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Piccolo spaccio: quando non è lieve entità? Analisi

La Corte di Cassazione ha esaminato il caso di un individuo posto agli arresti domiciliari per spaccio. L’imputato sosteneva si trattasse di ‘piccolo spaccio’, data la modesta quantità di droga ceduta. La Corte ha respinto il ricorso, stabilendo che per definire il piccolo spaccio non basta guardare alla singola cessione, ma all’intero contesto: l’inserimento in una rete organizzata, la stabilità dell’attività e i profitti generati sono elementi decisivi che possono escludere l’ipotesi di reato lieve, giustificando misure cautelari più severe.

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Pubblicato il 4 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Piccolo Spaccio: Quando la Quantità Non Basta a Definire il Reato

La distinzione tra spaccio di sostanze stupefacenti e la sua forma attenuata, il cosiddetto piccolo spaccio (o fatto di lieve entità), è uno dei temi più dibattuti nelle aule di giustizia. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 9349 del 2024, offre un’analisi cruciale per comprendere i criteri utilizzati dai giudici, sottolineando come la semplice quantità di droga ceduta non sia l’unico, né il principale, fattore determinante. Questo provvedimento chiarisce perché anche la cessione di dosi minime possa rientrare in un’ipotesi di reato più grave, con conseguenze significative sulle misure cautelari applicabili.

Il Contesto del Caso Giudiziario

Il caso trae origine dal ricorso di un indagato avverso un’ordinanza del Tribunale del Riesame che aveva disposto nei suoi confronti la misura degli arresti domiciliari. Inizialmente, il Giudice per le Indagini Preliminari aveva applicato una misura meno afflittiva, ma il Pubblico Ministero aveva appellato la decisione, ottenendo un aggravamento della misura.

La Decisione del Tribunale del Riesame

Il Tribunale del Riesame aveva riqualificato le condotte contestate dall’ipotesi di piccolo spaccio a quella più grave di spaccio ordinario (art. 73, comma 1, d.P.R. 309/1990). Secondo il Tribunale, l’indagato, pur avendo un ruolo di ‘pony express’ per la consegna a domicilio, era inserito in modo stabile e consapevole in un’ampia rete criminale che gestiva un notevole volume di affari, con guadagni giornalieri stimati tra 1.500 e 2.000 euro.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

L’indagato ha presentato ricorso in Cassazione, lamentando due principali vizi:
1. Errata qualificazione giuridica: Sosteneva che le singole cessioni, riguardanti quantitativi minimi (0,2-0,5 grammi), e l’assenza di una struttura organizzata a lui direttamente riconducibile, dovessero far rientrare il fatto nell’alveo del piccolo spaccio.
2. Illogicità della motivazione sulla misura cautelare: Contestava la genericità delle argomentazioni sul pericolo di reiterazione del reato, evidenziando il suo ruolo marginale e la presenza di precedenti penali molto risalenti nel tempo.

I Criteri per Distinguere il Piccolo Spaccio dal Traffico Ordinario

La Corte di Cassazione ha colto l’occasione per ribadire i principi consolidati in materia, rigettando il ricorso come manifestamente infondato. La sentenza chiarisce che la valutazione sulla lieve entità del fatto non può essere frammentaria e limitata alla singola vendita.

Oltre la Singola Cessione: La Valutazione Complessiva

Il giudice deve compiere un’analisi globale che tenga conto di molteplici fattori, tra cui:
* Le capacità operative del soggetto: La sua abilità nel muoversi nel mercato illegale.
* Le relazioni con il mercato di riferimento: I contatti e i canali di approvvigionamento e vendita.
* L’entità della droga movimentata: Non solo nella singola cessione, ma in un arco temporale significativo.
* La rete organizzativa: L’eventuale inserimento in una struttura più ampia, anche con un ruolo non apicale.

Di conseguenza, anche una cessione di quantità modica può essere espressione di una più ampia e comprovata capacità dell’autore di diffondere stupefacenti in modo non episodico od occasionale.

L’Applicazione dei Principi al Caso di Piccolo Spaccio

Nel caso specifico, la Corte ha ritenuto corretta la valutazione del Tribunale del Riesame. Le prove raccolte, incluse le intercettazioni, dimostravano che l’indagato non era un pusher isolato, ma una pedina consapevole di un sistema criminale ben strutturato.

