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Pirateria in mare: la Cassazione sulla depredazione

L’equipaggio di un peschereccio è stato accusato di pirateria in mare per aver sottratto il motore a un’imbarcazione di migranti e aver poi preteso denaro per il traino. La Corte di Cassazione ha confermato la misura cautelare, dichiarando il ricorso inammissibile. Ha stabilito che sfruttare uno stato di necessità e usare coercizione psicologica per ottenere denaro costituisce un atto di depredazione, radicando la giurisdizione italiana anche per fatti avvenuti in acque internazionali.

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Pubblicato il 2 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Pirateria in mare: Quando il “soccorso” a pagamento diventa reato

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 7449 del 2024, affronta un caso drammatico e complesso, tracciando una linea netta tra il soccorso in mare e la pirateria in mare. Questa decisione chiarisce come lo sfruttamento dello stato di necessità di migranti alla deriva possa configurare un grave reato di competenza della giurisdizione italiana, anche se commesso in acque internazionali.

I Fatti: Un Falso Soccorso in Alto Mare

La vicenda ha origine quando un peschereccio tunisino intercetta un’imbarcazione in ferro con a bordo 49 migranti, tra cui donne e un minore, in evidente difficoltà. L’equipaggio del peschereccio, inizialmente, dà l’impressione di voler prestare soccorso, avvicinandosi e legando le due barche con una fune. Tuttavia, con una mossa repentina, si impossessa dell’unico motore del barchino dei migranti, lasciandoli completamente alla deriva in mare aperto.
Successivamente, sfruttando la disperazione e lo stato di necessità creato, l’equipaggio del peschereccio costringe i migranti, attraverso una forte pressione psicologica, a pagare una somma di denaro in cambio della promessa di essere trainati fino alla terraferma.

La Tesi della Difesa e la Questione della Giurisdizione

La difesa dell’imputato, membro dell’equipaggio del peschereccio, ha contestato la qualificazione giuridica del fatto. Sosteneva che non si trattasse di pirateria, ma di una semplice richiesta di compenso per il servizio di traino, e che, in ogni caso, il fatto fosse avvenuto al di fuori del mare territoriale italiano, escludendo così la giurisdizione dei tribunali italiani.

La Decisione della Cassazione sulla pirateria in mare

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la validità della misura cautelare della custodia in carcere. I giudici hanno ritenuto che il Tribunale di merito avesse correttamente valutato i fatti, fornendo una motivazione logica e congrua. La Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: il ricorso di legittimità contro provvedimenti cautelari non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio sui fatti, ma deve limitarsi a verificare la violazione di legge o la manifesta illogicità della motivazione.

Le Motivazioni della Sentenza

Qualificazione del Fatto come Pirateria e Depredazione

Il cuore della decisione risiede nella qualificazione giuridica della condotta. La Corte ha stabilito che le azioni dell’equipaggio integrano pienamente gli atti di depredazione previsti dall’art. 1135 del Codice della Navigazione e gli atti di violenza o rapina contemplati dall’art. 101 della Convenzione di Montego Bay.
I giudici hanno sottolineato come gli indagati abbiano agito approfittando dello stato di necessità dei migranti. La sottrazione del motore non è stato un semplice furto, ma l’atto che ha creato un “costringimento psichico assoluto”, una situazione tale da non lasciare ai migranti alcuna ragionevole possibilità di scelta se non quella di sottostare alla richiesta di denaro.

Il Concetto Esteso di Depredazione

Richiamando un suo precedente (sentenza n. 51442/23), la Corte ha chiarito che la nozione di “atti di depredazione” è molto ampia. Essa include “tutte le ipotesi di spossessamento violento di beni altrui”, indipendentemente dalla precisa qualificazione tecnica come rapina o estorsione. Ciò che conta è l’elemento della violenza o della minaccia per sottrarre beni a chi si trova in una posizione di vulnerabilità.

Il Fondamento della Giurisdizione Italiana

Una volta qualificata la condotta come pirateria in mare, la questione della giurisdizione trova una chiara soluzione. La pirateria è considerata un “delictum iuris gentium”, ovvero un crimine di diritto internazionale che lede gli interessi dell’intera comunità mondiale. Per questo motivo, l’art. 7, n. 5 del codice penale stabilisce la giurisdizione italiana per i delitti di pirateria, a prescindere dal luogo di commissione del fatto e dalla cittadinanza dell’autore o della vittima. Di conseguenza, il fatto che tutto sia accaduto in acque internazionali è risultato irrilevante ai fini della procedibilità in Italia.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

La sentenza consolida un importante principio di diritto e di civiltà: non può esserci spazio per l’impunità per chi sfrutta la disperazione umana in mare. La Corte di Cassazione invia un messaggio chiaro: condotte che, dietro l’apparenza di un soccorso, celano violenza, coercizione e spoliazione dei beni di persone vulnerabili, costituiscono pirateria in mare. Questa qualificazione giuridica non solo permette di applicare sanzioni severe, ma, cosa ancora più importante, fonda la competenza universale dello Stato a perseguire tali crimini, garantendo che i responsabili siano portati davanti alla giustizia, ovunque il reato sia stato commesso.

Un atto commesso in acque internazionali può essere giudicato in Italia?
Sì, se l’atto si qualifica come pirateria. Secondo la sentenza, il delitto di pirateria, che include atti di depredazione e violenza privata in mare, è un crimine che permette la giurisdizione del giudice italiano anche se commesso fuori dal mare territoriale, come previsto dall’art. 7 n. 5 del codice penale.

Qual è la differenza tra una richiesta di compenso per un soccorso e la pirateria?
La differenza risiede nella violenza e nella coartazione. La Corte chiarisce che non si tratta di una semplice richiesta di compenso quando gli autori dell’atto prima si impossessano dell’unico motore dell’imbarcazione, abbandonano le persone in alto mare in uno stato di disperazione, e solo dopo chiedono denaro, creando così una situazione di costringimento psichico assoluto che non lascia ai migranti alcuna possibilità di scelta.

Cosa si intende per “atti di depredazione” secondo la Cassazione?
La Corte afferma che la nozione di “atti di depredazione”, ai sensi dell’art. 1135 del codice della navigazione, è molto ampia e ricomprende tutte le ipotesi di spossessamento violento di beni altrui, indipendentemente dal fatto che la condotta si configuri tecnicamente come rapina o come estorsione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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