Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 47235 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 47235 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 12/09/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
COGNOME NOME nato a TORTONA il 16/08/1976
NOME nato a LAMEZIA TERME il 12/04/1982
COGNOME NOME nato a LAMEZIA TERME il 30/06/1984
avverso la sentenza del 20/11/2023 della CORTE APPELLO di CATANZARO
letta la requisitoria scritta del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’annullamento senza rinvio per estinzione dei reati per visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME prescrizione
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza in preambolo la Corte di Appello di Catanzaro, in parziale riforma di quella del Giudice per le indagini preliminari della stessa città in dat novembre 2016, per ciò che qui interessa, ha confermato l’affermazione di responsabilità di NOME COGNOME per il reato di cui all’art. 4, comma 2 let. a), 895 del 1967, relativamente ad una pistola calibro 9×21, aggravato dall’avere commesso il fatto in più persone riunite (capo b), di NOME COGNOME (classe 82) e NOME COGNOME (classe 84) per il reato di favoreggiamento personale per avere aiutato NOME, NOME NOME e NOME COGNOME a eludere le investigazioni, rispettivamente contestato ai capi c) e d) dell’imputazione.
La vicenda oggetto di scrutinio riguarda l’esplosione, da parte di NOME e NOME COGNOME di numerosi colpi d’arma da fuoco all’indirizzo dell’autovettura sulla quale viaggiavano NOME e NOME COGNOME insieme a NOME COGNOME.
La provvista probatoria è costituta essenzialmente dalle dichiarazioni di diversi collaboratori di giustizia e, tra questi, NOME COGNOME dir protagonista della vicenda in quanto passeggero dell’auto fatta oggetto dei colpi.
Avverso tale sentenza ricorre NOME COGNOME per il tramite dei difensori di fiducia, avv. NOME COGNOME e NOME COGNOME e deduce tre motivi di ricorso.
2.1. Con il primo lamenta l’erronea applicazione dell’art. 4, comma secondo, I. 895 del 1967.
Dalle dichiarazioni del collaboratore di giustizia NOME COGNOME – poste a fondamento dell’affermazione di responsabilità – emergerebbe l’insussistenza dell’aggravante della commissione del fatto in più persone riunite, essendo chiaro, dalla ricostruzione da questi fornita della dinamica del fatto, che condotta contestata fosse ascrivibile esclusivamente al ricorrente che, fermata l’autovettura a bordo della quale viaggiava, puntò all’indirizzo delle vittime u pistola calibro 9×21 ed esplose più colpi all’indirizzo dell’autovettura su viaggiavano NOME e NOME COGNOME, nonché NOME COGNOME (classe 82). Di tanto sarebbe conferma la argomentazioni – il Giudice di Trovato dal reato di tentato condotta di porto delle armi. circostanza che – sulla scorta delle medesime primo grado aveva assolto NOME e NOME omicidio, siccome ritenuti estranei anche alla
2.2. Con il secondo motivo maturata prima della sentenza giudice di merito. si eccepisce l’intervenuta prescrizione del reato, impugnata ed erroneamente non dichiarata dal
Osserva la difesa che – difformemente dall’indicazione contenuta nell’imputazione che colloca il fatto «in data anteriore prossima al 9 marz 2010» – il collaboratore di giustizia NOME COGNOME riferisce come l’agguato si avvenuto nell’anno 2008 e, segnatamente, quale reazione alla lite intercorsa tra le vittime e il gruppo dei Trovato presso la discoteca “Il INDIRIZZO” di Nocer Terinese.
Così, una volta esclusa l’aggravante delle più persone riunite, il rea sarebbe prescritto nel termine di dodici anni e sei mesi, già spirato al momento della discussione del giudizio di appello. Né potrebbe considerarsi l’aumento per la pur contestata recidiva che, non è stata ritenuta dal giudice di prime cure ch difatti, non ne ha fatto menzione nel calcolo della pena.
Segnala, infine, la difesa che il tema della prescrizione del reato era sta devoluto nei motivi di appello e, segnatamente, a pagina 12 dell’atto a firm dell’avvocato COGNOME senza ricevere risposta.
2.3. Con il terzo motivo il ricorrente lamenta la violazione dell’articolo 62-bis cod. pen. e il correlato vizio di motivazione.
La motivazione fornita dal Giudice di appello a conferma del diniego del beneficio in parola sarebbe insufficiente, anche alla stregua della lontananza de precedenti penali di cui il reo è gravato, nonché in considerazione de ridimensionamento della sua posizione processuale, derivato dalla soluzione del più grave reato di cui al capo a).
