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Piccolo spaccio: quando l’organizzazione lo esclude

La Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un giovane condannato per spaccio. Nonostante la quantità di droga non fosse ingente, la presenza di un’organizzazione professionale (bilancini, migliaia di bustine, appunti) ha impedito di qualificare il reato come piccolo spaccio e di concedere le attenuanti.

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Pubblicato il 28 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Piccolo spaccio: non basta la piccola quantità se l’attività è organizzata

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 23654 del 2024, torna a pronunciarsi sui criteri per la configurazione del reato di piccolo spaccio, previsto dall’art. 73, comma 5, del Testo Unico sugli Stupefacenti. La decisione sottolinea come, per ottenere il riconoscimento di questa fattispecie di minore gravità, non sia sufficiente considerare solo la quantità di droga detenuta. È necessaria una valutazione complessiva che tenga conto anche dei mezzi, delle modalità e delle circostanze dell’azione, elementi che possono rivelare un’offensività tutt’altro che lieve.

I Fatti del Caso

Il caso riguarda un giovane condannato in primo e secondo grado per detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti e detenzione di munizioni. Presso la sua abitazione e in un nascondiglio a sua disposizione, erano stati rinvenuti non solo un quantitativo di marijuana (circa 8 grammi, suddivisi in due bustine) e una dose di cocaina, ma anche un vero e proprio ‘kit’ per lo spaccio: sostanza da taglio, 17 bilancini, migliaia di bustine per il confezionamento, spillatrici, un sistema di videosorveglianza e appunti manoscritti con nominativi e quantità.
La Corte d’Appello, pur riformando parzialmente la pena, aveva escluso la qualificazione del fatto come piccolo spaccio, nonché la concessione delle attenuanti generiche e della sospensione condizionale della pena.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

La difesa dell’imputato ha presentato ricorso in Cassazione basato su tre motivi principali:
1. Errata qualificazione giuridica: Si sosteneva che l’attività dovesse essere ricondotta all’ipotesi di piccolo spaccio, data la quantità di stupefacente e un’organizzazione ‘artigianale’ finalizzata ad alimentare il proprio vizio.
2. Mancato riconoscimento delle attenuanti generiche: La difesa lamentava la mancata valorizzazione di elementi come la confessione, la giovane età, lo stato di incensuratezza e il buon comportamento processuale.
3. Diniego della sospensione condizionale della pena: Il ricorso criticava la motivazione della Corte d’Appello, ritenuta insufficiente in quanto basata unicamente su una generica valutazione della personalità.

Piccolo Spaccio: L’Analisi Complessiva della Corte

La Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la decisione dei giudici di merito. Sul punto centrale, quello relativo alla qualificazione del fatto, la Corte ha ribadito un principio consolidato: la valutazione per il riconoscimento dell’ipotesi di lieve entità deve essere globale.
Citando le Sezioni Unite (sentenze Galtelli e Murolo), i giudici hanno spiegato che tutti i parametri indicati dalla norma (mezzi, modalità, circostanze, quantità e qualità) devono essere analizzati. Se anche uno solo di questi indici risulta ‘negativamente assorbente’, ovvero indica un’offensività significativa, l’attenuante non può essere concessa.
Nel caso di specie, a fronte di una quantità di droga non elevata, erano proprio i ‘mezzi’ e le ‘modalità’ a rivelare la natura tutt’altro che occasionale dell’attività. Le migliaia di bustine, i numerosi bilancini, gli appunti contabili e il sistema di sorveglianza indicavano una vera e propria ‘centrale di spaccio’, connotata da organizzazione e professionalità, capace di movimentare centinaia, se non migliaia, di dosi. Tale struttura organizzativa è stata ritenuta incompatibile con la ‘minima offensività’ richiesta per il piccolo spaccio.

