Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 10456 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 10456 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 06/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a NAPOLI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 23/03/2023 della CORTE DI CASSAZIONE di ROMA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette/sentite le conclusioni del AVV_NOTAIO NOME COGNOME
Il Proc. Gen. conclude per rinammissibilita’
udito il difensore
AVV_NOTAIO chiede raccoglimento del ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 12.10.2022 il Tribunale di sorveglianza di Roma rigettava il reclamo proposto da NOME COGNOME contro il provvedimento con cui il Magistrato di sorveglianza di Roma, in data 02.05.2022, aveva dichiarato inammissibile la richiesta di permesso premio ai sensi dell’art. 30-ter ord. pen., ritenendo non escluso il pericolo di ripresa dei contatti da parte dello stesso con il contesto criminale di appartenenza.
La presunzione di pericolosità, solo relativa dopo l’intervento della Sent. 253/2019 Corte Cost., secondo il Tribunale si sarebbe potuta superare solo a seguito di un accertamento di elementi concreti, tali da escludere l’attualità di collegamenti con organizzazioni criminali o la possibilità di una loro ripresa e non solo in virtù di una regolare condotta intramuraria.
Lo stesso Tribunale di sorveglianza, il 01.02.2018, aveva respinto la richiesta del COGNOME volta a stabilire l’impossibilità ovvero l’irrilevanza dell collaborazione, ritenendo che sussistessero invece spazi per una sua proficua condotta collaborativa in quanto, sebbene la sua condanna fosse definitiva, la causale dell’azione omicidiaria attuata da lui in concorso con due complici rimaneva indeterminata, né erano chiari il ruolo svolto dallo stesso e gli obiettivi perseguiti nell’ambito della guerra di camorra.
Il Tribunale metteva in rilievo, alla luce delle ripercorse risultanze istruttorie che il COGNOME avesse commesso reati in un contesto di criminalità organizzata, in particolare, il sequestro di NOME COGNOME finalizzato ad agevolare gruppi camorristici, poi in parte confluiti nel cartello “RAGIONE_SOCIALE” , ancora attivo, e tale elemento era sufficiente per ritenere non escluso il pericolo di ripresa dei contatti con detto contesto.
L’assenza di una resipiscenza in ordine ai reati commessi poteva evincersi anche dalla condotta del COGNOME, che continuava a professarsi innocente, nonostante la condanna definitiva.
Avverso detta ordinanza proponeva ricorso per cassazione NOME COGNOME, tramite il proprio difensore di fiducia.
2.1. Questa Corte, con la pronuncia del 23.03.2023, dichiarava inammissibile il ricorso osservando come il Tribunale di sorveglianza avesse valutato in modo approfondito gli atti sottoposti al suo esame, individuando con precisione gli elementi che portavano a ritenere ancora sussistente una elevata pericolosità sociale del COGNOME.
“Il giudice di sorveglianza, al fine di verificare la concedibilità di permesso premio ex art.30-ter ord. pen. è tenuto a compiere un esame in concreto degli elementi individualizzanti che caratterizzano il percorso rieducativo del detenuto, dai quali si possa desumere la proiezione attuale a recidere i collegamenti criminali mafiosi e a non riattivarli in futuro” (Sez. V n.19536/2022, Rv. 283096).
Nel caso di specie la valutazione effettuata appariva logica e coerente, anche in riferimento alla Sent. 253/2019 Corte cost. che ha dichiarato illegittimo il divieto posto dall’art.4-bis, comma 1, 1.354/1975 alla concedibilità di permessi premio ai detenuti condannati per delitti commessi al fine di agevolare l’attività di associazioni RAGIONE_SOCIALE, benché non collaboranti.
Il ricorrente ha scelto di non collaborare e nonostante la sua condotta intramuraria, non ha mostrato segni di una rielaborazione critica dei reati commessi, continuando a proclamarsi innocente in ordine a delitti per i quali ha condanna definitiva.
Il Tribunale ha evidenziato infine anche il sospetto di inserimento di alcuni familiari del COGNOME in ambienti criminali ed il pericolo di un ripristino da parte sua dei contatti con i clan camorristici, per agevolare i quali egli aveva commesso il reato di sequestro di persona.
Avverso la predetta sentenza, propone ricorso straordinario per cassazione NOME COGNOME, tramite il proprio difensore di fiducia affidando le censure ad un unico motivo con il quale deduce violazione dell’art.625-bis cod. proc. pen. in ordine all’errore di fatto contenuto nella sentenza oggetto di ricorso nella parte in cui ha ritenuto erroneamente accertati gli ipotetici collegamenti con la criminalità organizzata.
