Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 427 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 427 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 29/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a VIBO VALENTIA il 08/07/1975
avverso l’ordinanza del 02/05/2023 del TRIB. SORVEGLIANZA di ROMA
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
lette le conclusioni del PG, NOME COGNOME che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.
Ritenuto in fatto
Con ordinanza del 2 maggio 2023 il Tribunale di sorveglianza di Roma ha respinto il reclamo contro il provvedimento del magistrato di sorveglianza di Roma del 17 maggio 2022 che ha respinto l’istanza di permesso premio presentata dal condannato NOME COGNOME
COGNOME è in espiazione della pena di 30 anni di reclusione per concorso in omicidio aggravato, fatto commesso nell’ambito di attività criminali della ‘ndrangheta di Vibo Valentia.
NOME è in espiazione pena dal 2012, ed a partire dal 2019 è un collaboratore di giustizia.
Il Tribunale di sorveglianza ha respinto il reclamo, in quanto ha ritenuto che il condannato debba ulteriormente esplorare ed approfondire il proprio vissuto
criminale e dar prova di adeguata revisione critica dei reati commessi con l’analisi delle motivazioni reali ed interiori sulla genesi del suo coinvolgimento nella cosca di ‘ndrangheta; è, pertanto, necessario un ulteriore congruo periodo di osservazione sì da consentire di poter esprimere un giudizio prognostico sicuro circa la maturazione del suo ravvedimento e l’assenza del pericolo di recidiva.
Avverso il predetto provvedimento ha proposto ricorso il condannato, per il tramite del difensore.
Con il primo motivo deduce vizio di motivazione, in quanto l’ordinanza illogicamente oblitera il giudizio positivo della D.N.A. sulla collaborazione prestata ed il giudizio altrettanto positivo dell’equipe di osservazione c:arceraria, nonché il totale distacco del ricorrente da ambienti criminali, la coesione del nucleo familiare di riferimento, la partecipazione del condannato alle attività trattamentali offerte dal circuito penitenziario.
Con il secondo motivo deduce vizio di motivazione in relazione al mancato riconoscimento dell’elemento del ravvedimento, atteso che il Tribunale pretestuosamente oblitera il ravvedimento del condannato e va alla ricerca della genesi del percorso delinquenziale, ma la revisione critica non può tradursi in una prova diabolica quale quella richiesta dal Tribunale che, non pago delle motivazioni a delinquere espresse dal condannato con sincerità e rammarico, pretende che egli le rispieghi con le parole di un giudice o di uno psicologo.
Con requisitoria scritta, il Procuratore Generale, dr. NOME COGNOME ha chiesto l’accoglimento del ricorso.
Considerato in diritto
1. Il ricorso è fondato.
I due motivi di ricorso possono essere affrontati congiuntamente.
L’art. 30-ter, comma 1, primo periodo, ord. pen. dispone che “ai condannati che hanno tenuto regolare condotta ai sensi del successivo comma 8 e che non risultano socialmente pericolosi, il magistrato di sorveglianza,, sentito il direttore dell’istituto, può concedere permessi premio di durata non superiore ogni volta a quindici giorni per consentire di coltivare interessi affettivi, culturali o di lavoro”
Dal tenore letterale dell’art. 30-ter appare, pertanto, evidente che il giudice, in tema di permessi premio, debba accertare la sussistenza di tre requisiti, che sono presupposto logico-giuridico della concedibilità del beneficio: la regolare condotta del detenuto; l’assenza di pericolosità sociale dello stesso; la funzionalità del permesso premio alla coltivazione di interessi affettivi, culturali e di lavoro.
Nel caso in esame, dalla motivazione della ordinanza impugnata si ricava che non vi è questione né sulla regolare condotta del detenuto, né sulla funzionalità del permesso premio alla coltivazione di interessi affettivi, culturali e di lavoro. La questione attiene, invece, alla sussistenza del requisito della pericolosità sociale del detenuto, che il giudice del merito ricava dall’assenza di un processo di rivisitazione critica delle proprie condotte pregresse.
Sul punto va osservato che, se è vero che la richiesta del Tribunale di un processo di rivisitazione critica non è eccentrica rispetto al giudizio di pericolosità che lo stesso è chiamato a formulare, perché la giurisprudenza di legittimità ha ritenuto che ai fini della concessione del permesso premio, ai sensi dell’art. 30 ter ord. pen., oltre al requisito della regolare condotta è necessaria l’assenza di pericolosità sociale del detenuto, da valutarsi con maggiore rigore nei casi di soggetti condannati per reati di particolare gravità e con fine pena lontano nel tempo, in relazione ai quali rileva, in senso negativo, anche la mancanza di elementi indicativi di una rivisitazione critica del pregresso comportamento deviante (Sez. 1, Sentenza n. 5505 del 11/10/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 269195 – 01; conforme Sez. 1, Sentenza n. 9796 del 23/11/2007, dep. 2008, COGNOME, Rv. 239173), però è anche vero che nel caso in esame la insufficienza della rivisitazione critica è stata desunta senza l’appoggio di una base di carattere oggettivo, come potevano essere, a titolo di esempio, la mancanza di consapevolezza del disvalore delle condotte criminali tenute, il mancato contatto con le vittime, il mancato inizio di percorsi di giustizia riparativa, ed in forza di u giudizio puramente intuitivo del giudice del merito, che, pur potendo anche essere corretto, avrebbe dovuto essere, però, riempito di contenuto.
Ne consegue che il ricorso è fondato, e l’ordinanza impugnata deve essere ccmannullata pper rinvio per nuovo giudizio.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di sorveglianza di Roma.
Così deciso il 29 novembre 2023.