Permesso Premio: Quando la Pericolosità Sociale Prevale sul Mancato Risarcimento
La concessione di un permesso premio a un detenuto, specialmente se condannato per reati di eccezionale gravità, rappresenta un momento cruciale nel percorso di rieducazione. Tuttavia, una recente sentenza della Corte di Cassazione ci ricorda che la valutazione del giudice non si ferma alla sola buona condotta carceraria. Il caso in esame riguarda un detenuto all’ergastolo, il cui ricorso è stato respinto sulla base di una valutazione complessiva che va ben oltre il singolo adempimento, come il risarcimento del danno, toccando il cuore della sua personalità e del suo passato criminale.
I Fatti del Caso
Il protagonista della vicenda è un uomo condannato alla pena dell’ergastolo per reati gravissimi, tra cui omicidio e associazione di tipo mafioso. Dopo anni di detenzione, ha richiesto un permesso premio, un beneficio che gli avrebbe consentito di trascorrere un breve periodo fuori dal carcere.
La sua richiesta è stata respinta prima dal Magistrato di Sorveglianza e poi, in sede di reclamo, dal Tribunale di Sorveglianza. Le ragioni del diniego erano molteplici:
1. Mancato adempimento delle obbligazioni civili: Il detenuto non aveva risarcito le vittime dei suoi reati, né aveva mostrato iniziative concrete in tal senso.
2. Persistente pericolosità sociale: Nonostante il tempo trascorso, il Tribunale ha ritenuto che il soggetto non avesse fornito prove concrete di un reale distacco dal contesto criminale di provenienza.
3. Passato problematico: Un lungo periodo di latitanza all’estero, conclusosi con l’estradizione, e un’insufficiente revisione critica del proprio passato criminale sono stati considerati indicatori negativi.
Il detenuto ha quindi presentato ricorso in Cassazione, sostenendo che la motivazione dei giudici fosse solo apparente e che la sua impossidenza economica giustificasse il mancato risarcimento. Ha inoltre contestato la valutazione negativa del periodo di latitanza, affermando di non aver commesso reati durante quel tempo.
La Valutazione del permesso premio e la Decisione della Cassazione
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile per la sua genericità. I giudici supremi hanno sottolineato un punto fondamentale: il Tribunale di Sorveglianza aveva compiuto una valutazione molto più ampia rispetto a quella, più limitata, del primo Magistrato. Non si era fermato alla questione del risarcimento, ma aveva “alzato lo sguardo” all’intero percorso di vita del detenuto, sia dentro che fuori dal carcere.
L’analisi ha riguardato l’intensità del suo ruolo nell’associazione mafiosa quando era in libertà e, soprattutto, l’assenza di una profonda e sincera “rivisitazione critica del proprio passato”. Di fronte a questa valutazione complessa e articolata, le argomentazioni del ricorrente sono apparse deboli e incapaci di scalfire la logica della decisione impugnata.
Le Motivazioni della Decisione
La motivazione della Cassazione si fonda su un principio cardine del diritto penitenziario: la valutazione per la concessione di un beneficio come il permesso premio deve essere olistica. Non basta analizzare singoli comportamenti o adempimenti, ma è necessario un giudizio complessivo sulla personalità del condannato e sull’evoluzione del suo percorso trattamentale.
Nel caso specifico, la riaffermazione dell’impossidenza economica da parte del detenuto è stata giudicata irrilevante. Questo perché l’assenza di un risarcimento era solo uno dei tanti tasselli di un mosaico ben più grande, quello della “attualità della condizione soggettiva di pericolosità sociale”. Il Tribunale, con un ragionamento ritenuto logico e privo di vizi dalla Cassazione, ha concluso che il detenuto non aveva ancora superato quella presunzione di mantenimento dei legami con l’organizzazione criminale di appartenenza.
In sostanza, non è sufficiente non avere i mezzi per pagare; è necessario dimostrare con fatti concreti di aver rotto ogni ponte con il passato e di aver intrapreso un percorso di cambiamento autentico, cosa che, secondo i giudici, non era avvenuta.