Ricorre altresì NOME COGNOME con atto a firma dell’avv. NOME COGNOME e deduce tre motivi.
3.1. Con il primo, articolato motivo, deduce l’erronea applicazione degli artt. 378 cod. pen. e 63 cod. proc. pen. e il vizio di motivazione.
Il Giudice di appello, a fronte di espressa censura, ha trascurato d considerare che – una volta che il giudice di primo grado aveva assolto NOME, NOME, NOME e NOME COGNOME dal reato di tentato omicidio e aveva posto a ragione di tale decisione il narrato dei collaboratori di giustizia secondo cu gruppo dei COGNOME, dopo aver esploso i primi colpi, avevano cessato il fuoco e avevano riparato l’auto su cui viaggiavano le vittime – COGNOME COGNOME, nelle prime dichiarazioni, affermando di non essere mai stato vittima di un tentato omicidio per mano dei fratelli COGNOME ha detto agli inquirenti null’altro che verità.
Quanto, poi, all’affermazione, resa in occasione delle successive sommarie informazioni testimoniali del 5 febbraio 2014, nella cui occasione egli negò di essere stato attinto da colpi di arma da fuoco nei primi mesi del 2010, all’inter di un’autovettura nella disponibilità di NOME COGNOME, il ricorrente ne eccepis
l’inutilizzabilitàtdell’articolo 63 cod. proc. pen.: il nuovo ascolto di NOME COGNOME sarebbe stato, infatti, determinato dal mancato credito che g investigatori hanno dato alle sue prime dichiarazioni, sicché, egli avrebbe dovuto essere ascoltato con le garanzie della disposizione appena citata.
Ritiene, inoltre, la difesa che il medesimo vizio sanzionato con l’inutilizzabilità inficerebbe anche le prime dichiarazioni di COGNOME, quelle del febbraio 2014, in occasione delle quali i verbalizzanti erano già a conoscenza delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia in relazione alla dinamic all’identità dei partecipanti del presunto agguato, con la conseguenza che il su esame avrebbe dovuto essere sospeso e si sarebbe dovuta dare lettura degli avvisi e delle garanzie di cui all’art. 63 cod. proc. pen.
Da ultimo, la difesa segnala come l’episodio di favoreggiamento personale per cui è condanna sarebbe assorbito dall’intervenuta condanna dello stesso per il reato di cui all’articolo 416-bis, trattandosi di condotta di ausilio in favore associati.
3.2. Con il secondo motivo si eccepisce la prescrizione del reato.
Poiché il giudice di primo grado nel calcolo della pena non ha applicato la pur contestata recidiva, il reato si è inevitabilmente estinto per prescrizione.
3.3. Il terzo motivo denuncia l’errore di calcolo nella dosimetria della pen contenuto nella sentenza di primo grado, acriticamente confermato dal giudice di appello: premesso che il Giudice per le indagini preliminari è partito da una pena base di quattro anni di reclusione, ridotta unicamente per il rito abbrevia prescelto nella misura “secca” di un terzo, la pena finale da irrogare era quella due anni otto mesi di reclusione e non quella di due anni nove mesi e dieci giorn di reclusione irrogata.
Ricorre, infine, NOME COGNOME e, per il tramite del difensore di fiduci avv. NOME COGNOME denuncia due motivi.
4.1. Con il primo lamenta la violazione dell’articolo 192 cod. proc. pen. e viz di motivazione in punto di conferma della responsabilità dell’imputato.
Con i motivi di appello l’imputato aveva dedotto l’assenza di prova, oltre i ragionevole dubbio, della sua presenza durante il presunto agguato, ma la Corte di appello non avrebbe dato alcuna motivazione e, d’altro canto, non avrebbe potuto fare diversamente attesa l’evidente mancanza di convergenza delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia su tale specifico punto.
Nelle pagine da 2 a 5 del ricorso, la difesa svolge un’articolata critica a dichiarazioni di ciascuno dei collaboratori di giustizia (NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME (classe 86), NOME COGNOME, NOME COGNOME
COGNOME e NOME COGNOME), evidenziando distonie e incongruenze tali da non poter fondare la tesi della presenza del ricorrente sul luogo dei fatti.
4.2. Con il secondo motivo eccepisce l’inutilizzabilità, per violazion dell’articolo 63 cod. proc. pen., delle dichiarazioni rese rispettivamente in da febbraio 2014 e il 7 febbraio 2014, sul cui contenuto è fondata l’affermazione d responsabilità per il reato di favoreggiamento personale.