In particolare, la Corte ha compiuto un errore di fatto in sede di valutazione delle due informative difformi, quella della RAGIONE_SOCIALE/RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE del 2017 che escludeva qualsiasi collegamento del COGNOME con la criminalità organizzata e quella della RAGIONE_SOCIALE del 2022, la quale riferiva di un coinvolgimento del marito della figlia in attività delinquenziali, dato neutro indicato solo a titolo informativo, considerando che il COGNOME cori quest’ultimo non avesse rapporti.
Il Tribunale di sorveglianza di Roma aveva rigettato il reclamo non valutando i motivi in esso riportati; la RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE avevano smentito il proprio assunto del 2017, sostenendo nella informativa del 2022 che il prevenuto fosse implicato con organizzazioni criminali. Ci si chiede come ciò sia stato possibile visto che non vi era alcun fatto nuovo su cui basarsi. [1 COGNOME, detenuto
da 24 anni, non è stato mai accomunato al clan RAGIONE_SOCIALE o ad “RAGIONE_SOCIALE“, essendo, tra l’altro, assolutamente sconosciuto nella malavita attuale, né alcun componente pentito dei clan indicati ha mai fatto il nome di COGNOME NOME.
La Corte ha fatto spesso richiamo al sequestro COGNOME avvenuto nel 1980 e per il quale il pervenuto ha espiato la pena. Il Tribunale avrebbe dovuto indicare situazioni specifiche e tali da consentire un concreto apprezzamento della insussistenza, in particolare, del pericolo di ripristino di collegamenti con organizzazioni criminali.
Le allegazioni sostanziali le aveva inviate la RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, in quanto non vi era nessun elemento circostanziale in tema di vicinanza ai sensi dell’art.416-bis, il COGNOME aveva, anzi, evidenziato la sua vita di detenuto votato alla rieducazione, alla religione, alle partecipazioni culturali e scolastiche. La Corte dopo averne preso atto, ha però poi sostenuto il provvedimento del Tribunale di sorveglianza solo sulla base delle informative precedentemente descritte.
Ha evidenziato come la diversità tra le due informative non dimostrasse l’erroneità di una delle due, essendo ciascuna basata su determinati accertamenti, una su quelli più recenti. Si sottolinea un caos informativo nonché l’inesistenza di elementi sui quali la nota del 2022 potesse far derivare la possibilità che il COGNOME fosse un personaggio intraneo ai clan.
Le SS.UU. del 27 marzo 2002 hanno qualificato l’errore di fatto ai sensi dell’art.625-bis cod. proc. pen. quale défaillance di natura percettiva, causata da una svista o un equivoco, in cui la Corte di cassazione sia incorsa nella lettura degli atti interni del giudizio di legittimità e connotata dall’influenza esercitata s processo formativo della volontà del giudice, viziato dall’inesatta percezione delle risultanze processuali, il cui sviamento conduce ad una decisione diversa da quella che sarebbe stata adottata senza l’errore di fatto. L’oggetto dell’errore è costituito dagli atti interni al giudizio di legittimità; in questo caso, sussiste nesso causale tra l’errore di fatto e la decisione con la quale si è concluso il giudizio di legittimità.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è inammissibile.
Ed invero, come ha già avuto modo di affermare questa Corte il ricorso straordinario ex art. 625-bis cod. proc. pen., contenente richiesta di correzione
dell’errore materiale o di fatto, può avere ad oggetto esclusivamente pronunce di condanna, dovendosi intendere con tale termine l’applicazione di una sanzione penale, mentre non è esperibile allorché la decisione della Corte di cassazione riguardi – come nel caso di specie – i provvedimenti adottati dai giudici di sorveglianza (cfr. tra tante, Sez. 5, Sentenza n. 26033 del 13/07/2020, Rv. 279530 – 01. In motivazione questa Corte, con riferimento al rigetto di istanza di affidamento in prova al servizio sociale, ha precisato che i provvedimenti del magistrato di sorveglianza non incidono sulla condanna e sull’accertamento del fatto, ma, presupponendo il giudicato, attengono alle modalità di esecuzione alternativa della pena).
Sicché versandosi nella fattispecie in esame nel caso di richiesta di permesso premio ai sensi dell’art. 30-ter ord. pen., non può ritenersi a monte ammissibile il ricorso straordinario azionato dal ricorrente.
Deriva la declaratoria di inammissibilità del ricorso, cui consegue, per legge, ex art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese di procedimento, nonché, trattandosi di causa di inammissibilità determinata da profili di colpa emergenti dai medesimo atto impugnatorio, al versamento, in favore della cassa delle ammende, di una somma che si ritiene equo e congruo determinare in Euro 3.000,00 in relazione alla entità delle questioni trattate.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 6/2/2023.