Le Conclusioni
Questa sentenza ribadisce con forza che il cammino verso il reinserimento sociale per chi ha commesso reati di stampo mafioso è particolarmente arduo. La concessione di benefici penitenziari non è un automatismo legato al tempo scontato o alla buona condotta formale. È, invece, il risultato di una rigorosa e approfondita valutazione che deve accertare un cambiamento interiore reale e un effettivo superamento della pericolosità sociale. La mancanza di una revisione critica del proprio passato criminale e l’assenza di segnali concreti di distacco dall’ambiente di provenienza costituiscono ostacoli insormontabili, rendendo secondari altri aspetti, come la situazione economica del condannato.
Perché è stato negato il permesso premio al detenuto?
La richiesta è stata respinta a causa della persistente pericolosità sociale del soggetto e dell’assenza di concreti indicatori di un superamento della presunzione di mantenimento dei rapporti con l’organizzazione mafiosa. I giudici hanno riscontrato un’insufficiente rivisitazione critica del suo passato criminale.
La mancanza di denaro per risarcire le vittime è una giustificazione sufficiente per ottenere un permesso premio?
No. Secondo questa sentenza, l’impossidenza economica è solo un aspetto di una valutazione più complessa e articolata sulla pericolosità sociale del detenuto. Non è un elemento sufficiente a contrastare un giudizio negativo basato sull’assenza di un reale distacco dal passato criminale.
Perché il ricorso in Cassazione è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato ritenuto inammissibile per la genericità dei motivi presentati. Il ricorrente non ha contrastato efficacemente la valutazione complessiva del Tribunale, che aveva analizzato l’intero percorso di vita dentro e fuori dal carcere e l’intensità del suo precedente ruolo associativo.
Testo del provvedimento
Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 38216 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 38216 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 04/07/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a COLLEPASSO il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 06/02/2024 del TRIB. SORVEGLIANZA di L’AQUILA
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
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IN FATTO E IN DIRITTO
Con ordinanza emessa in data 6 febbraio 2024 il Tribunale di Sorveglianza d L’Aquila ha respinto il reclamo in tema di permesso premio introdotto da COGNOME NOME, avverso il diniego opposto dal MdS in data 26 ottobre 2023.
1.1 In motivazione si evidenzia che: a) il COGNOME è in espiazione della dell’ergastolo per i delitti di omicidio, associazione mafiosa, associa finalizzata allo smercio di sostanze stupefacenti; b) il MdS ha rilevato l’o allegazione di impossibilità dell’adempimento delle obbligazioni civili e l’assen iniziative riparatorie; c) il COGNOME è stato per molti anni latitante in Ola stato estradato solo nel 2012; d) la relazione di sintesi del 2023 non offre concreti per ravvisare una volontà di effettivo distacco dal contesto crimina provenienza. Si conclude per la persistenza di pericolosità sociale e per l’assenza di concreti indicatori di superamento della presunzione relativa di mantenimen dei rapporti con l’organizzazione mafiosa.
Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione – nelle forme d legge – COGNOME NOMENOME Il ricorso è affidato a una deduzione rubrícata in termini di erronea applicazione di legge e vizio di motivazione.
Si ritiene meramente apparente il percorso argomentativo e si evidenzia che sede di reclamo si era allegata la assenza dí redditività. Anche i contenuti relazione di sintesi sarebbero stati valutati in modo sommario ed incompleto. Anche il periodo di latitanza in Olanda sarebbe stato erroneamente annoverato t gli indicatori negativi, non risultando l’avvenuta commissione di reati in quel P
Il ricorso va dichiarato inammissibile per la genericità dei motivi addotti.
3.1 Ed invero, rispetto alla decisione del Magistrato di Sorveglianza (limita profili risarcitori) il Tribunale ha alzato lo sguardo al complessivo percorso extra e intracarcerario del COGNOME, evidenziando aspetti – in tema di intensità del associativo svolto in libertà e in tema di insufficiente rivisitazione critica del
passato – che il ricorrente finisce con il non contrastare nell’atto di ricorso Sotto tale profillo a nulla rileva la riaffermazione della impossidenza econom
che è solo un aspetto di una valutazione più complessa ed articolata in tema
attualità della condizione soggettiva di pericolosità sociale, realizzata dal Tri senza vizi logici.
Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue di diritt condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza elementi atti ad escludere la colpa nella determinazione della caus inammissibilità, al versamento a favore della cassa delle ammende di una sanzion pecuniaria che pare congruo determinare in euro tremila, ai sensi dell’ art cod. proc. pen..
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle sp processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in data 4 luglio 2024
Il Consigliere