Il Diniego delle Attenuanti e della Sospensione della Pena

Anche gli altri motivi di ricorso sono stati respinti. Riguardo alle attenuanti generiche, la Corte ha ricordato che il giudice di merito non è tenuto a prendere in esame ogni singolo elemento favorevole all’imputato, essendo sufficiente che motivi la sua decisione basandosi sugli aspetti ritenuti decisivi. Nel caso concreto, la confessione era stata giudicata tardiva e parziale, finalizzata a minimizzare la propria responsabilità, mentre la condotta era stata ritenuta di rilevante allarme sociale.
Infine, il diniego della sospensione condizionale della pena è stato ritenuto correttamente motivato. I giudici di merito avevano operato una prognosi negativa sulla futura condotta del reo, basandosi su ‘profili personalistici’ che, nonostante la giovane età e l’assenza di precedenti, denotavano ‘caratteri di antidoverosità’. La pericolosità della condotta, aggravata anche dal possesso di munizioni, giustificava la previsione che l’imputato non si sarebbe astenuto dal commettere altri reati.

Le motivazioni

La sentenza si fonda su un’interpretazione rigorosa dei criteri per la concessione dell’attenuante del fatto di lieve entità. La Corte Suprema ha stabilito che la valutazione non può essere frammentaria, ma deve considerare l’intera fattispecie concreta. L’elemento quantitativo dello stupefacente, sebbene importante, non è l’unico né sempre il più rilevante. L’organizzazione, la professionalità e la capacità di soddisfare una vasta platea di acquirenti sono indici di una pericolosità sociale che esula dalla nozione di ‘lieve entità’. Analogamente, per i benefici di legge come le attenuanti generiche e la sospensione della pena, la valutazione del giudice si basa su un giudizio complessivo della personalità del reo e della gravità del fatto, che può portare a escluderli anche in presenza di elementi apparentemente favorevoli come la giovane età o l’incensuratezza.

Le conclusioni

Questa pronuncia della Cassazione offre un’importante lezione: chiunque sia coinvolto in attività di spaccio, anche con piccole quantità, non può contare automaticamente sulla qualificazione del reato come piccolo spaccio se le modalità operative rivelano un’organizzazione stabile e professionale. La presenza di materiale per il confezionamento in grande quantità, bilancini di precisione e appunti contabili trasforma un’attività potenzialmente ‘artigianale’ in un’impresa criminale strutturata, con conseguenze ben più gravi sul piano sanzionatorio e sull’accesso ai benefici di legge.

Quando un’attività di spaccio può essere qualificata come ‘piccolo spaccio’ (art. 73, comma 5, T.U. Stupefacenti)?
La qualifica di ‘piccolo spaccio’ richiede una valutazione complessiva di minima offensività della condotta. Il giudice deve considerare non solo la quantità e qualità della sostanza, ma anche i mezzi, le modalità e le circostanze dell’azione. Se anche uno solo di questi elementi indica un’offensività rilevante (come un’organizzazione professionale), l’ipotesi attenuata viene esclusa.

Perché non sono state concesse le attenuanti generiche nonostante la giovane età e l’incensuratezza dell’imputato?
Le attenuanti generiche sono state negate perché il giudice ha ritenuto prevalenti gli elementi negativi. In particolare, la confessione è stata giudicata tardiva, parziale e finalizzata a minimizzare la responsabilità. Inoltre, la condotta è stata considerata di rilevante allarme sociale a causa dell’organizzazione dell’attività di spaccio.

Quali elementi possono giustificare il diniego della sospensione condizionale della pena?
Il diniego della sospensione condizionale della pena è stato giustificato da una prognosi negativa sulla futura condotta dell’imputato. Nonostante la giovane età e l’assenza di precedenti, i giudici hanno ravvisato nella sua personalità ‘caratteri di antidoverosità’ e una pericolosità sociale, desunta dall’organizzazione dell’attività di spaccio e dal possesso di munizioni, tali da far ritenere probabile la commissione di futuri reati.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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