Il ricorrente sviluppa censure analoghe a quelle contenute nel ricorso di NOME COGNOME alla cui sintesi si rinvia.
Il Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME intervenuto con requisitoria scritta depositata in data 11 luglio 2024, ha chiesto l’annullamen senza rinvio della sentenza impugnata per essersi i reati estinti per prescrizion
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso di NOME COGNOME non supera il vaglio di ammissibilità, mentre la sentenza impugnata dev’essere annullata senza rinvio nei riguardi nei confronti di NOME COGNOME e, per l’effetto estensivo, anche nei confronti di NOME COGNOME perché il reato di favoreggiamento loro rispettivamente ascritto ai cap c) e d) dell’imputazione è estinto per prescrizione.
Quanto al ricorso di NOME COGNOME il ricorso è inammissibile per le ragioni che si espongono di seguito.
1.1. Il primo motivo di ricorso è inammissibile sotto più profili.
La sussistenza dell’aggravante di cui all’art. 4, comma secondo leta.a), I. 89 del 1967, dell’essere il fatto commesso da più persone riunite, è stato oggetto ampia motivazione nelle p. 16 e 17 della sentenza di primo grado, ma la questione agitata con il ricorso per cassazione non è stata devoluta con i motiv di appello, come direttamente rilevato dal Collegio e come, peraltro, risulta dal sintesi svolta dalla Corte di appello, la cui completezza rispetto alle deduzi avanzate dall’imputato in secondo grado non è stata revocata in dubbio.
L’ammissibilità della censura è, dunque, preclusa dal disposto di cui all’art 606, comma 3, cod. proc. pen.
In tema di ricorso per cassazione, invero, la regola desumibile dal combinato disposto degli artt. 606, comma 3, e 609, comma 2, cod. proc. pen. – secondo cui non possono essere dedotte in cassazione questioni non prospettate nei motivi di appello, tranne che si tratti di questioni rilevabili di ufficio in ogni e grado del giudizio o di quelle che non sarebbe stato possibile dedurre in grado d’appello – trova la sua ratio nella necessità di evitare che possa sempre essere
rilevato un difetto di motivazione della sentenza di secondo grado con riguardo a un punto del ricorso non investito dal controllo del giudice di appello, perché no segnalato con i motivi di gravame, punto su cui, quindi, il giudice di secondo grado abbia correttamente omesso di pronunziarsi in quanto esso non era stato devoluto alla sua cognizione (Sez. 2, n. 13826 del 17/02/2017, Bolognese, Rv. 269745 – 01; Sez. 5, n. 28514 del 23/04/2013, COGNOME, Rv. 255577 01; Sez. 4, n. 10611 del 4/12/2012, dep. 2013, COGNOME, Rv. 256631 – 01). In tal senso, il limite desumibile dalla disciplina indicata, riguardo alla deducibilità con il ricorso per cassazione di questioni che non abbiano costituit oggetto dei motivi di gravame, è posto per evitare il rischio che in sede legittimità sia annullato il provvedimento impugnato con riferimento a un punto della decisione rispetto al quale si configura a priori un inevitabile difett motivazione per il solo fatto che lo stesso sia stato intenzionalmente sottrat alla cognizione del giudice di appello (Sez. 2, n. 29707 del 08/03/2017, COGNOME, Rv. 270316- 01), salvo che la proposizione delle questioni non sollevate prima non costituisca l’effetto della diretta controdeduzione agli argomenti nuovi enunciati “a sorpresa” dal giudice dell’impugnazione di merito in funzione risolutiva, allorché, per l’assoluta imprevedibilità della loro rilevanza, questioni rientrino tra quelle non sarebbe stato possibile dedurre in grado appello, come tali oggetto di ammissibile delibazione dalla Corte di Cassazione, ai sensi dell’art. 609, comma 2, cod. proc. pen. (Sez. 3, n. 35494 d 17/06/2021, Razzauti, Rv. 281852 – 01).
Il motivo – anche ove ammissibile – sarebbe, comunque, manifestamente infondato.
Secondo l’incontestata ricostruzione dei giudici di merito e secondo quanto afferma lo stesso ricorrente, l’azione si svolse alla presenza quam minime di NOME e NOME COGNOME (deceduto).
