Piccolo spaccio: la Cassazione chiarisce i limiti della lieve entità
Il concetto di piccolo spaccio, o fatto di lieve entità, previsto dall’art. 73, comma 5, del Testo Unico sugli Stupefacenti, rappresenta una valvola di sfogo del sistema sanzionatorio, pensata per distinguere le attività di spaccio minori da quelle più strutturate e pericolose. Tuttavia, i confini di questa attenuante non sono sempre netti. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 27346/2024) offre un’importante occasione per ribadire i criteri che i giudici devono seguire per escluderne l’applicazione, basandosi su una valutazione complessiva degli elementi a disposizione.
I fatti del caso
Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguarda un uomo condannato in primo e secondo grado per la detenzione illecita di un considerevole quantitativo di sostanze stupefacenti. Nello specifico, l’imputato era stato trovato in possesso di circa 200 grammi di cocaina e quasi 500 grammi di hashish, già suddivisi in dosi. Oltre alla droga, le forze dell’ordine avevano rinvenuto un “articolato armamentario” per la pesatura, la suddivisione e il confezionamento delle sostanze, chiaro indizio di un’attività destinata alla vendita. A complicare il quadro, l’imputato era un soggetto con precedenti specifici in materia di droga, essendo stato sorpreso, appena un mese prima, con 15 involucri di cocaina.
La difesa aveva impugnato la sentenza della Corte d’Appello, chiedendo alla Cassazione di riqualificare il reato nell’ipotesi più lieve del piccolo spaccio, sostenendo che le circostanze non fossero tali da configurare un’offesa di particolare gravità.
La decisione e la valutazione del piccolo spaccio
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendolo manifestamente infondato. Secondo gli Ermellini, la richiesta della difesa non era altro che la riproposizione di un motivo già respinto in appello, senza un reale confronto con le solide argomentazioni della sentenza impugnata.
La Corte ha colto l’occasione per ribadire che la qualificazione di un fatto come piccolo spaccio non può derivare da una valutazione parziale o isolata di un singolo elemento (come la sola quantità), ma deve scaturire da un’analisi complessiva di tutte le circostanze del caso concreto. I giudici di merito, nel caso specifico, avevano correttamente operato tale valutazione, escludendo motivatamente l’ipotesi di lieve entità.
Le motivazioni
La decisione della Cassazione si fonda su una serie di elementi oggettivi e soggettivi che, letti congiuntamente, delineano un quadro incompatibile con la figura del piccolo spaccio. Gli elementi chiave valorizzati dai giudici sono stati:
1. Il notevole dato ponderale: La quantità complessiva delle sostanze (quasi 700 grammi) è stata considerata di per sé un indice di rilievo.
2. La natura eterogenea della droga: La detenzione simultanea di cocaina (droga pesante) e hashish (droga leggera) suggerisce una capacità di soddisfare una clientela più ampia e diversificata, tipica di un’attività di spaccio non marginale.
3. L’attrezzatura per il confezionamento: La disponibilità di strumenti per pesare e preparare le dosi è un chiaro indicatore di un’attività organizzata e continuativa, non occasionale.
4. La personalità del soggetto: La recidiva specifica e la commissione di un reato analogo solo un mese prima hanno dimostrato una particolare inclinazione a delinquere e l’inserimento dell’imputato in un circuito criminale consolidato.
La Corte ha richiamato la propria giurisprudenza consolidata, secondo cui il piccolo spaccio si configura in ipotesi di minore portata complessiva, con una ridotta circolazione di merce e denaro e guadagni limitati, non quando l’attività è prolungata e rivolta a un numero indiscriminato di acquirenti.
Le conclusioni
In conclusione, l’ordinanza riafferma un principio fondamentale: per beneficiare dell’attenuante del fatto di lieve entità, non è sufficiente che manchi un singolo elemento di gravità, ma è necessario che l’intera condotta, valutata nel suo complesso, si presenti come marginale e di minima offensività. La presenza congiunta di un ingente quantitativo, di diverse tipologie di droga, di attrezzature professionali e di una comprovata persistenza nel reato costituisce un ostacolo insormontabile all’applicazione del concetto di piccolo spaccio.
