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Permesso premio reati ostativi: la nuova disciplina

La Corte di Cassazione ha annullato l’ordinanza di un Tribunale di sorveglianza che negava un permesso premio a un detenuto per reati ostativi. La Corte ha stabilito che, in base alla nuova normativa, il Tribunale non può limitarsi a constatare il mancato adempimento dell’onere probatorio da parte del detenuto, ma deve esercitare attivamente i propri poteri istruttori per verificare l’assenza di legami con la criminalità organizzata e i progressi nel percorso rieducativo. Il caso è stato rinviato per un nuovo esame.

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Pubblicato il 18 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Permesso Premio per Reati Ostativi: Obblighi del Giudice e Nuova Legge

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 34814/2024) ha fatto luce sulla corretta applicazione della nuova disciplina in materia di permesso premio per reati ostativi. La pronuncia chiarisce il ruolo attivo che il Tribunale di sorveglianza deve assumere nel valutare le istanze dei detenuti non collaboranti, segnando un passaggio cruciale dall’automatismo del diniego a una valutazione approfondita e caso per caso.

I Fatti del Caso

Un detenuto, condannato per reati rientranti nella cosiddetta “prima fascia” dei reati ostativi, aveva presentato istanza per la concessione di un permesso premio. Il Tribunale di sorveglianza di Catanzaro, decidendo in sede di rinvio dopo un precedente annullamento da parte della Cassazione, aveva nuovamente rigettato la richiesta. La motivazione del rigetto si basava sull’assunto che il detenuto non avesse adempiuto all’onere probatorio su di lui gravante secondo la nuova normativa introdotta dal D.L. n. 162/2022. Il detenuto ha quindi proposto ricorso in Cassazione, lamentando che il Tribunale avesse ignorato sia i principi di diritto stabiliti nella precedente sentenza di rinvio sia i propri doveri istruttori previsti dalla nuova legge.

La Riforma dell’Art. 4-bis e il Permesso Premio per Reati Ostativi

Il D.L. 1° ottobre 2022, n. 162 (convertito in Legge n. 199/2022) ha modificato in modo sostanziale l’art. 4-bis dell’ordinamento penitenziario. In precedenza, per i condannati per reati ostativi, la collaborazione con la giustizia era una condizione quasi imprescindibile per accedere ai benefici penitenziari. La riforma ha trasformato la presunzione di pericolosità sociale da assoluta a relativa. Oggi, anche chi non collabora può ottenere benefici come il permesso premio, ma a condizioni stringenti. Il detenuto deve dimostrare l’adempimento delle obbligazioni civili, allegare elementi specifici che attestino l’assenza di collegamenti attuali con la criminalità organizzata e un’avvenuta revisione critica del proprio passato criminale.

Contestualmente, la legge impone al Tribunale di sorveglianza un ruolo proattivo, che non si esaurisce nella mera ricezione delle prove fornite dal detenuto. Il giudice deve svolgere una complessa attività istruttoria, acquisendo pareri, informazioni dalla direzione del carcere e disponendo accertamenti patrimoniali per verificare in modo concreto il superamento della presunzione di pericolosità.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso del detenuto, annullando con rinvio la decisione del Tribunale di sorveglianza. Il punto centrale della sentenza è il rimprovero mosso al giudice di merito per non aver correttamente applicato la nuova normativa.

Le Motivazioni della Corte

Secondo la Cassazione, il Tribunale di sorveglianza ha commesso un duplice errore. In primo luogo, pur riconoscendo l’applicabilità della nuova legge, si è limitato ad affermare in modo apodittico che il ricorrente non avesse soddisfatto il proprio onere probatorio. In questo modo, ha completamente ignorato la documentazione prodotta dalla difesa a corredo dell’istanza, omettendo di valutarla anche solo per attestarne l’inadeguatezza. In secondo luogo, e in modo ancora più grave, il Tribunale ha trascurato di esercitare i poteri istruttori che la legge gli conferisce. Non ha attivato alcuna indagine per accertare i progressi del detenuto nel percorso trattamentale, né ha disposto le verifiche necessarie per controllare la fondatezza degli elementi forniti dall’istante e l’effettiva assenza di collegamenti con l’ambiente criminale di provenienza. La Corte ha sottolineato che il nuovo art. 4-bis impone al Tribunale un’istruttoria complessa e procedimentalizzata, il cui esito deve essere specificamente motivato nel provvedimento finale, sia esso di accoglimento o di rigetto.

Le Conclusioni

La sentenza ribadisce un principio fondamentale della riforma: la valutazione per la concessione di un permesso premio per reati ostativi a un non collaborante non può essere un atto passivo. Il Tribunale di sorveglianza ha l’obbligo giuridico di attivarsi, utilizzando tutti gli strumenti investigativi a sua disposizione per formare un giudizio completo e approfondito. Ignorare le prove fornite dal detenuto e omettere l’istruttoria d’ufficio costituisce una violazione di legge che rende illegittima la decisione. La pronuncia, quindi, rafforza le garanzie per i detenuti e impone alla magistratura di sorveglianza un approccio più rigoroso e sostanziale, volto a verificare l’effettivo percorso di risocializzazione e il distacco dai contesti criminali.

Un detenuto condannato per reati ostativi che non collabora con la giustizia può ottenere un permesso premio?
Sì, secondo la nuova disciplina introdotta dal D.L. n. 162/2022, è possibile a condizione che il detenuto adempia a specifici e gravosi oneri probatori. Deve dimostrare l’adempimento delle obbligazioni civili e fornire elementi concreti che escludano l’attualità di collegamenti con la criminalità organizzata.

Quale ruolo ha il Tribunale di sorveglianza nella valutazione di queste istanze?
Il Tribunale non può avere un ruolo passivo. Ha l’obbligo di svolgere una complessa e approfondita attività istruttoria, anche d’ufficio. Deve acquisire informazioni, pareri e disporre accertamenti per verificare in concreto se la presunzione di pericolosità sociale del detenuto sia stata superata.

Perché la decisione del Tribunale di sorveglianza è stata annullata in questo caso?
È stata annullata perché il Tribunale si è limitato ad affermare che il detenuto non avesse assolto il suo onere probatorio, senza però valutare la documentazione che egli aveva prodotto e, soprattutto, senza esercitare i poteri istruttori che la legge gli impone per verificare la sussistenza dei presupposti per la concessione del beneficio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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