Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 1514 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 1514 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 20/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a SANT’NOME COGNOME IONIO il 29/09/1959 il avverso la sentenza del 27/02/2023 della CORTE APPELLO di ROMA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore generale, dott. ssa NOME COGNOME la quale ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso e le conclusioni trasmesse nell’interesse dell’imputato, con le quali si insiste per l’accoglimento del ricorso.
Ritenuto in fatto
Con sentenza del 27 febbraio 2023 la Corte d’appello di Roma ha confermato la decisione di primo grado, che aveva condannato alla pena di giustizia NOME COGNOME in relazione al reato di bancarotta fraudolenta distrattiva che gli era stato contestato quale amministratore della RAGIONE_SOCIALE dichiarata fallita in data 19 febbraio 2004.
Nell’interesse dell’imputato è stato proposto ricorso per cassazione, affidato ad un unico motivo di seguito enunciato nei limiti richiesti dall’art. 173 disp. att. cod. proc. pen., con il quale si lamentano vizi motivazionali e violazione dell’art. 649 cod. proc. pen., per non avere la Corte territoriale preso atto del fatto che l’imputato era già stato condannato, con sentenza n. 2489/2018 del Tribunale di Roma per il medesimo fatto distrattivo avente ad oggetto il complesso immobiliare Condominio RAGIONE_SOCIALE trasferito alla RAGIONE_SOCIALE attraverso un atto di scissione parziale.
Sono state trasmesse, ai sensi dell’art. 23, comma 8, d.l. 28/10/2020, n. 137, conv. con I. 18/12/2020, n. 176, le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore generale, dott.ssa NOME COGNOME la quale ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso e conclusioni scritte nell’interesse dell’imputato, con le quali si contestano i rilievi del P.G. e si insiste per l’accoglimento del ricorso.
Considerato in diritto
1. Il motivo di ricorso è infondato.
Occorre premettere che, ai fini della preclusione del giudicato, l’identità del fatto è configurabile solo ove le condotte siano caratterizzate dalle medesime condizioni di tempo, di luogo e di persone, sicché costituisce fatto diverso quello che, pur violando la stessa norma e integrando gli estremi del medesimo reato, rappresenti ulteriore estrinsecazione dell’attività delittuosa, distinta nello spazio e nel tempo da quella pregressa (v., ex multis, Sez. 5, n. 18020 del 10/02/2022, COGNOME, Rv. 283371 – 01).
Con specifico riguardo alla materia dei reati fallimentari, va aggiunto che Sez. U, n. 21039 del 27/01/2011, Loy, Rv. 249665, in presenza di una pluralità di fatti di bancarotta commessi nell’ambito della medesima procedura concorsuale, hanno ritenuto che i singoli episodi delittuosi conservino la loro autonomia e siano unificati esclusivamente ai fini del trattamento sanzionatorio;
difatti, l’applicazione dell’aggravante prevista dall’art. 219, secondo comma, n. 1, I. fall. costituisce, in realtà, una ipotesi particolare di continuazione derogativa di quella ordinaria di cui all’art. 81, secondo comma, cod. pen. e più favorevole per l’imputato, poiché la pena base per il fatto più grave può essere aumentata al massimo nella misura di un terzo e perché, sul piano formale, l’aumento di pena discende dall’applicazione di un’aggravante, la cui efficacia sul trattamento sanzionatorio può anche essere esclusa per effetto del giudizio di bilanciamento tra le circostanze.
In tale contesto ricostruttivo, le Sezioni Unite hanno affermato espressamente che l’art. 219, secondo comma, n. 1, I. fall. opera sia nel caso di reiterazione di fatti riconducibili alla medesima operazione di bancarotta che in quello di commissione di più fatti tra quelli previsti indifferentemente dai precedenti artt. 216, 217 e 218 e che la diversità ontologica dei singoli fatti di bancarotta, unificati fittiziamente dall’art. 219, secondo comma, n. 1, I. fall. si riflette sul giudicato, in quanto il giudicato intervenuto su uno dei fatti non è di ostacolo alla perseguibilità di altro e diverso fatto di bancarotta relativo allo stesso fallimento.
Dall’applicazione dei principi sopra esposti consegue che non rileva che singole alienazioni aventi ad oggetto distinti immobili di proprietà dell’imprenditore fallito costituiscano componenti di un’unica operazione, poiché i plurimi fatti di bancarotta nell’ambito del medesimo dissesto fallimentare rimangono naturalisticamente e giuridicamente apprezzabili in termini differenziati se, come nel caso di specie, riconducibili a distinte azioni criminose, e sono da considerare e da trattare come fatti autonomi, ciascuno dei quali costituisce un autonomo illecito penale.
Nel caso di specie, peraltro, rispetto alla distinzione oggettiva dei beni oggetto della precedente sentenza invocata dal ricorrente (gli immobili, come puntualizzato dalla Corte territoriale, peraltro, sono collocati in Comuni diversi rispetto al Comune di Darfo Boario Terme interessato dalle operazioni di cui al presente procedimento), il ricorso tace del tutto, se non per insistere sul carattere unitario dell’operazione. Accanto alla diversità della collocazione topografica degli immobili – che, peraltro, rende del tutto irrilevante il fatto che nel capo di imputazione del presente procedimento siano indicati gli estremi catastali, poiché l’assenza di questi, nel distinto procedimento definito con la sentenza n. 2489 del 2018 del Tribunale di Roma, non crea alcuna area di equivocità identificativa- va anche valorizzata la diversità dei destinatari della attribuzioni ritenute distrattive.
Deve solo aggiungersi che, essendo stata ritenuta la circostanza aggravante ad effetto speciale di cui all’art. 219, primo comma, I. fall., della quale occorre
tener conto ai sensi dell’art. 157, secondo comma, cod. pen., il termine di prescrizione (art. 157, primo e secondo comma, e 161, secondo comma, cod. pen.) di diciotto anni e nove mesi decorrenti dalla data della sentenza dichiarativa di fallimento (19 febbraio 2004), sarebbe spirato il 12 novembre 2022, se non si fossero registrati 538 giorni di sospensione (due rinvii per adesione della difesa all’astensione proclamata dagli organismi di categoria: dal 13 giugno 2017 al 26 febbraio 2018 e dal 9 maggio 2019 al 17 febbraio 2020). Per effetto di tale sospensione, il termine di prescrizione è quello del 10 maggio 2024.
Alla pronuncia di rigetto consegue, ex art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che, in ragione delle questioni dedotte, appare equo determinare in euro 3.000,00.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 20/12/2023