Quando un’attività di spaccio non può essere considerata ‘piccolo spaccio’ o di lieve entità?
Secondo la sentenza, l’ipotesi di lieve entità è esclusa quando una valutazione complessiva rivela elementi indicativi di un’attività non marginale. Tra questi, un notevole quantitativo di droga, la detenzione di sostanze di tipo diverso (es. pesanti e leggere), il possesso di attrezzatura per il confezionamento e la recidiva specifica dell’autore del reato.
Quali sono i criteri principali usati dal giudice per escludere il piccolo spaccio?
Il giudice deve operare una valutazione globale che tenga conto di tutti gli indicatori. In questo caso, i criteri determinanti sono stati: 1) il dato ponderale (la quantità); 2) la natura eterogenea degli stupefacenti; 3) la disponibilità di un ‘armamentario’ per la preparazione delle dosi; 4) la personalità del soggetto, desunta dai suoi precedenti penali specifici.
Perché il ricorso in Cassazione è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché la Corte lo ha ritenuto una mera riproposizione di motivi già discussi e respinti nei gradi di merito, senza un reale confronto critico con le motivazioni della sentenza impugnata. Inoltre, la doglianza è stata giudicata manifestamente infondata, poiché gli elementi fattuali del caso erano palesemente contrari alla configurabilità del fatto di lieve entità.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 27346 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 27346 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 26/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a PALERMO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 19/09/2023 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti;
svolta la relazione dal Consigliere NOME COGNOME;
OSSERVA
Rilevato che COGNOME NOME ha proposto ricorso per cassazione con proprio difensore avverso la sentenza della Corte di Appello di Palermo, indicata in epigrafe, con la quale è stata confermata la sentenza del GUP del Tribunale di quella città di condanna del predetto in abbreviato in ordine al concorso nel reato di cui all’art. 73, d. P.R 309/1990, per detenzione illecita di circa gr. 200,26 di cocaina e gr. 484,58 di hashish suddivise in dosi, con la recidiva specifica (in Palermo il 7/6/2022);
ritenuto che il ricorrente, con un unico motivo, ha dedotto violazione di legge e vizi della motivazione limitatamente alla denegata riqualificazione del reato di cui al capo 1) nella ipotesi di cui all’art. 73, comma 5, d. P.R. n. 309/1990, doglianza che costituisc riproposizione di motivo di gravame, tendente ad una inammissibile lettura delle risultanze istruttorie ed è manifestamente infondata in quanto priva del necessario confronto con le argomentazioni contenute nella sentenza impugnata, avendo i giudici del merito operato una valutazione complessiva, che ha tenuto conto del notevole dato ponderale, della natura eterogenea della droga detenuta, della disponibilità di un articolato armamentario per pesatura, divisione in dosi e confezionamento della sostanza destinata alla vendita, tenuto anche conto della personalità del soggetto, recidivo specifico che, solo un mese prima del fatto, era stato sorpreso con 15 involucri di cocaina confezionati con nastro isolante nero (sulla natura del sindacato, sez. 6, n. 45061 del 3/11/2022, Restivo, Rv. 284149-02, in cui si è precisato che la fattispecie autonoma di cui al comma 5 dell’art. 73, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, è configurabile nelle ipotesi d c.d. piccolo spaccio, che si caratterizza per una complessiva minore portata dell’attività dello spacciatore e dei suoi eventuali complici, con ridotta circolazione di merce e denaro e potenzialità di guadagni limitati, che ricomprende anche la detenzione di una provvista per la vendita che, comunque, non sia tale da dar luogo ad una prolungata attività di spaccio, rivolta ad un numero indiscriminato di soggetti; n. 13982 del 20/2/2018, COGNOME, Rv. 272529-01; n. 29132 del 9/5/2019, COGNOME, Rv. 270562-01); che alla inammissibilità segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi ragioni di esonero (Corte cost. n. 186/2000); P.Q.M. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Deciso il 26 giugno 2024
La Consigliera est.
NOME COGNOME
–
Ce- C
La
NOME