Sicché l’affermazione contenuta nel ricorso – secondo cui l’aggravante non sarebbe configurabile perché «il porto in luogo pubblico dell’arma e la relativ azione lesiva appaiono ascrivibili al solo NOME Franco e non ad altro coimputato, anche alla stregua del fatto che la sentenza di primo grado assolveva NOME e NOME COGNOME » per non avere costoro avuto alcuna specifica condotta nel reato di detenzione porto in luogo pubblico delle armi da fuoco – identifica, erroneamente, la circostanza aggravante con la generica ipotesi di concorso di persone nel reato.
Sul punto, sebbene con riferimento ad altra fattispecie criminosa (estorsione), ma con ragionamento trasponibile al caso che ci occupa, le Sezioni Unite di questa Corte (Sez.U, n. 21837 del 29/03/2012, COGNOME, Rv.252518 – 01) che hanno chiarito che la circostanza aggravante speciale delle più persone
riunite richiede la simultanea presenza di non meno di due persone nel luogo ed al momento di realizzazione della condotta (nel caso dell’estorsione, dell violenza o della minaccia).
Nella parte motiva della sentenza delle Sezioni unite si è, in particolar posto l’accento sulla corretta interpretazione letterale, imposta dall’art. 12 preleggi, in base alla quale è necessario in primo luogo tener conto, nel interpretazione delle norme, del significato lessicale delle parole utilizzate legislatore, e si è valorizzato l’uso del verbo “riunire” che, nella sua comu accezione, significa «unire, radunare più cose o persone nello stesso luogo», concludendosi che il dato semantico non appare di dubbia interpretazione, volendosi con il termine “riunite” indicare la compresenza in un luogo determinato di più persone, ovvero di almeno due persone.
Anche l’esame della struttura normativa – si è osservato – milita nel senso della conclusione indicata, poiché il termine “riunite” è posto in dire collegamento con le modalità commissiva della condotta, connotata da una evidente maggiore gravità quando venga esercitata simultaneamente da più persone.
Si è, per tale via, ritenuto che il legislatore abbia «delineato una fattisp plurisoggettiva necessaria, che si distingue in modo netto dalla ipotesi de concorso di persone nel reato perché la fattispecie circostanziale contien l’elemento specializzante della “riunione” riferito alla sola fase della esecuzio del reato e, più precisamente, alle sole modalità commissive della violenza e della minaccia, potendosi, invece, il concorso di persone nel reato manifestarsi i varie forme in tutte le fasi della condotta criminosa, ovvero sia in quella ideat che in quella più propriamente esecutiva» (così Sez. U, Alberti, citata).
Resta così delineata la differenza tra la ipotesi di concorso di più persone ne reato e quella aggravata delle “più persone riunite” nel luogo e nel momento della commissione del reato di volta in volta commesso, non potendosi la circostanza aggravante identificare – come già detto – con una generica ipotesi di concorso di persone nel reato.
1.2. Del pari inammissibile è l’eccezione di prescrizione del reato, che ricorrente lega all’esclusione dell’aggravante delle «più persone riunite».
Una volta ribadita la correttezza della ritenuta sussistenza dell’aggravante i parola, pur senza considerare la recidiva (che, difatti, non può esse considerata come ritenuta sussistente dal Giudice di primo grado, perché non è stata considerata nel relativo calcolo della pena, sebbene non espressamente esclusa) – il reato di cui all’art. 4 I. 895 del 1967 si prescriverà nel termine anni e 9 mesi, così calcolato: avuto riguardo al massimo edittale dell’art.
aggravato 15 anni (10 anni di reclusione + 1/2 per l’aggravante), deve considerarsi l’ulteriore aumento di 1 /4, ai sensi dell’art. 161 cod. pen.
Sicché, anche aderendo alla tesi della difesa secondo cui i fatti sarebber stati commessi nel 2008, come dichiarato dal collaboratore di giustizia, il rea non si prescriverà prima del 2026.
1.3. Infine, la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche è stata giustificata da motivazione (p. 23 della sentenza di primo grado e p. 3 della sentenza impugnata) esente da manifesta illogicità che ha richiamato il grave contesto criminale in cui è maturatala condotta, la particolare pericolosit del soggetto agente, gravato da precedenti condanne e l’intensità del dolo ed è pertanto, insindacabile in questa sede (Sez. 3, n. 2233 del 17/06/2021, dep. 2022, Bianchi, Rv. 282693 – 01; Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, COGNOME, Rv. 271269 – 01; Sez. 6, n. 42688 del 24/9/2008, COGNOME, Rv. 242419 – 01), anche considerato il principio affermato da questa Corte secondo cui non è necessario che il giudice di merito, nel motivare il diniego della concessione delle attenuan generiche, prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevol dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che egli f riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disattesi superati tutti gli altri da tale valutazione (Sez. 2, n. 23903 del 15/07/20 Marigliano, Rv. 279549 – 02; Sez. 2, n.3609 del 18/1/2011, COGNOME, Rv. 249163; Sez. 6, n. 34364 del 16/6/2010, Giovane, Rv. 248244).
