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Persona offesa nella truffa: chi può sporgere querela?

Un individuo, condannato per truffa in concorso, ha presentato ricorso in Cassazione sostenendo l’invalidità della querela, poiché presentata da un soggetto diverso da chi aveva subito il danno patrimoniale. La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, chiarendo un principio fondamentale: la persona offesa nella truffa è sia il soggetto che viene materialmente ingannato, sia colui che subisce la perdita economica. Di conseguenza, entrambi sono legittimati a sporgere querela, confermando la validità del procedimento e la condanna dell’imputato.

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Pubblicato il 13 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Persona Offesa nella Truffa: la Cassazione Fa Chiarezza sul Diritto di Querela

Nel complesso panorama del diritto penale, l’identificazione della persona offesa nella truffa assume un ruolo cruciale, specialmente quando la persona ingannata non coincide con quella che subisce il danno economico. Con la sentenza n. 15134 del 2024, la Corte di Cassazione è tornata su questo tema, offrendo un’interpretazione chiara e consolidata che rafforza la tutela delle vittime e definisce con precisione i contorni del diritto di querela.

La Vicenda Processuale: Il Caso di Truffa e la Condanna

Il caso trae origine dalla condanna in primo e secondo grado di un individuo per il reato di truffa in concorso. La vittima, dopo aver concluso una trattativa per l’acquisto di un bene, aveva effettuato un pagamento su un conto corrente risultato poi essere intestato all’imputato, senza mai ricevere la merce pattuita. La particolarità della vicenda risiedeva nel fatto che a sporgere querela era stata la madre della persona che materialmente aveva condotto le trattative e subito il danno.

I Motivi del Ricorso: la Questione della Persona Offesa nella Truffa

L’imputato ha presentato ricorso per cassazione basandolo su diversi motivi. Il più rilevante riguardava la presunta carenza di legittimazione a sporgere querela. Secondo la difesa, la querelante non era la vera vittima del reato, non avendo subito direttamente il danno patrimoniale.

La Legittimazione a Sporgere Querela

Il cuore della difesa si concentrava sull’argomento che la persona offesa nella truffa dovesse essere unicamente il soggetto il cui patrimonio era stato direttamente intaccato. Poiché la querelante non coincideva con l’acquirente raggirato, secondo l’imputato il processo non avrebbe dovuto nemmeno iniziare per mancanza di una valida condizione di procedibilità.

Le Altre Censure dell’Imputato

Oltre alla questione principale, il ricorrente lamentava vizi di motivazione riguardo alla prova della sua responsabilità penale e dell’elemento soggettivo (il dolo). Sosteneva, inoltre, il mancato riconoscimento di attenuanti, come la particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.), e l’eccessività della pena inflitta.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, rigettando tutte le doglianze e fornendo chiarimenti decisivi. La motivazione della sentenza si sofferma in modo approfondito sulla figura della persona offesa nella truffa, consolidando un orientamento giurisprudenziale di grande importanza pratica.

La Duplice Figura della Persona Offesa nella Truffa

La Corte ha ribadito un principio consolidato: la stretta relazione tra il bene sottratto e la persona che subisce l’azione fraudolenta permette di identificare come “persona offesa” anche il possessore raggirato, pure se il danno patrimoniale finale incide sulla sfera di un altro soggetto. In altre parole, nel reato di truffa possono coesistere più soggetti passivi.

La Cassazione ha specificato che la titolarità del diritto di querela spetta:
1. Al soggetto raggirato e materialmente defraudato.
2. Al soggetto che ha patito il danno patrimoniale, ovvero colui che vanta il diritto di proprietà sul bene illecitamente appreso.

Questa interpretazione estensiva garantisce una tutela più ampia, riconoscendo che l’offesa criminale colpisce sia chi viene ingannato nella propria libertà di autodeterminazione, sia chi vede diminuito il proprio patrimonio.

La Reiezione degli Altri Motivi

Anche gli altri motivi di ricorso sono stati ritenuti infondati. La Corte ha considerato corretta la valutazione dei giudici di merito, i quali avevano logicamente dedotto la piena consapevolezza e partecipazione dell’imputato alla truffa dal fatto che fosse titolare sia dell’utenza telefonica usata per le trattative, sia del conto corrente su cui era confluito il denaro. Infine, è stato negato il beneficio della particolare tenuità del fatto, poiché un danno di 970 euro non è stato ritenuto “particolarmente esiguo” e la condotta manipolativa dell’imputato è stata considerata sintomatica di una certa abilità criminale.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

La sentenza in esame rafforza un principio giuridico fondamentale: la nozione di vittima nel reato di truffa è ampia e non si limita a chi subisce la perdita economica. Chiunque sia stato oggetto dell’inganno ha il diritto di attivare la tutela penale attraverso la querela. Questa decisione ha importanti implicazioni pratiche, poiché semplifica l’avvio dell’azione penale in casi complessi, come quelli di truffe online dove spesso chi paga è diverso da chi conduce la trattativa. Si conferma così che l’ordinamento tutela non solo il patrimonio, ma anche la libertà negoziale dei cittadini, riconoscendo la dignità di vittima a chiunque venga raggirato, indipendentemente dalle conseguenze patrimoniali dirette.

Chi può essere considerato persona offesa nel reato di truffa?
Secondo la sentenza, sono considerate persone offese sia il soggetto che viene materialmente ingannato e indotto in errore, sia il soggetto che subisce il danno patrimoniale. Entrambi hanno il diritto di sporgere querela.

È possibile che la persona ingannata e quella che subisce il danno economico siano diverse nel reato di truffa?
Sì, la Corte conferma che il reato di truffa si configura anche quando il soggetto passivo del raggiro è diverso dal soggetto passivo del danno, a condizione che esista un nesso di causalità tra l’inganno, il profitto dell’autore del reato e il danno della vittima.

Un danno patrimoniale di 970 euro può essere considerato di particolare tenuità ai fini dell’applicazione dell’art. 131-bis cod. pen.?
Nel caso di specie, la Corte ha ritenuto che un danno di 970 euro non potesse essere considerato “particolarmente esiguo”. Pertanto, ha confermato la decisione dei giudici di merito di non applicare la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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