblici (Sez. 6, n. 5550 del 16/12/2021, COGNOME). A seguito della legge 26 aprile 1990, n. 86, il legislatore ha, infatti, delineato la nozione di incaricato di un pub servizio ex art. 358 cod. pen. (come quella di pubblico ufficiale, art. 357 cod. pen.) second una concezione oggettivo-funzionale, che ha superato il riferimento presente nella disciplina previgente al «rapporto di dipendenza con la pubblica amministrazione», e che si incentra sul regime giuridico dell’attività concretamente esercitata. Il perseguimento dell’interesse pubblico è, del resto, pienamente compatibile con il ricorso a forme non imperative dell’attività svolta dunque, con un regime integralmente privatistico della stessa. Ne discende che, ai fini del riconoscimento della qualifica predetta agli effetti della legge penale, non deve aversi riguardo alla natura dell’ente da cui lo stesso dipende, né alla tipologia del relativo rapporto di impie né ancora all’esistenza di un formale rapporto di dipendenza con lo Stato o con l’ente pubblico, ma deve valutarsi esclusivamente la natura dell’attività effettivamente espletata dall’agente, ancorché lo stesso sia un soggetto “privato”. La giurisprudenza di legittimità ha, inoltre affermato che il parametro di delimitazione esterna del pubblico servizio è identico a quello della pubblica funzione ed è costituito da una regolamentazione di natura pubblicistica, che vincola l’operatività dell’agente o ne disciplina la discrezionalità in coerenza con il principi legalità, senza lasciare spazio alla libertà di agire quale contrassegno 1:ipico dell’autonomia privata (Sez. 6, n. 53578 del 21/10/2014, COGNOME, Rv. 261835; Sez. 6 n. 39359 del 07/03/2012, COGNOME, Rv. 254337). Ciò premesso in linea generale, la Corte di merito ha poi correttamente identificato (pg.10) la natura pubblicistica della attività svolta in convenzio dalla RAGIONE_SOCIALE, in base alla giurisprudenza di legittimità, a partire dalla fondamenta sentenza Delogu (Sez. U, n. 7958 del 27/03/1992 Rv. 191174 – 01). Il successivo passaggio, che appunta sul COGNOME lo svolgimento di un pubblico servizio alla luce delle funzioni (anche certificative) da costui svolte presso lo sportello accettazione e ricoveri dell’Istituto è del congruo. Infatti, lungi dallo svolgere funzioni meramente manuali o d’ordine, l’attività svolta un ufficio che interloquisce con il pubblico, oltre a manifestare il ‘volto’ dell’aziend manifesta anche la volontà, con la facoltà di rilasciare documenti che impegnano l’ente sul piano della programmazione dell’attività (si pensi alla fissazione di appuntamenti) e della emissione di certificazioni ovvero con l’attestazione del ricevimento di documentazione ed il relativo sub-procedimento di datazione, che, come ovvio, è fidefacente. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Il quarto motivo, che deduce la tardività della querela, è generico poiché, a fronte della ricostruzione della sentenza d’appello, che colloca all’epoca della convocazione delle persone offese da parte delle forze dell’ordine il momento in cui le prime maturarono la piena
consapevolezza o quanto meno il concreto sospetto di essere stati vittime di una truffa, non formula alcuna ipotesi alternativa sulla data in cui ciò sarebbe avvenuto.
Poiché non è il compimento di una parte della condotta, ancorché conclusiva, a rendere sempre evidente l’intento e la natura truffaldina dell’attività svolta, che può rivelarsi anc distanza di tempo, è necessario, formulando la relativa eccezione di tardività, dimostrare il proprio assunto, secondo le regole generali, a incominciare dall’indicazione della data alternativa che si reputa rilevante. La difesa accontentandosi nelle ultime pagine di indicare l data dell’ultimo pagamento da parte delle persone offese, non ha assolto al proprio onere.
Risulta invece fondato l’ulteriore motivo di ricorso, il quinto, con conseguent assorbimento del sesto, inerente al trattamento sanzionatorio.
Infatti, destituita di fondamento logico e giuridico è l’affermazione, adottata a premessa de calcolo della prescrizione, della appartenenza di tutte le condotte truffaldine ad un’unica truf ai danni di più persone.
Non v’è nulla, in concreto, che predichi in tal senso, dato che le specifiche condotte hanno avuto ‘di mira’ singoli interessati all’assunzione da parte dell’RAGIONE_SOCIALE sanitaria nell’a della quale operavano i due imputati. Non può quindi parlarsi di un’attività decettiva collettiv né di una esecuzione prolungata della truffa che abbia avvinto unitariamente più persone.
La sentenza va pertanto annullata, con rinvio ad altra Sezione della Corte d’appello di Napoli che dovrà procedere al ricalcolo, in relazione a ciascun episodio, della eventuale prescrizione, non essendo disponibili, negli atti concretamente consultabili da questa Corte, tutti i d necessari per procedervi autonomamente in questa sede.
Alla Corte d’appello è rimessa ogni eventuale questione relativa alle statuizioni civili relative spese.
P.Q.M.
Annulla la sentenza con rinvio ad altra Sezione della Corte d’appello di Napoli per nuovo giudizi anche in ordine alle statuizioni civili.