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Pirateria in mare: estorsione o rapina? La Cassazione

La Corte di Cassazione ha esaminato un caso di presunta pirateria in mare ai danni di migranti. La difesa sosteneva che si trattasse di estorsione e non di rapina, contestando la giurisdizione italiana. La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, stabilendo che il concetto di ‘atti di depredazione’, che definisce la pirateria, è sufficientemente ampio da includere sia l’estorsione sia la rapina, rendendo la distinzione irrilevante ai fini della configurabilità del reato.

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Pubblicato il 5 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Pirateria in mare: è rapina o estorsione? La Cassazione fa chiarezza

La qualificazione giuridica di un atto illecito commesso in acque internazionali può avere conseguenze determinanti sulla giurisdizione e sulla punibilità. Con la recente sentenza n. 9479 del 2024, la Corte di Cassazione è intervenuta su un caso di pirateria in mare, chiarendo un punto fondamentale: la distinzione tra rapina ed estorsione diventa secondaria quando si parla di ‘atti di depredazione’ in alto mare. Questa decisione consolida un’interpretazione ampia del reato, volta a garantire la massima tutela contro crimini che minacciano la sicurezza della navigazione.

I Fatti del Caso

La vicenda trae origine da un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa nei confronti di un soggetto accusato di aver commesso, insieme ad altri, atti di pirateria in mare al largo delle coste italiane. In particolare, il gruppo avrebbe avvicinato un’imbarcazione carica di migranti, l’avrebbe privata del motore lasciandola alla deriva e avrebbe poi preteso il pagamento di una somma di denaro per trainarla verso i soccorsi.

La difesa dell’imputato ha presentato ricorso sostenendo una tesi precisa: la condotta non configurava una rapina, bensì un’estorsione. Secondo questa lettura, i migranti non sarebbero stati derubati con violenza diretta, ma costretti a pagare sotto la minaccia di essere abbandonati in mare. Poiché l’estorsione non è esplicitamente menzionata tra i reati che fondano la giurisdizione universale secondo la Convenzione di Montego Bay, la difesa chiedeva di dichiarare il difetto di giurisdizione del giudice italiano.

L’analisi sulla pirateria in mare e la sua definizione

Il nucleo della questione giuridica ruotava attorno alla corretta interpretazione del reato di pirateria. La difesa ha tentato di sfruttare la sottile differenza tra due reati contro il patrimonio:

* Rapina (art. 628 c.p.): il reo sottrae la cosa esercitando sulla vittima una violenza o minaccia diretta che annulla la sua capacità di scelta.
* Estorsione (art. 629 c.p.): il reo, tramite violenza o minaccia, coarta la volontà della vittima, che tuttavia compie un atto di disposizione patrimoniale (es. consegnare il denaro) per evitare un danno maggiore.

L’argomento difensivo era che, qualificando il fatto come estorsione, non si sarebbe rientrati nella fattispecie di pirateria in mare prevista dalle norme internazionali, con conseguente inapplicabilità della legge penale italiana.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha rigettato completamente la tesi difensiva, dichiarando il ricorso inammissibile sulla base di una duplice e solida argomentazione.

In primo luogo, i giudici hanno osservato che, nel caso concreto, la situazione dei migranti era tale da escludere qualsiasi margine di scelta reale. Abbandonati in mare aperto, senza motore e in balia delle onde, la loro capacità di determinarsi era stata totalmente annullata. La richiesta di denaro non era una semplice pressione morale, ma si inseriva in un contesto di coercizione assoluta, più assimilabile alla rapina che all’estorsione.

In secondo luogo, e questo è il punto cruciale della sentenza, la Corte ha affermato che la distinzione tra rapina ed estorsione è, ai presenti fini, irrilevante. Il concetto di pirateria, sia nell’art. 1135 del Codice della Navigazione italiano sia nell’art. 101 della Convenzione di Montego Bay, fa riferimento a una nozione più ampia: gli ‘atti di depredazione’. Questo termine, come specificato dalla Corte, ricomprende ‘tutte le ipotesi di spossessamento violento di beni altrui, indipendentemente dalla qualificazione della condotta in termini di rapina ovvero di estorsione’. La legge, quindi, intende punire qualsiasi atto predatorio commesso in mare con violenza o minaccia, senza necessità di sottili distinzioni dogmatiche.

Le Conclusioni

La sentenza consolida un principio di fondamentale importanza pratica: il reato di pirateria in mare ha una portata ampia e onnicomprensiva. Qualsiasi atto di violento spossessamento patrimoniale commesso per fini privati in alto mare rientra nella definizione di ‘depredazione’ e, di conseguenza, configura il reato di pirateria. La decisione della Cassazione chiude la porta a tentativi di eludere la giurisdizione attraverso interpretazioni restrittive delle norme, riaffermando la volontà dell’ordinamento di perseguire con fermezza crimini che mettono a repentaglio vite umane e la sicurezza dei mari.

Qual è la differenza tra rapina ed estorsione secondo la Cassazione?
La rapina si verifica quando il reo sottrae un bene esercitando sulla vittima una violenza o minaccia diretta e ineludibile, annullando la sua capacità di scelta. Nell’estorsione, invece, la coartazione non annulla totalmente la capacità della vittima di determinarsi, la quale compie un atto di disposizione patrimoniale (ad es. pagare) per evitare un male peggiore.

Un atto di estorsione commesso in mare può essere considerato pirateria?
Sì. La Corte di Cassazione ha stabilito che la nozione di ‘atti di depredazione’, utilizzata dall’art. 1135 del Codice della Navigazione e dalla Convenzione di Montego Bay per definire la pirateria, è sufficientemente ampia da includere sia la rapina sia l’estorsione.

Perché la distinzione tra rapina ed estorsione è stata ritenuta irrilevante in questo caso?
È stata ritenuta irrilevante perché la condotta criminosa, consistente in uno spossessamento violento di beni in mare, rientrava in ogni caso nella categoria degli ‘atti di depredazione’. Pertanto, a prescindere dalla sua qualificazione come rapina o estorsione, essa configurava il reato di pirateria, fondando la giurisdizione del giudice italiano.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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