Perquisizione Armi e Segnalazione Anonima: La Cassazione Fa Chiarezza
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione affronta un tema cruciale nella procedura penale: la legittimità di una perquisizione armi eseguita dalla polizia giudiziaria a seguito di una segnalazione anonima. La decisione chiarisce i poteri delle forze dell’ordine e la validità delle prove raccolte in tali circostanze, offrendo importanti spunti di riflessione sull’equilibrio tra la necessità di prevenire reati gravi e la tutela dei diritti individuali.
I Fatti del Caso
Il caso nasce dal ricorso di un individuo condannato nei primi due gradi di giudizio per i reati di ricettazione di un fucile e detenzione illegale dello stesso e delle relative munizioni. La condanna si basava sulle prove raccolte dai Carabinieri, in particolare sul verbale di sequestro dell’arma e delle munizioni.
L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione lamentando, tra le altre cose, l’inutilizzabilità delle prove. A suo dire, la perquisizione che ha portato al ritrovamento delle armi era illegittima poiché scaturita da una semplice segnalazione anonima, ritenuta una base insufficiente per un atto così invasivo. Il ricorrente chiedeva, in sostanza, una lettura alternativa del compendio probatorio.
Perquisizione Armi e Poteri della Polizia: L’Analisi della Corte
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato, rigettando tutte le censure sollevate. La decisione si fonda su due pilastri argomentativi principali che meritano un’analisi approfondita.
La Legittimità dell’Operato della Polizia Giudiziaria
Il primo punto chiave riguarda la validità della perquisizione. I giudici hanno stabilito che i motivi relativi all’inutilizzabilità delle prove sono infondati. La Corte ha infatti ricordato che la polizia giudiziaria è legittimata a compiere perquisizioni di propria iniziativa quando vi sia un sospetto di illecita detenzione di armi (o di sostanze stupefacenti).
Questo potere deriva direttamente da normative specifiche, come l’articolo 41 del Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza (R.D. n. 773/1931) e l’articolo 103 del Testo Unico sugli Stupefacenti (d.P.R. n. 309/1990). Queste norme consentono alle forze dell’ordine di agire sulla base di notizie confidenzialmente apprese, come può essere una segnalazione anonima, per prevenire reati di particolare allarme sociale. Pertanto, l’operato dei Carabinieri è stato ritenuto pienamente legittimo.
L’Irrilevanza dell’Eventuale Illegittimità della Perquisizione sul Sequestro
In secondo luogo, la Corte ha aggiunto un principio di diritto fondamentale: anche qualora la perquisizione fosse stata ritenuta illegittima, ciò non avrebbe comportato l’invalidità del successivo sequestro. Il sequestro del corpo del reato (il fucile e le munizioni) o delle cose pertinenti al reato è un atto dovuto per la polizia giudiziaria, come previsto dall’articolo 253 del codice di procedura penale.
Questo significa che l’atto di sequestrare l’oggetto di un crimine è autonomo e obbligatorio una volta che questo viene scoperto. Di conseguenza, l’eventuale vizio della perquisizione non si trasmette automaticamente al sequestro, rendendo le prove raccolte pienamente utilizzabili in giudizio.
Le Motivazioni
La Corte ha ritenuto il ricorso inammissibile perché le doglianze dell’imputato miravano a una rilettura del materiale probatorio, un’operazione preclusa nel giudizio di legittimità, che si limita al controllo della corretta applicazione della legge e della logicità della motivazione. La motivazione della Corte d’Appello è stata giudicata adeguata e priva di vizi logici.
Sul piano giuridico, la Cassazione ha ribadito che la perquisizione d’iniziativa della polizia giudiziaria è consentita in presenza di sospetti di reati concernenti armi e stupefacenti, anche se tali sospetti originano da fonti confidenziali o anonime. Inoltre, è stato confermato il consolidato principio di autonomia tra l’atto di perquisizione e l’atto di sequestro del corpo del reato. Infine, la Corte ha confermato la correttezza del diniego delle attenuanti generiche e dell’applicazione della recidiva, data la gravità del reato e i precedenti penali dell’imputato, indicativi di una sua particolare pericolosità sociale.
