Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 3174 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 3174 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 06/12/2023
RITENUTO IN FATTO
1, Il Tribunale di Livorno con ordinanza dei 3.i/8/2023 non convalidava l’arresto di , .d NOME e di NOME COGNOME in i elazione celitto di cui all’art. 633, comma secondo, cod. pen, rftew?ndo non configurabile la circostanza del fatto commesso cia persona palesemente armata.
Il Pubblico Ministero ha interposto ricorso per cassazione, affidandolo ad un unico motivo con cui deduce ia violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., con riferimento alla circostanza aggravante di cui all’art. 633, comma secondo, cod. pen. Riieva, in particolare, che il Tribunale ha errato iaddove non ha ritenuto confinurablie la circostanza aggravante di discorso, tenuto conto che dagli atti emerge che l’El COGNOME indossava una cintura con attaccato fodeio di un gros ,:o coltello , a cui forma ne lasciava trapelare
chiaramente il contenuto ed il cui manico non era visibile in quanto coperto dal giubbotto; che, peraltro, la persona offesa aveva percepito l’effetto intimidatorio determinato dal possesso dell’arma; che, comunque, detto effetto rappresenta un quid phiris non richiesto dalla norma, che si riferisce unicamente al dato oggettivo riferibile all’autore del reato e non all’effetto che tale circostanza produce o può produrre sulla persona offesa.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
1.1 La circostanza aggravante di cui all’art. 633, comma secondo, cod. pen. ricorre quando “il fatto è commesso da persona palesemente armata”. Non è, dunque, sufficiente che l’agente sia armato, ma è necessario che l’arma sia manifesta, palese, ben visibile, ostentata, altrimenti non avrebbe senso l’avverbio “palesemente” utilizzato dal legislatore.
La giurisprudenza di legittimità, con riferimento alla diversa circostanza aggravante dell’arma prevista dagli artt. 609-ter, comma primo, n. 2, 628, comma terzo, 629, comma secondo, che si configura quando detti reati sono commessi con l’uso di armi, ne ha individuato il fondamento nella maggior lesività della condotta rispetto all’interesse tutelato e, quindi, sul piano sostanziale, nel particolare effetto intimidatorio che l’ostentazione dell’arma apporta in concreto all’azione delittuosa (Sezione 5, il. 6496 del 14/12/2011, COGNOME, Pv. 251949 – 01) ed ha iyA precisato che non è necessario che l’arma sia impugnata, essendo sufficiente che sia portata in maniera ben visibile, s’i da lasciare ranionevolmente prevedere e temere un suo impiego quale mezzo di violenza o minaccia per costringere il soggetto passivo a subire l’azione criminosa (Sezione 3, n. 7754 del 21/1/2021, COGNOME., Rv. 281006 – 02; Sezione 3, n. 55302 del 22/9/2016, D., Rv 268535 – 01; Sezione 2, n. 25902 del 24/6/2008, COGNOME, Rv. 240632 – 01). In altri termini, declsivo è che la condotta delittuosa sia accompagnata dall’ostentata presenza di un’arma di cui il soggetto agente abbia l’immediata disponibilità, tanto da rendere credibile che la stessa sia adoperata in qualsiasi momento ed in stretta continuità con la condotta criminosa.
Dunque, a maggior ragione, quando la norma richiede che l’agente sia “palesemente” armato, l’arma deve essere portata in modo manifesto, visibile, non essendo sufficiente che la sua esistenza sia solo ipotizzata dalla persona offesa; dei resta, nella previsione normativa la circostanza dell’essere l’agente palesemente armato è considerata come obiettivamente agevolatrice della invasione di terreni o edifici, indipendentemente dall’intenzione dell’autore materiale dei reato e persino a :3rescindere dalla percezione che ne abbia la
persona offesa (con riferimento alla analoga aggravante prevista dall’art. 614 cod. pen., Sezione 2, n. 29506 del 10/6/2009, Torre, Rv. 244437 – 01; Sezione 2, n. 14423 del 1/7/1986, COGNOME, Rv. 174702 – 01; Sezione 5, n. 678 del 17/11/1982, COGNOME, Rv. 157111 – 01)
Nel caso di specie, NOME NOME indossava una cintura alla quale era attaccato il fodero di un grosso coltello, la cui forma ne lasciava intuire il contenuto e senza che fosse visibile l’impugnatura, perché coperta dal giubbotto.
Se cosi è, ritiene il Collegio che la circostanza aggravante di cui all’art. 633, comma secondo, cod. pen. non sia configurabile, proprio perché l’arma non era chiaramente visibile, non essendo sufficiente che la sua esistenza (recfrius: il suo porto) fosse immaginata o fosse comunque frutto di una congettura della persona offesa. Detto altrimenti, la presenza dell’arma non deve essere supposta, ma deve essere palese e manifesta. Orbene, il fodero di un coltello, del quale non è visibile nemmeno l’impugnatura, non ne palesa il contenuto.
Inconferente, poi, è il richiamo operato dal Procuratore Generale a Sezione 3, n. 7754/2021 cit., innanzitutto perché riguarda la circostanza aggravante di cui all’art. 609-ter, comma primo, n. 2, cod. pen., che fa riferimento all’uso di armi” e non ai fatto commesso dal persona “palesemente” armata ed in secondo luogo perché in quella fattispecie concreta l’arma era portata in maniera ben visibile.
In conclusione, deve ribadirsi il seguente principio di diritto: «.il termine “palesemente armato”, di cui all’art. 633, comma secondo, cod. pen., presuppone che l’arma sia portata in maniera manifesta, evidente dall’autore dell’invasione di terreni o edifici, a prescindere dal fatto che la persona offesa la abbia percepita o meno».
Q. M.
Rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, il giorno 6 dicembre 2023.