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Permesso premio reati ostativi: la procedura corretta

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un detenuto per reati ostativi che aveva richiesto un permesso premio. L’errore fatale è stato presentare l’istanza direttamente al Tribunale di Sorveglianza anziché al Magistrato di Sorveglianza, l’unico competente a ricevere la richiesta iniziale. La sentenza sottolinea l’importanza di seguire la corretta procedura per ottenere il permesso premio reati ostativi.

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Pubblicato il 24 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Permesso Premio per Reati Ostativi: Guida alla Procedura Corretta

Ottenere un permesso premio reati ostativi è un percorso complesso, dove la correttezza procedurale non è un dettaglio, ma la chiave per accedere al beneficio. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 24914 del 2025, ribadisce un principio fondamentale: l’istanza va presentata al Magistrato di Sorveglianza e non direttamente al Tribunale. Un errore su questo punto iniziale può compromettere irrimediabilmente l’intero percorso.

I Fatti di Causa

Il caso analizzato riguarda un detenuto che sta scontando una pena di oltre 18 anni per reati di particolare gravità. L’uomo aveva presentato un’istanza per la concessione di un permesso premio, chiedendo contestualmente al Tribunale di Sorveglianza di accertare l’impossibilità di una sua collaborazione con la giustizia. Quest’ultimo accertamento è un presupposto indispensabile per i condannati per reati cosiddetti ‘ostativi’ per poter accedere ai benefici penitenziari.

Il Tribunale di Sorveglianza aveva rigettato l’istanza, evidenziando il ruolo apicale del detenuto all’interno di un’associazione criminale e la sua mancata volontà di fornire informazioni utili, nonostante ve ne fosse la possibilità. Inoltre, pesavano un debito di oltre 76.000 euro e il fatto che l’abitazione indicata per il permesso fosse stata sequestrata in quanto riconducibile al clan.

Contro questa decisione, il detenuto ha proposto ricorso in Cassazione, lamentando una violazione di legge e un vizio di motivazione.

La Decisione della Corte di Cassazione sul permesso premio reati ostativi

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, senza entrare nel merito delle doglianze del ricorrente. La decisione si fonda su una questione puramente procedurale, ma di importanza cruciale. La Cassazione ha stabilito che l’istanza originaria era ‘ab origine’ inammissibile perché era stata presentata all’organo giudiziario sbagliato.

Le Motivazioni

Il cuore della sentenza risiede nella netta distinzione di competenze tra il Magistrato di Sorveglianza e il Tribunale di Sorveglianza. La legge (art. 58-ter Ord. Pen.) affida al Tribunale di Sorveglianza il compito di accertare se un detenuto abbia collaborato utilmente con la giustizia o se tale collaborazione sia impossibile o inesigibile. Tuttavia, questo accertamento non può essere richiesto in via autonoma e principale.

Esso è, invece, un passaggio ‘prodromico’ e ‘incidentale’ all’interno di un procedimento volto alla concessione di un beneficio penitenziario. Nel caso del permesso premio, l’organo competente a decidere è il Magistrato di Sorveglianza.

La procedura corretta, come chiarito dalla Corte, è la seguente:
1. Il detenuto deve presentare l’istanza per il permesso premio reati ostativi al Magistrato di Sorveglianza.
2. Il Magistrato, in qualità di titolare del procedimento, valuta se sussistono i presupposti per la concessione.
3. Se emerge la necessità di accertare la questione della collaborazione con la giustizia (presupposto per superare il divieto dell’art. 4-bis), è lo stesso Magistrato a decidere se investire della questione il Tribunale di Sorveglianza.

Il detenuto, quindi, non ha la facoltà di rivolgersi direttamente al Tribunale. Presentare l’istanza direttamente a quest’ultimo costituisce un errore insanabile che rende la domanda inammissibile fin dal principio. Di conseguenza, anche il successivo ricorso in Cassazione contro la decisione del Tribunale diventa a sua volta inammissibile.

Le Conclusioni

Questa pronuncia riafferma un consolidato orientamento giurisprudenziale e offre una lezione fondamentale: nel diritto dell’esecuzione penale, la forma è sostanza. La sentenza sottolinea che la qualità di collaboratore di giustizia (o le situazioni equiparate) non è uno ‘status’ che si può far dichiarare in astratto, ma una condizione che va accertata nel contesto specifico di una richiesta di beneficio. L’iter procedurale è rigido e non ammette scorciatoie. Per i detenuti e i loro difensori, la conoscenza e il rispetto scrupoloso delle competenze funzionali del Magistrato e del Tribunale di Sorveglianza sono essenziali per evitare che una richiesta, anche potenzialmente fondata nel merito, venga respinta per un vizio procedurale.

A chi deve rivolgersi un detenuto per reati ostativi per chiedere un permesso premio?
L’istanza deve essere sempre presentata al Magistrato di Sorveglianza, che è l’organo titolare del procedimento per la concessione di tale beneficio.

È possibile chiedere direttamente al Tribunale di Sorveglianza di accertare l’impossibilità di collaborare con la giustizia?
No. La sentenza chiarisce che il detenuto non può rivolgersi direttamente al Tribunale per questo accertamento. Si tratta di una valutazione che avviene solo in via incidentale, dopo che il Magistrato di Sorveglianza è stato correttamente investito della richiesta di permesso premio.

Cosa succede se l’istanza per il permesso premio viene presentata all’organo sbagliato?
Se l’istanza viene presentata direttamente al Tribunale di Sorveglianza anziché al Magistrato, essa è inammissibile fin dall’origine. Di conseguenza, ogni successiva impugnazione sarà dichiarata a sua volta inammissibile, precludendo l’esame nel merito della richiesta.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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