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Permesso premio: prova del distacco dal crimine

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un detenuto contro il diniego di un permesso premio. La Corte ha stabilito che, per i reati connessi alla criminalità organizzata, la buona condotta carceraria non è sufficiente per superare la presunzione di pericolosità sociale. Il detenuto ha l’onere di fornire prove specifiche di un reale distacco dal contesto criminale, cosa non avvenuta nel caso di specie.

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Pubblicato il 17 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Permesso Premio Negato: Quando la Buona Condotta Non Basta

L’ottenimento di un permesso premio rappresenta un passo fondamentale nel percorso di reinserimento sociale di un detenuto. Tuttavia, per i condannati per reati legati alla criminalità organizzata, la strada è più complessa. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce che la semplice regolarità della condotta carceraria non è sufficiente a superare la presunzione di pericolosità sociale. Vediamo nel dettaglio il caso e le conclusioni dei giudici.

Il Caso in Esame: La Richiesta di Permesso Premio e il Diniego

Un detenuto, condannato per reati gravi, presentava istanza per la concessione di un permesso premio ai sensi dell’art. 30-ter dell’Ordinamento Penitenziario. La sua richiesta veniva però rigettata dal Tribunale di Sorveglianza. La ragione del diniego risiedeva nella mancata dimostrazione di elementi idonei a escludere l’attualità dei suoi collegamenti con la criminalità organizzata e con il contesto in cui il reato era stato commesso.

Il Tribunale, applicando rigorosamente la previsione dell’art. 4-bis, comma 1-bis, Ord. pen., ha ritenuto che il detenuto non avesse fornito prove sufficienti per superare la presunzione legale di pericolosità sociale che grava su chi è condannato per tali tipologie di crimini. Contro questa decisione, il detenuto proponeva ricorso in Cassazione.

L’Analisi della Cassazione sul Permesso Premio

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la linea del Tribunale di Sorveglianza. I giudici supremi hanno ribadito un principio fondamentale: per i detenuti condannati per reati ostativi, l’onere di provare il proprio cambiamento e il distacco dall’ambiente criminale è particolarmente gravoso.

La Presunzione di Pericolosità Sociale

La normativa, in particolare l’art. 4-bis Ord. pen., stabilisce una presunzione relativa di pericolosità sociale. Ciò significa che la legge presume che il soggetto sia ancora pericoloso, a meno che non sia lui stesso a dimostrare il contrario. Questa presunzione non può essere superata con elementi generici.

L’Onere della Prova a Carico del Detenuto

La Cassazione ha sottolineato che non è sufficiente, per il detenuto, fare appello alla regolarità della condotta carceraria o alla mera partecipazione al percorso rieducativo. Questi elementi, seppur positivi, non bastano. È necessario fornire la prova di “comportamenti resipiscenti, congrui e specifici”, ovvero azioni concrete che dimostrino un pentimento genuino e un effettivo allontanamento dalle logiche criminali.

Le Motivazioni della Decisione

Le motivazioni della Corte si fondano sull’assenza di prove concrete fornite dal ricorrente. Il detenuto non è riuscito a offrire alcun elemento idoneo a dimostrare un reale processo di revisione critica della propria condotta passata. La difesa si era limitata a richiamare la buona condotta e la partecipazione al percorso trattamentale, argomenti ritenuti insufficienti a vincere la presunzione di legge. La decisione evidenzia la necessità di un’analisi approfondita che vada oltre la superficie del comportamento intramurario, per valutare la reale interruzione dei legami con la criminalità organizzata, tenendo conto di tutte le informazioni disponibili e delle circostanze personali e ambientali.

Le Conclusioni

L’ordinanza ribadisce la severità della legge nei confronti dei reati di criminalità organizzata e stabilisce un chiaro confine: per ottenere benefici come il permesso premio, il detenuto deve assumersi un ruolo attivo nel dimostrare il proprio cambiamento. La buona condotta è un prerequisito, ma la prova decisiva risiede nella capacità di fornire elementi specifici che attestino un definitivo e credibile distacco dal passato criminale. In assenza di tale prova, la presunzione di pericolosità sociale rimane, precludendo l’accesso ai benefici penitenziari.

Perché il Tribunale di Sorveglianza ha negato il permesso premio al detenuto?
Il Tribunale ha negato il permesso perché non sono emersi elementi che consentissero di “escludere l’attualità di collegamenti con la criminalità organizzata”. Il detenuto non ha fornito prove sufficienti a superare la presunzione di pericolosità sociale prevista dalla legge per la sua tipologia di reato.

La buona condotta in carcere è sufficiente per ottenere un permesso premio in casi di criminalità organizzata?
No. Secondo la Corte di Cassazione, la regolarità della condotta carceraria o la mera partecipazione a un percorso rieducativo non sono sufficienti. È necessario fornire una prova di comportamenti “resipiscenti, congrui e specifici” che dimostrino un reale cambiamento.

Cosa deve dimostrare un detenuto per superare la presunzione di pericolosità sociale prevista dall’art. 4-bis Ord. pen.?
Il detenuto deve fornire elementi idonei che dimostrino un effettivo superamento della sua pericolosità. Questo include la prova di una revisione critica della propria condotta criminale e l’assenza di collegamenti attuali con l’ambiente criminale di provenienza, supportata da comportamenti concreti e non da mere dichiarazioni o da una condotta carceraria regolare.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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