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Pertinenza di privata dimora: quando il furto è grave

La Cassazione esamina un caso di tentato furto in un garage, definendolo pertinenza di privata dimora e confermando l’aggravante. Un coimputato ottiene l’annullamento della sentenza per legittimo impedimento a comparire, essendo detenuto. Il ricorso dell’altro imputato viene dichiarato inammissibile perché basato su una richiesta di rivalutazione dei fatti, non consentita in sede di legittimità.

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Pubblicato il 22 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Pertinenza di privata dimora: quando il furto è grave

Una recente sentenza della Corte di Cassazione offre importanti chiarimenti su due aspetti cruciali del diritto penale: la nozione di pertinenza di privata dimora ai fini del reato di furto in abitazione e il concetto di legittimo impedimento a comparire in udienza. Analizzando il caso di due imputati, la Corte delinea con precisione i confini tra un ricorso ammissibile e uno destinato al rigetto, ribadendo principi fondamentali sia di diritto sostanziale che processuale.

I fatti del caso: due ricorsi, due esiti diversi

La vicenda riguarda due persone condannate in appello per un tentato furto in un garage. Entrambi presentano ricorso in Cassazione, ma con motivazioni e destini processuali radicalmente differenti.

Il primo ricorrente basa le sue doglianze su questioni procedurali e di merito. In particolare, sostiene di non aver potuto partecipare al giudizio d’appello a causa di un legittimo impedimento: era detenuto in carcere per un’altra causa, una circostanza che, a suo dire, la Corte d’Appello avrebbe dovuto considerare, rinviando l’udienza.

Il secondo ricorrente, invece, contesta la sua responsabilità, affermando che la sua condanna si basava unicamente sulla circostanza, da lui ritenuta neutra, di essere stato trovato nascosto nel bagagliaio di un’auto vicino al luogo del tentato furto. Inoltre, contesta la qualificazione del fatto come furto in abitazione, sostenendo che un deposito di attrezzi agricoli non potesse essere considerato una privata dimora o una sua pertinenza.

La decisione della Cassazione: annullamento e inammissibilità

La Suprema Corte accoglie il ricorso del primo imputato e dichiara inammissibile quello del secondo. Vediamo perché.

Il legittimo impedimento dell’imputato detenuto

Per il primo ricorrente, la Corte di Cassazione riconosce la fondatezza del motivo legato al legittimo impedimento. Citando un autorevole precedente delle Sezioni Unite, i giudici affermano che la detenzione per altra causa costituisce un impedimento assoluto a comparire, anche qualora l’imputato non abbia comunicato tempestivamente la sua condizione al giudice. La Corte d’Appello, disattendendo la richiesta di rinvio, ha violato il diritto di difesa. Di conseguenza, la sentenza nei suoi confronti viene annullata con rinvio ad un’altra sezione della Corte d’Appello per un nuovo giudizio.

L’inammissibilità del secondo ricorso

Il ricorso del secondo imputato viene invece giudicato manifestamente infondato e assertivo. La Corte sottolinea come le sue argomentazioni non fossero altro che la riproposizione di censure già esaminate e respinte nei gradi di merito. L’imputato, di fatto, chiedeva alla Cassazione una nuova valutazione delle prove, un’attività preclusa in sede di legittimità, dove il compito della Corte è verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione, non riesaminare i fatti.

Le motivazioni: la definizione di pertinenza di privata dimora

Il punto centrale, per quanto riguarda il secondo ricorrente, risiede nella corretta qualificazione del luogo del reato. La Corte di Cassazione ribadisce l’orientamento giurisprudenziale consolidato secondo cui il reato di furto in abitazione (art. 624-bis c.p.) si configura anche quando l’impossessamento avviene in una pertinenza di privata dimora. Un garage, anche se non fisicamente contiguo all’abitazione principale e utilizzato come deposito, rientra a pieno titolo in questa categoria. Ciò che conta è il legame funzionale: il garage è un luogo destinato al servizio dell’immobile principale, dove si compiono atti della vita privata e il cui accesso è precluso a terzi senza il consenso del proprietario. Di conseguenza, la forzatura della porta di un garage per commettere un furto integra la fattispecie più grave e non quella di furto semplice.

Le conclusioni: implicazioni pratiche della sentenza

Questa pronuncia consolida due principi di grande rilevanza. In primo luogo, rafforza la tutela del domicilio, estendendola in modo chiaro a tutte le pertinenze come garage, cantine e soffitte, luoghi che, pur non essendo abitati, sono strettamente legati alla sfera privata della persona. In secondo luogo, riafferma l’importanza del diritto di difesa, sancendo che lo stato di detenzione costituisce sempre un legittimo impedimento che impone il rinvio del processo per consentire la partecipazione dell’imputato. Infine, la decisione serve da monito sulla corretta redazione dei ricorsi per cassazione, che devono concentrarsi su vizi di legittimità (violazioni di legge o manifesta illogicità della motivazione) e non su tentativi di ottenere una terza valutazione del merito della vicenda.

Un garage è considerato privata dimora ai fini del reato di furto?
Sì. La sentenza conferma l’orientamento secondo cui un garage costituisce una “pertinenza di privata dimora”. Di conseguenza, introdursi in un garage per commettere un furto integra il reato più grave di furto in abitazione (art. 624-bis c.p.) e non quello di furto semplice.

La detenzione in carcere per un’altra causa è un motivo valido per non presentarsi in udienza?
Sì. La Corte di Cassazione afferma che lo stato di detenzione per altra causa costituisce un “legittimo impedimento” a comparire. Tale condizione impone al giudice di rinviare l’udienza per garantire il diritto dell’imputato a partecipare al processo, anche se questi non ha comunicato tempestivamente la sua condizione.

È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di riesaminare i fatti del processo?
No. La sentenza ribadisce che la Corte di Cassazione è un giudice di legittimità, non di merito. Il suo compito è verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione della sentenza impugnata, non effettuare una nuova valutazione delle prove o dei fatti. Un ricorso che si limita a chiedere un riesame del merito è dichiarato inammissibile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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