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Permesso premio: ricorso inammissibile senza critica

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un detenuto contro il diniego di un permesso premio. La Corte ha stabilito che l’appello era infondato in quanto si limitava a proporre una diversa interpretazione dei fatti, senza individuare specifici vizi di legge nella decisione del Tribunale di Sorveglianza, il quale aveva correttamente valutato la pericolosità del soggetto e la mancanza di un pentimento genuino.

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Pubblicato il 3 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Permesso Premio Negato: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile

La concessione di un permesso premio rappresenta un momento cruciale nel percorso di rieducazione di un detenuto, ma il suo diniego può portare a complesse questioni procedurali. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 8454/2024) chiarisce i limiti del ricorso contro tali decisioni, sottolineando l’importanza di una motivazione specifica e giuridicamente fondata. Questo articolo analizza la pronuncia, spiegando perché un ricorso basato su una semplice rilettura dei fatti sia destinato all’inammissibilità.

I Fatti del Caso

La vicenda ha origine dalla richiesta di un permesso premio presentata da un detenuto ai sensi dell’art. 30 ter dell’ordinamento penitenziario. L’istanza è stata inizialmente respinta dal Magistrato di Sorveglianza. Contro tale decisione, l’interessato ha proposto reclamo al Tribunale di Sorveglianza di Napoli, il quale, tuttavia, ha confermato il diniego.

Non arrendendosi, il detenuto ha presentato ricorso per Cassazione, lamentando un vizio di motivazione. A suo dire, il Tribunale non aveva valutato correttamente il percorso di revisione critica del suo passato criminale, che, secondo la sua prospettazione, era già stato avviato.

La Decisione della Corte e l’Inammissibilità del Ricorso

La Suprema Corte ha respinto le argomentazioni del ricorrente, dichiarando il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su un principio cardine del giudizio di legittimità: la Corte di Cassazione non è un “terzo grado” di giudizio dove si possono riesaminare i fatti, ma un organo che valuta la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione delle sentenze precedenti.

Il ricorso, secondo i giudici, non evidenziava reali vizi di legge o palesi contraddizioni nell’ordinanza del Tribunale di Sorveglianza. Al contrario, si limitava a sollecitare una “diversa e alternativa lettura” degli elementi già valutati, un’operazione non consentita in questa sede.

Le Motivazioni

La Corte ha ritenuto che le doglianze fossero manifestamente infondate. Il Tribunale di Sorveglianza aveva fornito una motivazione adeguata e coerente per il rigetto, basandosi su elementi concreti. In particolare, la decisione era fondata su una valutazione complessiva che teneva conto sia della pericolosità del condannato sia della “mancata genuinità del pentimento”. Inoltre, era stata considerata l’incidenza del percorso trattamentale intrapreso fino a quel momento, ritenuto non ancora sufficiente a giustificare la concessione del beneficio.

La Cassazione ha ribadito che il suo compito non è sostituire la propria valutazione a quella del giudice di merito, ma verificare che quest’ultima sia immune da vizi logico-giuridici. Poiché il Tribunale aveva dato conto in modo esauriente delle ragioni del diniego, il ricorso non poteva che essere dichiarato inammissibile. La Corte ha richiamato precedenti giurisprudenziali consolidati che vietano di trasformare il giudizio di legittimità in una nuova valutazione dei fatti.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame offre un’importante lezione pratica: per contestare efficacemente il diniego di un permesso premio in Cassazione, non è sufficiente essere in disaccordo con la valutazione del Tribunale di Sorveglianza. È indispensabile che il ricorso individui specifici errori di diritto o vizi logici manifesti nella motivazione del provvedimento impugnato. Un ricorso generico, che si limita a proporre una narrazione alternativa, è destinato a scontrarsi con la dichiarazione di inammissibilità. Tale esito comporta non solo la conferma della decisione negativa, ma anche la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della cassa delle ammende, come avvenuto nel caso di specie.

Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché non contestava vizi di legge nell’ordinanza impugnata, ma si limitava a sollecitare una diversa e alternativa lettura dei fatti, operazione non consentita in sede di legittimità.

Quali elementi aveva considerato il Tribunale di Sorveglianza per negare il permesso premio?
Il Tribunale aveva basato la sua decisione sulla pericolosità del condannato, sulla mancata genuinità del suo pentimento e sull’incidenza del percorso di rieducazione intrapreso, fornendo ragioni adeguate e coerenti per il rigetto.

Quali sono le conseguenze per il ricorrente quando un ricorso viene dichiarato inammissibile?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, come in questo caso, al versamento di una somma di denaro (tremila euro) a favore della cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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