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Pluralità di fatti di bancarotta: no ne bis in idem

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 1514/2024, ha rigettato il ricorso di un amministratore condannato per bancarotta fraudolenta. La Corte ha stabilito che la pluralità di fatti di bancarotta, consistenti in distinti atti di distrazione di beni, costituisce una serie di reati autonomi e non un singolo fatto. Di conseguenza, una precedente condanna per un episodio distrattivo non impedisce un nuovo processo per un altro, escludendo l’applicazione del principio del ne bis in idem.

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Pubblicato il 19 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Pluralità di fatti di bancarotta: La Cassazione esclude il “ne bis in idem”

La Corte di Cassazione, con la recente sentenza n. 1514 del 2024, è tornata a pronunciarsi su un tema cruciale del diritto fallimentare: la pluralità di fatti di bancarotta. La decisione chiarisce in modo definitivo che molteplici e distinti atti di distrazione di beni, pur se commessi nell’ambito della medesima procedura concorsuale, non costituiscono un unico reato, ma episodi delittuosi autonomi. Questa interpretazione ha importanti riflessi sul principio del ne bis in idem, ovvero il divieto di essere processati due volte per lo stesso fatto.

I Fatti di Causa: Un’Accusa di Bancarotta e il Ricorso in Cassazione

Il caso trae origine dalla condanna, confermata in appello, di un amministratore di una S.p.A., dichiarata fallita nel 2004, per il reato di bancarotta fraudolenta distrattiva. L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione sostenendo di essere già stato condannato per il medesimo fatto con una precedente sentenza del Tribunale di Roma. A suo dire, l’atto di distrazione contestato nel nuovo procedimento (relativo a certi immobili) era parte della stessa, unitaria operazione delittuosa che aveva già portato alla sua condanna (relativa alla distrazione di un altro complesso immobiliare).

La pluralità di fatti di bancarotta e il principio del Ne Bis in Idem

Il cuore della questione legale risiede nella corretta interpretazione del concetto di “medesimo fatto” ai fini dell’applicazione dell’art. 649 c.p.p. (ne bis in idem). La difesa sosteneva che le varie distrazioni patrimoniali fossero solo segmenti di un unico piano criminoso, e che quindi la prima sentenza avesse già “coperto” l’intera condotta.

La Distinzione tra “Unica Operazione” e “Fatti Autonomi”

La Corte Suprema, tuttavia, ha respinto questa tesi. Richiamando un consolidato orientamento, ha ribadito che l’identità del fatto sussiste solo in presenza delle medesime condizioni di tempo, luogo e persone. Un’ulteriore condotta, anche se viola la stessa norma penale, costituisce un fatto diverso se distinta nello spazio e nel tempo da quella già giudicata. Pertanto, l’aver alienato un immobile in un comune non è lo stesso fatto dell’averne alienato un altro, situato in un comune diverso, a un destinatario differente, anche se entrambe le azioni danneggiano lo stesso patrimonio fallimentare.

Il Ruolo delle Sezioni Unite

La sentenza si fonda su un principio cardine stabilito dalle Sezioni Unite nel 2011 (sentenza Loy). In quella storica pronuncia, la Corte aveva chiarito che nel reato di bancarotta, la pluralità di fatti di bancarotta (ad esempio, più distrazioni) mantiene la propria autonomia. I singoli episodi delittuosi vengono unificati solo ai fini del trattamento sanzionatorio attraverso l’aggravante speciale prevista dall’art. 219 della legge fallimentare, che opera come una forma di continuazione derogativa e più favorevole rispetto a quella ordinaria dell’art. 81 c.p. Di conseguenza, il giudicato formatosi su un episodio di bancarotta non impedisce la perseguibilità di un altro e diverso fatto di bancarotta commesso nell’ambito dello stesso fallimento.

Le Motivazioni della Cassazione

Applicando questi principi al caso di specie, la Cassazione ha ritenuto il ricorso infondato. I giudici hanno sottolineato la diversità oggettiva dei beni oggetto dei due procedimenti: gli immobili del presente giudizio erano collocati in comuni diversi rispetto a quelli della precedente condanna. Inoltre, anche i destinatari delle attribuzioni patrimoniali erano differenti. Queste circostanze sono state considerate sufficienti per qualificare le condotte come fatti penalmente autonomi e distinti.

La Corte ha specificato che il carattere unitario dell’operazione economica, sostenuto dalla difesa, non è rilevante ai fini penali, poiché ciò che conta è l’autonomia delle singole azioni criminose. La diversità oggettiva e soggettiva delle distrazioni esclude in radice la possibilità di invocare il principio del ne bis in idem.

Le Conclusioni della Sentenza

Con la sentenza n. 1514/2024, la Corte di Cassazione conferma un’interpretazione rigorosa del concetto di “medesimo fatto”, specialmente in materia di reati fallimentari. La decisione implica che un imprenditore o amministratore che compie molteplici atti distrattivi può essere processato separatamente per ciascuno di essi, senza che una condanna precedente possa fungere da scudo. La pluralità di fatti di bancarotta non si fonde in un reato unico, ma genera tanti illeciti quanti sono gli atti di depauperamento del patrimonio. Il ricorso è stato quindi rigettato, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

Commettere più atti di distrazione di beni in un unico fallimento costituisce un solo reato?
No. Secondo la sentenza, ogni singolo atto di distrazione di beni distinti, commesso nell’ambito dello stesso fallimento, costituisce un autonomo illecito penale e non parte di un unico reato.

Una condanna per un atto di bancarotta impedisce un nuovo processo per un altro atto di distrazione di beni diversi?
No. La Corte ha stabilito che il giudicato formatosi su un determinato fatto di bancarotta non impedisce la perseguibilità di un altro e diverso atto distrattivo, poiché non si tratta del “medesimo fatto” ai fini del principio del ne bis in idem.

Come vengono unificati i diversi episodi di bancarotta ai fini della pena?
I singoli episodi delittuosi, pur essendo autonomi, vengono unificati ai soli fini del trattamento sanzionatorio attraverso l’applicazione dell’aggravante speciale prevista dall’art. 219, comma 2, n. 1 della legge fallimentare, che funziona come un’ipotesi particolare di continuazione tra reati.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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