Il Ruolo dell’Indagato nel Contesto Criminale

Era emerso che l’indagato operava sotto le direttive di un altro soggetto, a capo del traffico, ed era pienamente a conoscenza della partecipazione di numerosi altri complici, della stabilità dell’attività e degli orari da rispettare. La sua disponibilità a effettuare consegne ‘al volo’ e la conoscenza di altri coindagati confermavano il suo pieno inserimento nel circuito illecito.

La Valutazione delle Esigenze Cautelari

Anche riguardo alla necessità degli arresti domiciliari, la Cassazione ha confermato la decisione del Tribunale. La motivazione non era affatto generica, ma ancorata a elementi concreti e attuali.

Il Pericolo Concreto di Reiterazione

Il pericolo che l’indagato commettesse nuovamente reati simili era desunto da:
* L’inserimento stabile nel traffico illecito.
* Precedenti specifici, sebbene risalenti.
* Un recente fatto-reato (commesso pochi mesi prima) per il quale era già stato condannato in primo grado, dimostrando la sua persistenza nell’attività criminale.
* L’assenza di un’attività lavorativa lecita, che faceva presumere che il sostentamento derivasse esclusivamente dai proventi dei reati.

Questi elementi, nel loro insieme, delineavano una personalità incline al delitto e rendevano la misura degli arresti domiciliari adeguata e proporzionata a recidere i contatti con l’ambiente criminale.

Le Motivazioni della Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile perché le censure mosse dall’indagato non scalfivano la solidità e la coerenza logica della decisione del Tribunale del Riesame. La motivazione impugnata aveva correttamente applicato i principi giurisprudenziali per distinguere il piccolo spaccio dal traffico di droga, basando la propria valutazione su un quadro indiziario completo e non su singole condotte isolate. Allo stesso modo, la valutazione sul pericolo di reiterazione era fondata su elementi specifici e attuali, come la recente condanna per un fatto analogo, che rendevano la prognosi negativa e giustificavano una misura cautelare incisiva come gli arresti domiciliari.

Conclusioni

Questa sentenza ribadisce un principio fondamentale: la qualificazione di un fatto come piccolo spaccio richiede un giudizio complessivo sulla portata dell’attività criminale. L’esame non può fermarsi al dato quantitativo della singola dose, ma deve estendersi alla professionalità, alla continuità e all’organizzazione dell’attività illecita. Per gli operatori del diritto e per i cittadini, ciò significa che essere un ‘pesce piccolo’ in un ‘mare grande’ non garantisce l’applicazione dell’ipotesi di reato lieve, specialmente se si agisce con la consapevolezza di far parte di un meccanismo criminale più vasto e redditizio. La decisione conferma inoltre la rigorosa valutazione del pericolo di recidiva, dove la storia criminale, anche recente, assume un peso determinante nella scelta della misura cautelare più idonea.

Quando una cessione di droga di modesta quantità può non essere considerata ‘piccolo spaccio’?
Quando la cessione, sebbene di per sé modesta, costituisce un singolo episodio all’interno di un’attività di spaccio continuativa, organizzata e inserita in un contesto criminale più ampio. La valutazione del giudice non si ferma alla singola azione, ma considera la capacità operativa complessiva del soggetto e il suo ruolo nel mercato.

Quali elementi sono decisivi per escludere l’ipotesi del piccolo spaccio?
Sono decisivi l’inserimento stabile in una rete criminale, anche con ruoli non di vertice; la continuità e la non occasionalità dell’attività; l’esistenza di una divisione di compiti; la consapevolezza di operare in un circuito più ampio; e la rilevanza economica complessiva del traffico, anche se i guadagni personali sono limitati.

Come viene giustificata una misura cautelare come gli arresti domiciliari in casi di spaccio?
La misura viene giustificata dalla presenza di un concreto e attuale pericolo di reiterazione del reato. Questo pericolo è desunto da elementi specifici come precedenti penali, la commissione di reati analoghi in tempi recenti, la mancanza di fonti di reddito lecite e il pieno inserimento in ambienti criminali. L’obiettivo è recidere i contatti del soggetto con tale ambiente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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