Piccolo Spaccio Negato: Quando la Quantità di Droga Fa la Differenza
La distinzione tra spaccio di sostanze stupefacenti e piccolo spaccio è una linea sottile ma cruciale nel diritto penale, con conseguenze significative sulla pena. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito con forza i criteri per tracciare questo confine, chiarendo che una quantità ingente di sostanza, da cui è possibile ricavare migliaia di dosi, esclude a priori la possibilità di configurare l’ipotesi lieve del reato. Analizziamo insieme la decisione per comprenderne la portata.
Il Contesto del Caso Giudiziario
I fatti alla base della pronuncia riguardano un soggetto condannato in primo e secondo grado per la detenzione illecita di circa 295 grammi di hashish. La sostanza era stata trovata confezionata in tre panetti, un dettaglio che, unito alla quantità, ha portato i giudici di merito a contestare il reato previsto dall’articolo 73, comma 4, del Testo Unico sugli Stupefacenti (d.P.R. 309/1990).
L’imputato, attraverso il proprio difensore, ha presentato ricorso in Cassazione, non per contestare la detenzione in sé, ma per chiedere una riqualificazione del fatto. La difesa sosteneva che la condotta dovesse essere inquadrata nella fattispecie più lieve del piccolo spaccio, disciplinata dal comma 5 dello stesso articolo.
La Riqualificazione in Piccolo Spaccio e la Decisione della Corte
La tesi difensiva mirava a dimostrare che, nonostante la quantità, l’attività non superava una soglia di modesta entità. Tuttavia, la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendolo una mera riproposizione di argomenti già valutati e respinti dalla Corte d’Appello e un tentativo di ottenere un nuovo, non consentito, esame dei fatti.
I giudici supremi hanno confermato la correttezza della valutazione operata nei gradi precedenti. La decisione si è basata su elementi oggettivi e inequivocabili che contrastano nettamente con la nozione di piccolo spaccio.
le motivazioni
La Corte ha sottolineato che la valutazione dei giudici di merito è stata completa e logica. Il punto centrale della motivazione risiede nel ‘dato ponderale’ e, soprattutto, nel numero di dosi che si sarebbero potute ricavare dai 295 grammi di hashish: ben 2.755. Un numero così elevato, secondo la Corte, indica in modo inequivocabile un’attività destinata a circuiti di distribuzione ben più ampi e strutturati rispetto al semplice spaccio di strada. Di conseguenza, si configura un’elevata capacità di diffusione della sostanza e la possibilità di generare introiti rilevanti, elementi incompatibili con la fattispecie del piccolo spaccio.
La Cassazione ha richiamato la propria giurisprudenza costante, secondo cui l’ipotesi del comma 5 dell’art. 73 si applica solo ai casi di ‘piccolo spaccio’, caratterizzati da una portata complessiva minore dell’attività, una ridotta circolazione di merce e denaro e guadagni limitati. La detenzione di una provvista sufficiente per una prolungata attività di vendita a un numero indiscriminato di soggetti, come nel caso di specie, esula da questa definizione.
le conclusioni
Con questa ordinanza, la Corte di Cassazione rafforza un principio fondamentale: la qualificazione di un fatto come piccolo spaccio non dipende solo dalla natura della sostanza, ma da una valutazione complessiva che tiene conto di quantità, qualità, modalità di confezionamento e potenzialità diffusive. Quando il numero di dosi ricavabili raggiunge le migliaia, viene meno il presupposto della ‘minore portata’ dell’attività, rendendo impossibile l’applicazione della norma più favorevole. La decisione serve da monito: la detenzione di quantitativi importanti di droga difficilmente potrà essere considerata un fatto di lieve entità, con tutte le conseguenze che ne derivano in termini di sanzione penale.
Quando si può configurare il reato di piccolo spaccio (art. 73, comma 5, d.P.R. 309/1990)?
Si configura nelle ipotesi di spaccio caratterizzate da una complessiva minore portata dell’attività, con ridotta circolazione di merce e denaro e potenzialità di guadagni limitati. Non deve trattarsi di una provvista tale da dar luogo a una prolungata attività di spaccio rivolta a un numero indiscriminato di soggetti.
Perché la Corte di Cassazione ha ritenuto che la detenzione di 295 grammi di hashish non fosse piccolo spaccio?
Perché da tale quantitativo era possibile ricavare un numero molto elevato di dosi (2.755). Questo dato, secondo la Corte, dimostra un’elevata capacità di diffusione della sostanza e un inserimento in circuiti di traffico ben diversi dal piccolo spaccio di strada, escludendo quindi la lieve entità del fatto.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso in Cassazione?
Comporta che la Corte non entra nel merito della questione, ritenendo che il ricorso manchi dei requisiti di legge (ad esempio, perché si limita a riproporre le stesse argomentazioni già respinte o chiede una nuova valutazione dei fatti). La conseguenza diretta per il ricorrente è la condanna al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 27361 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 27361 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 26/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 18/11/2022 della CORTE APPELLO di PERUIA
dato avviso alle parti;
svolta la relazione dal Consigliere NOME COGNOME;
OSSERVA
Rilevato che COGNOME NOME ha proposto ricorso per cassazione con proprio difensore avverso la sentenza della Corte di Appello di Perugia, indicata in epigrafe, con la quale è stata confermata la sentenza del Tribunale di quella città di condanna del predetto per concorso nel reato di cui all’art. 73, comma 4, d.P.R. n. 309/1990 (detenzione illecita di circa gr. 295 di hashish confezionato in tre panetti, in Perugia il 27/2/2020);
ritenuto che il ricorrente, con un unico motivo, ha dedotto violazione di legge e vizio della motivazione limitatamente alla denegata riqualificazione del reato di cui al capo 1) nella ipotesi di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309/1990, doglianza che costituisce riproposizione di motivo di gravame, tendente ad una inammissibile rilettura delle risultanze istruttorie ed è manifestamente infondata in quanto priva del necessario confronto con le argomentazioni contenute nella sentenza impugnata, avendo i giudici del merito operato una valutazione complessiva, che ha tenuto conto del rilevante dato ponderale, dal quale hanno desunto l’inserimento in circuiti ben diversi dallo spaccio di strada, considerato il numero di dosi ricavabili (ben 2.755), tali da comportare anche un’elevata capacità di diffusione della sostanza e introiti rilevanti, tenuto anche conto della personalità del soggetto, gravato da precedenti specifici, pur se non recentissimi (sulla natura del relativo sindacato, sez. 6, n. 45061 del 3/11/2022, COGNOME, Rv. 284149-02, in cui si è precisato che la fattispecie autonoma di cui al comma 5 dell’art. 73, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, è configurabile nelle ipotesi di c.d. piccolo spaccio, che si caratterizza per una complessiva minore portata dell’attività dello spacciatore e dei suoi eventuali complici, con ridotta circolazione di merce e denaro e potenzialità di guadagni limitati, che ricomprende anche la detenzione di una provvista per la vendita che, comunque, non sia tale da dar luogo ad una prolungata attività di spaccio, rivolta ad un numero indiscriminato di soggetti; n. 13982 del 20/2/2018, Lombino, Rv. 272529-01; n. 29132 del 9/5/2019, COGNOME, Rv. 270562-01); Corte di Cassazione – copia non ufficiale che alla inammissibilità segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi ragioni di esonero (Corte cost. n. 186/2000);
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Deciso il 26 giugno 2024
ti anti
NOME COGNOME