Venendo al ricorso di NOME COGNOME è fondata l’eccezione di prescrizione del reato, di cui al secondo motivo di ricorso.
2.1. Il primo motivo, con il quale si denuncia l’erronea applicazione degli artt. 378 cod. pen. e 63 cod. proc. pen. e il correlato vizio di motivazione infondato.
Risulta per tabulas che il ricorrente ha reso dichiarazioni il 10 e il 5 febbraio 2014 e non è contestato quanto riferito dai collaboratori di giustizia, secondo quali egli, unitamente a NOME COGNOME e NOME COGNOME (classe 82), si trovava nell’auto che fu fatta oggetto di plurimi colpi di arma da guerra.
Ciò Ai cui si dubita è la possibilità di utilizzare le dichiarazioni rese da COGNOME sulla cui base si è ritenuto il reato di favoreggiamento, poiché quando egli re quelle del 10 febbraio 2014 i verbalizzanti erano già a conoscenza delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia in relazione alla dinamica e all’iden dei partecipanti del presunto agguato, sicché l’ascolto avrebbe dovuto essere sospeso e avrebbero dovuto essere dati a COGNOME gli avvisi di cui all’art. 63 co proc. pen.
Analoghe considerazioni varrebbero per le dichiarazioni del 5 febbraio 2024, poiché detto nuovo ascolto di COGNOME era reso necessario dal mancato credito che gli investigatori avevano dato alle sue precedenti dichiarazioni, sicché, anch in questa occasione egli avrebbe dovuto essere ascoltato con le garanzie della disposizione appena citata.
Ritiene il Collegio che la tesi non possa essere condivisa.
Quanto alle dichiarazioni del 10 febbraio, vale il principio, pacifico in giurisprudenza, secondo cui «Le dichiarazioni “indizianti” evocate dall’art. 6 comma primo cod. proc. pen. sono quelle rese da un soggetto sentito come testimone o persona informata sui fatti che riveli circostanze da cui emerga una sua responsabilità penale e non quelle attraverso le quali il medesimo soggetto realizzi il fatto tipico di una determinata figura di reato quale il favoreggiamen personale, la calunnia o la falsa testimonianza. La suddetta norma di garanzia, infatti, è ispirata al principio nemo tenetur se detegere che salvaguarda la persona che abbia commesso un reato e non quella che il reato debba ancora commettere» (Sez. U, n. 33583 del 26/03/2015, COGNOME, Rv. 264481. In motivazione, la S.C. ha chiarito che, se il dichiarante non è chiamato rispondere di fatti diversi da quelli che integrano il tessuto delle dichiarazioni, egli rimane compatibile con l’ufficio di testimone, ponendosi solo un problema di attendibilità della deposizione, che dovrà essere valutata secondo gli ordinari criteri); Sez. 2, Sentenza n. 37818 del 25/11/2020, COGNOME, Rv 280361; Sez. 6, Sentenza n. 21116 del 31/03/2004, COGNOME, Rv. 229024).
Principio che si attaglia perfettamente anche alle dichiarazioni del 5 febbrai 2014, posto che costituisce mera congettura quella indicata dal ricorrente secondo la quale il nuovo ascolto sarebbe stato determinato dal mancato credito per le sue precedenti dichiarazioni.
2.2. Come anticipato, è fondata l’eccezione di prescrizione del reato. •
L’eccezione è consentita, poiché «È ammissibile il ricorso per cassazione con il quale si deduce, anche con un unico motivo, l’intervenuta estinzione del reato per prescrizione maturata prima della sentenza impugnata ed erroneamente non dichiarata dal giudice di merito, integrando tale doglianza un motivo consentito ai sensi dell’art. 606, comma primo, lett. b) cod. proc. pen.» (Sez. U, n. 126 del 17/12/2015, dep. 2016, COGNOME, Rv. 266819), anche quando non sia stata eccepita nei precedenti gradi di merito.
