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Persona offesa truffa: la banca è vittima del reato?

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 10188/2024, ha stabilito un principio fondamentale in materia di truffa commessa da un dipendente di un istituto di credito. Se la banca subisce un danno patrimoniale diretto, ad esempio dovendo risarcire i clienti truffati, e la condotta illecita del dipendente è volta anche a mantenere il proprio posto di lavoro, l’istituto di credito non è un semplice danneggiato, ma una vera e propria persona offesa truffa. Di conseguenza, la querela presentata dalla banca è pienamente valida per la procedibilità dell’azione penale, anche in assenza di querela da parte dei singoli clienti.

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Pubblicato il 6 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Persona offesa truffa: la banca è vittima diretta se il dipendente froda i clienti?

Il concetto di persona offesa truffa è cruciale per determinare chi ha il diritto di sporgere querela, un atto fondamentale per la procedibilità di molti reati. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 10188 del 2024, affronta un caso emblematico: una promotrice finanziaria truffa i clienti del suo istituto di credito. I clienti non sporgono querela, ma la banca sì. La domanda è: la banca è solo un soggetto danneggiato o è la vera e propria vittima del reato? La risposta della Suprema Corte ha importanti implicazioni pratiche per gli istituti finanziari.

I fatti del caso: la truffa del promotore finanziario

Una promotrice finanziaria, dipendente di un noto istituto di credito, veniva accusata di aver truffato diversi clienti. La condotta fraudolenta consisteva nel proporre falsi investimenti finanziari, inducendo in errore i correntisti. A seguito della scoperta dei fatti, i clienti truffati non sporgevano querela. L’istituto di credito, al contrario, presentava una querela, ritenendosi direttamente leso dalla condotta della propria dipendente. La banca, infatti, aveva dovuto risarcire i clienti per i danni subiti a causa del comportamento fraudolento della promotrice.

La decisione della Corte d’Appello: la banca non è persona offesa

In secondo grado, la Corte d’Appello aveva dichiarato l’improcedibilità dell’azione penale per difetto di querela. Secondo i giudici, le uniche persone offese dal reato di truffa erano i clienti direttamente ingannati. La banca, pur avendo subito un danno patrimoniale (il risarcimento versato), veniva qualificata come mero ‘danneggiato dal reato’, una figura distinta dalla ‘persona offesa’ e, come tale, non titolare del diritto di querela. Di conseguenza, in assenza della querela dei clienti, il procedimento penale non poteva proseguire, con revoca anche delle statuizioni civili.

Le motivazioni della Cassazione: la duplice vittima della truffa

La Corte di Cassazione ha ribaltato completamente questa visione, accogliendo il ricorso presentato dall’istituto di credito. Il ragionamento della Suprema Corte si fonda su un’analisi più approfondita della condotta illecita e dei suoi effetti. La persona offesa truffa non è solo chi viene materialmente indotto in errore, ma chiunque sia titolare del bene giuridico leso, ovvero il patrimonio.

Nel caso specifico, la Corte ha individuato una duplice direzione della condotta fraudolenta della promotrice:
1. Verso i clienti: Attraverso gli artifizi e raggiri, li induceva a compiere atti di disposizione patrimoniale dannosi.
2. Verso la banca: Attraverso lo stesso stratagemma (la creazione di falsi investimenti), la dipendente otteneva un ingiusto profitto consistente nella conservazione del proprio ‘portafoglio clienti’ e, di conseguenza, del proprio posto di lavoro. Senza questa condotta illecita, la promotrice avrebbe perso la sua posizione professionale.

La banca, pertanto, non ha subito solo un danno di riflesso, ma un’offesa diretta. Ha subito un danno patrimoniale immediato, essendo stata costretta a risarcire i clienti, e un danno all’integrità della propria organizzazione aziendale, ingannata dalla dipendente sul corretto svolgimento delle sue mansioni.

Le conclusioni: implicazioni pratiche della sentenza

La Cassazione conclude che la banca era non solo ‘danneggiata’, ma anche persona offesa truffa e, come tale, pienamente legittimata a sporgere querela. La sentenza di improcedibilità è stata quindi annullata limitatamente agli effetti civili, con rinvio a un giudice civile per la quantificazione del risarcimento del danno dovuto alla banca.

Questa decisione rafforza la tutela degli istituti di credito di fronte a frodi interne. Stabilisce che quando un dipendente infedele agisce a danno dei clienti, ma la sua condotta lede direttamente anche il patrimonio e l’affidamento dell’azienda per cui lavora, l’azienda stessa diventa vittima del reato. Ciò le conferisce il potere di attivare l’azione penale attraverso la querela, anche qualora i clienti, per qualsiasi motivo, decidano di non farlo.

Chi è la persona offesa nel reato di truffa?
È il detentore del bene giuridico leso o messo in pericolo, ovvero colui che subisce le conseguenze patrimoniali dell’azione delittuosa correlate al conseguimento dell’ingiusto profitto da parte dell’agente.

Un istituto di credito può essere considerato persona offesa se un suo dipendente truffa i clienti?
Sì. La Corte di Cassazione ha stabilito che la banca è persona offesa quando la condotta illecita del dipendente è diretta anche contro di essa (ad esempio, per conservare il posto di lavoro) e quando subisce un danno patrimoniale diretto, come l’obbligo di risarcire i clienti truffati.

Cosa ha deciso la Corte in questo caso specifico?
La Corte ha annullato la sentenza di improcedibilità, riconoscendo la validità della querela sporta dalla banca. Ha rinviato il caso al giudice civile competente per un nuovo giudizio limitatamente agli effetti civili, ovvero per la richiesta di risarcimento del danno avanzata dall’istituto di credito.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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