Le Conclusioni
Questa ordinanza consolida due principi fondamentali in materia di procedura penale. In primo luogo, la perquisizione armi avviata sulla base di informazioni confidenziali o anonime è un valido strumento a disposizione della polizia giudiziaria per contrastare reati di elevata pericolosità. In secondo luogo, il sequestro del corpo del reato mantiene la sua validità anche a fronte di eventuali irregolarità nell’atto di perquisizione, impedendo che elementi di prova cruciali vengano resi inutilizzabili per vizi formali a monte. La decisione riafferma quindi un approccio pragmatico volto a garantire l’efficacia dell’azione penale, pur nel rispetto delle garanzie previste dalla legge.
Una perquisizione per detenzione di armi basata su una segnalazione anonima è legittima?
Sì, secondo la Corte è legittima. La polizia giudiziaria può compiere perquisizioni di iniziativa, sulla base di notizie confidenzialmente apprese, nel caso di sospetto di illecita detenzione di armi, in forza dell’art. 41 del R.D. 773/1931.
Se una perquisizione viene considerata illegittima, le prove trovate sono inutilizzabili?
No, non necessariamente. La Corte ha chiarito che l’eventuale illegittimità della perquisizione non invalida il successivo sequestro del corpo del reato (come il fucile e le munizioni in questo caso), perché il sequestro è un atto dovuto a norma dell’art. 253 del codice di procedura penale.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato ritenuto manifestamente infondato perché le censure proposte cercavano di ottenere una nuova valutazione dei fatti, non consentita in Cassazione, e perché i motivi legali sull’inutilizzabilità delle prove erano infondati, dato che la perquisizione era legittima secondo la normativa vigente.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 5449 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 5449 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 16/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a CASARANO il 29/07/1979
avverso la sentenza del 17/04/2024 della CORTE APPELLO di LECCE
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Visti gli atti.
Esaminati il ricorso, la memoria difensiva e la sentenza impugnata.
Rilevato che il ricorso di NOME COGNOME è manifestamente infondato;
Considerato infatti che il provvedimento impugnato, con motivazione adeguata ed esente da vizi logici, ha confermato il giudizio di penale responsabilità (riducendo il trattamento sanzionatorio, mediante l’applicazione della pena più mite indicata nella parte motiva della decisione di primo grado in luogo di quella contenuta nel dispositivo) pronunciato dal Tribunale di Lecce con sentenza del 6 giugno 2018, nei confronti dell’odierno ricorrente per i delitti di cui agli artt. 64 cod. pen., 2 e 7 I. 895/67 (commessi l’ 11 settembre 2010) ritenendo provata la sua responsabilità sulla base di quanto attestato dai Carabinieri e del verbale di sequestro del fucile e delle munizioni di cui al capo di imputazione (con la recidiva reiterata ed infraquinquennale);
Rilevato che le censure del ricorrente, il quale lamenta la violazione di legge ed il vizio di motivazione, sollecitano una inammissibile lettura alternativa del compendio probatorio da sovrapporre a quella, non manifestamente illogica, del giudice a quo;
Considerato, inoltre, che i motivi riguardanti la inutilizzabilità degli elementi di prova acquisiti all’esito della perquisizione disposta a seguito di segnalazione anonima sono manifestamente infondati poiché la polizia giudiziaria è legittimata a compiere, sulla base di notizie confidenzialmente apprese, perquisizioni di iniziativa nel caso di sospetto di illecita detenzione di armi e sostanze stupefacenti, in forza del disposto dell’art. 41 del R.D. 18 giugno 1931, n. 773, e dell’art. 103 del d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 (ex multis: Sez. 4, n. 38550 del 06/10/2010, Rv. 248837 – 01); H
Rilevato che, in ogni caso, l’eventuale illegittimità dell’atto di perquisizione compiuto ad opera della polizia giudiziaria non comporta effetti invalidanti sul successivo sequestro del corpo del reato o delle cose pertinenti al reato, che costituisce un atto dovuto a norma dell’art. 253, comma primo, cod. proc. pen. (Sez. 6, n. 37800 del 23/06/2010, Rv. 248685 – 01);
Considerato, infine, che la Corte territoriale – in modo non contraddittorio ha confermato il diniego delle circostanze attenuanti generiche per l’assenza di elementi positivi da valutare al riguardo, per la gravità del reato commesso e per i precedenti che annovera l’odierno ricorrente, così come ha respinto il motivo di gravame relativo alla recidiva ritenendo il reato espressione della particolare
pericolosità dell’imputato anche alla luce dei precedenti per violenza privata e minaccia;
Ritenuto che deve essere dichiarata l’inammissibilità del ricorso, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma, il 16 gennaio 2025.