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Pistola lanciarazzi: è arma comune da sparo?

La Corte di Cassazione conferma la condanna di un imputato per la detenzione di un’arma clandestina, specificando che una pistola lanciarazzi rientra nella categoria delle armi comuni da sparo. La sentenza stabilisce che il giudice può legittimamente negare una perizia balistica, richiesta come condizione per il rito abbreviato, qualora le prove esistenti, come la consulenza del R.I.S. e l’iscrizione dell’arma nel Catalogo nazionale, siano ritenute sufficienti e decisive.

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Pubblicato il 25 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Pistola Lanciarazzi: la Cassazione conferma la classificazione come Arma Comune da Sparo

La Corte di Cassazione, con una recente sentenza, è tornata a pronunciarsi sulla classificazione giuridica della pistola lanciarazzi, confermando il suo inquadramento tra le armi comuni da sparo. Questa decisione ha importanti implicazioni non solo dal punto di vista sostanziale, ma anche processuale, in particolare riguardo alla facoltà del giudice di negare l’ammissione di nuove prove ritenute superflue. Analizziamo i dettagli di questo caso emblematico.

I Fatti del Processo

La vicenda trae origine dalla condanna di un uomo per la detenzione di un’arma e per minaccia grave. L’imputato aveva inviato alla persona offesa, tramite social network, una fotografia dal contenuto intimidatorio che ritraeva una pistola. Le indagini successive avevano portato a una perquisizione domiciliare, durante la quale era stata rinvenuta e sequestrata proprio l’arma immortalata nella foto.

Le successive analisi tecniche, condotte da un consulente del Pubblico Ministero appartenente al R.I.S., avevano stabilito che si trattava di una pistola lanciarazzi calibro 6 mm Flobert, perfettamente funzionante ed efficiente, ma priva di matricola e punzonatura, configurandola quindi come arma clandestina. La difesa, di contro, sosteneva che il congegno fosse una semplice pistola a salve, inidonea a lanciare proiettili e quindi erroneamente classificata come arma comune da sparo.

La Classificazione della Pistola Lanciarazzi come Arma Comune

Sia il Tribunale che la Corte di Appello hanno respinto la tesi difensiva, confermando la condanna. Il punto cruciale della decisione si fonda su due elementi principali:

1. La normativa vigente: L’art. 2 della legge n. 110/1975 equipara esplicitamente la disciplina giuridica delle pistole lanciarazzi a quella delle armi comuni da sparo. Questo perché, pur avendo una potenzialità lesiva diversa, possiedono un’intrinseca offensività e pericolosità.
2. L’iscrizione nel Catalogo Nazionale: L’arma in questione risultava iscritta nel Catalogo nazionale delle armi (al n. 1871, classe C14), un’ulteriore prova della sua classificazione ufficiale come arma comune da sparo. Era stato inoltre accertato che fosse in grado di sparare non solo razzi, ma anche altri oggetti camerabili, grazie alla spinta propulsiva della cartuccia.

Di conseguenza, la sua detenzione senza le dovute autorizzazioni e la mancanza dei segni identificativi hanno correttamente portato alla qualificazione del fatto come detenzione di arma clandestina.

Il Diniego del Rito Abbreviato Condizionato

Un aspetto fondamentale del ricorso in Cassazione riguardava il profilo processuale. La difesa aveva richiesto l’accesso al rito abbreviato, condizionandolo però all’espletamento di una nuova perizia balistica che accertasse la reale pericolosità dell’arma. I giudici di merito avevano respinto tale istanza, ritenendo la perizia superflua alla luce delle prove già acquisite.

Le Motivazioni della Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso infondato, avallando pienamente l’operato dei giudici di merito. Le sentenze di primo e secondo grado, secondo gli Ermellini, formano un “unico corpo motivazionale” logico e coerente, saldamente ancorato alle risultanze della consulenza tecnica del R.I.S.

La Corte ha ribadito un principio fondamentale del rito abbreviato condizionato: la prova richiesta dall’imputato deve essere “necessaria” e “indispensabile” ai fini della decisione. Nel caso di specie, la richiesta di una nuova perizia era considerata superflua. La classificazione della pistola lanciarazzi come arma comune da sparo non era un profilo oscuro o controverso, ma era chiaramente definita dalla normativa e confermata dall’iscrizione nel catalogo nazionale e dall’autorevole parere tecnico già in atti. Pertanto, il giudice ha legittimamente esercitato il suo potere discrezionale nel ritenere l’istruttoria già completa e nel negare una prova che non avrebbe aggiunto elementi decisivi al quadro probatorio.

Conclusioni

La sentenza in esame consolida due importanti principi. In primo luogo, ribadisce che una pistola lanciarazzi funzionante è, a tutti gli effetti di legge, un’arma comune da sparo, la cui detenzione illegale e in forma clandestina integra gravi fattispecie di reato. In secondo luogo, chiarisce che la richiesta di integrazione probatoria in un rito abbreviato condizionato non è un diritto incondizionato dell’imputato, ma è soggetta a un rigoroso vaglio di necessità da parte del giudice, il quale può respingerla se le prove già raccolte sono sufficienti a formare un solido e decisivo supporto per la deliberazione finale.

Una pistola lanciarazzi è considerata un’arma comune da sparo ai fini di legge?
Sì. La sentenza conferma che, in base alla normativa vigente (legge n. 110/1975) e all’iscrizione nel Catalogo nazionale delle armi, le pistole lanciarazzi sono equiparate alle armi comuni da sparo a causa della loro intrinseca offensività e pericolosità.

Un giudice può rifiutare una richiesta di perizia se l’imputato la pone come condizione per il rito abbreviato?
Sì, il giudice può respingere la richiesta. Le prove sollecitate dall’imputato in un rito abbreviato condizionato devono essere considerate “necessarie” e “indispensabili” ai fini della decisione. Se il quadro probatorio esistente è già ritenuto chiaro, completo e sufficiente, come in questo caso grazie alla consulenza del R.I.S. e ai dati normativi, la richiesta può essere legittimamente ritenuta superflua.

Cosa rende un’arma “clandestina”?
Un’arma viene definita clandestina quando è priva dei prescritti contrassegni identificativi, come il numero di matricola e la punzonatura. L’assenza di questi elementi ne impedisce la tracciabilità e ne aggrava la detenzione illecita.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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