Ciò premesso, il reato di cui all’art. 378 cod. pen. – una volta che è st esclusa l’aggravante di cui all’art. 7 I. n. 203 del 1991 ed escluso che si p considerare la recidiva (che, infatti, non è stata “ritenuta” dal Giudice di pr grado che, difatti, non l’ha considerata nel relativo calcolo della pena, sebbe
non la stessa non sia stata espressamente esclusa) – si è prescritto in sette e sei mesi e, quindi, alla data del 1°/5 agosto 2021.
L’accoglimento dell’eccezione determina l’assorbimento della censura posta con il terzo motivo di ricorso, comunque fondata.
In tema di rito abbreviato, infatti, nel caso in cui la riduzione della pena stata effettuata in misura inferiore a un terzo, configurandosi un mero errore ne computo della stessa, la Corte di cassazione può provvedere alla necessaria rettifica, senza dover pronunciare annullamento. (Fattispecie in cui la Corte, pu avendo ritenuto la fondatezza del ricorso avverso la sentenza che aveva erroneamente computato la riduzione della pena per il rito abbreviato, ha tuttavia annullato senza rinvio la sentenza per estinzione dei reati a seguito prescrizione (Sez. 5, n. 26189 del 15/06/2022, COGNOME, Rv. 283261; Sez. 5, n. 15068 del 22/02/2012, Barone, Rv. 252316).
Le doglianze contenute nel ricorso di COGNOME sono infondate, ma dev’essere dichiarata la prescrizione del reato di favoreggiamento per cui è condanna giovandosi il ricorrente dell’eccezione di prescrizione formulata dal coimputato COGNOME COGNOME
3.1. Il primo motivo è inammissibile, siccome aspecifico e riproduttivo di analoghe censure prospettate al Giudice di appello e da questo adeguatamente vagliate e superate.
Secondo la conforme ricostruzione dei Giudici di merito la presenza del ricorrente a bordo dell’autovettura oggetto del fuoco di proiettili è un da pacifico sulla sorta delle convergenti dichiarazioni dei numerosi collaboratori d giustizia le cui dichiarazioni sono state valutate (p. 13 e s. della sentenz appello).
Si tratta di motivazione che resiste alle censure generiche e controvalutative del ricorrente.
3.2. Anche il secondo motivo, con il quale si lamenta la violazione dell’articolo 63 cod. proc. pen. con riferimento alle dichiarazioni re rispettivamente in data 3 febbraio 2014 e 7 febbraio 2014, sul cui contenuto è fondata l’affermazione di responsabilità per il reato di favoreggiamento personale, è manifestamente infondato alla stregua delle considerazioni già svolte per COGNOME.
3.3. E, tuttavia, il ricorrente si giova – per l’effetto estensivo – del m sulla prescrizione svolto dal coimputato diligente e la relativa declaratoria trova solo limite nel giudicato della responsabilità nei suoi riguardi formatosi prima d verificarsi della causa estintiva.
L’inammissibilità dell’impugnazione, infatti, non impedisce la declaratoria di estinzione del reato per prescrizione , qualora un diverso impugnante abbia proposto un valido atto di gravame, atteso che l’effetto estensiv dell’impugnazione opera anche con riferimento all’imputato non ricorrente(o il cuiricorsosia inammissibile) e indipendentemente dalla fondatezza dei motivi addotti dall’imputato validamente ricorrente, purché di natura non esclusivamente personale, sia quando la prescrizione sia maturata nella pendenza delricorso, sia quando sia maturata antecedentemente (ex multis, da ultimo Sez.6, n.14027 de113/02/2024, Greco, Rv.286373 – 02. Fattispecie relativa a prescrizione maturata dopo la sentenza di primo grado, estesa negli effett alcoimputatodi cui erano stati dichiarati inammissibili l’appello e il ricorso).
Alla declaratoria d’inammissibilità del ricorso di NOME COGNOME consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamen delle spese processuali e – per i profili di colpa correlati all’irri dell’impugnazione (C. cost. n. 186 del 2000) – di una somma in favore della Cassa delle ammende nella misura che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in euro 3.000,00.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, nei confronti di COGNOME Domenico e, per l’effetto estensivo, anche nei confronti di COGNOME Giuseppe, perché il reato di favoreggiamento (capi C e D della rubrica) loro rispettivamente ascritto è estinto per prescrizione.
Dichiara inammissibile il ricorso di COGNOME Franco che condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso, il 12 settembre 2024
Il Consigliere relatore
Il Presidente