Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 13520 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 13520 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 24/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D’APPELLO DI L’AQUILA
COGNOME NOME nato a CATANIA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 13/06/2023 del TRIB. SORVEGLIANZA di L’AQUILA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, nella persona del AVV_NOTAIO procuratore generale NOME COGNOME, che ha chiesto, con requisitoria scritta, l’annullamento senza rinvio del provvedimento impugnato.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza emessa in data 13 giugno 2023 il Tribunale di sorveglianza di L’Aquila ha respinto il reclamo proposto dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di L’Aquila avverso il decreto con cui il magistrato di sorveglianza di L’Aquila, in data 19 marzo 2023, ha concesso un permesso premio a NOME COGNOME.
Secondo il pubblico ministero, il magistrato di sorveglianza non ha adeguatamente valutato l’intervenuta rescissione dei collegamenti del detenuto con l’associazione criminosa di appartenenza, un’articolazione del clan RAGIONE_SOCIALE, essendosi limitato a richiamare l’intervenuta revoca della sottoposizione al regime di cui all’art. 41-bis Ord.pen. e la regolare condotta carceraria, senza valutare il pericolo di ripristino di tali collegamenti, prospettato dalla DNA e dalla DDA di Cagliari per l’attuale esistenza del clan COGNOME, il ruolo apicale del NOME e la sua mancata collaborazione.
Il Tribunale ha ritenuto corretto il provvedimento, affermando che il magistrato di sorveglianza ha valutato approfonditamente il pericolo di ripristino dei contatti con l’associazione di appartenenza, escludendolo per la mancanza di elementi da cui dedurre l’attualità di collegamenti, ed ha esaminato i pareri della RAGIONE_SOCIALE, dei RAGIONE_SOCIALE e della RAGIONE_SOCIALE anche circa le ipotizzate fonti di reddito del detenuto. Ha quindi ritenuto che tutte le informazioni depongono per la intervenuta cessazione di tali collegamenti, come valutato anche dal Tribunale di sorveglianza di Roma nel provvedimento di revoca della sottoposizione del detenuto al regime di cui all’art. 41-bis Ord.pen., e come confermato dagli esiti dell’osservazione in carcere, che dimostrano la sua evoluzior e positiva, avendo egli anche avviato il percorso di giustizia riparativa.
Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso il Procuratore generale presso la Corte di appello di L’Aquila, articolando un unico motivo, con il quale lamenta la violazione dell’art. 4-bis, comma 1-bis, e :30-ter Ord.Pen., per essere stato il permesso premio concesso in assenza delle condizioni richieste dall’art. 4-bis, comma 1-bis, Ord. Pen.
L’art. 4-bis, comma 1-bis, Ord. Pen., come novellato dal d.l. n. 162/2022, subordina la concessione del beneficio all’allegazione, da parte del detenuto, di elementi specifici, diversi e ulteriori rispetto alla regolare condotta carceraria o alla partecipazione al percorso rieducativo, che consentano di escludere il mantenimento o il pericolo di ripristino di collegamenti con l’associazione criminosa di appartenenza, oltre alla impossibilità di adempiere alle obbligazioni civili. Il detenuto non ha soddisfatto in alcun modo tale onere. Egli non ha mai
collaborato, e la sua richiesta di ritenere la collaborazione impossibile è stata respinta proprio con riferimento ai reati associativi.
Oltre a ciò, i pareri negativi della DNA e della DDA hanno evidenziato l’esistenza di elementi che fanno ipotizzare tali collegamenti ancora presenti, o facilmente ripristinabili, quali la persistente operatività del suo clan, il ruo apicale da lui ricoperto, l’assenza di una formale dissociazione e di qualunque forma di collaborazione. Il richiamo al provvedimento di revoca della sottoposizione al regime differenziato è inconferente: tale provvedimento risale al 2010, e quindi nulla attesta in merito all’attuale assenza di contatti o del pericolo del loro ripristino. La mera esclusione del regime differenziato, poi, non ha ricadute sulla concedibilità dei permessi premio, perché i due provvedimenti operano su piani diversi, e il novellato art. 4-bis, comma Ord. Pen. ha introdotto la necessità di una valutazione particolarmente stringente per la concessione dei permessi, essendo la peric:olosità sociale del mafioso presunta fino a prova contraria.
Il Procuratore Generale ha chiesto, con requisitoria scritta, l’annullamento senza rinvio del provvedimento impugnato
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato, e deve essere accolto.
L’art. 4-bis, comma 1-bis, Ord.pen., come novellato dal d.l. n. 162/2022, convertito nella legge n. 199/2022, in vigore dal 31/12/2022, ha stabilito che i benefici penitenziari di cui all’art. 4-bis, c:omma 1, Ord.pen. possono essere concessi ai condannati per reati quali il delitto di cui all’art. 416-bis cod.pen. «purché gli stessi dimostrino l’adempimento delle obbligazioni civili … o l’assoluta impossibilità di tale adempimento e alleghino elementi specifici, diversi e ulteriori rispetto alla regolare condotta carceraria, alla partecipazione del detenuto al percorso COGNOME rieducativo COGNOME e COGNOME alla COGNOME mera COGNOME dichiarazione COGNOME di COGNOME dissociazione dall’organizzazione criminale di eventuale appartenenza, che consentano di escludere l’attualità di collegamenti con la criminalità organizzata … nonché il pericolo di ripristino di tali collegamenti». E’ stato quindi imposto, al detenuto condannato per i reati di cui all’art. 4-bis, comma 1-bis, Ord.pen. che richieda la concessione di un beneficio, un onere di allegazione relativo non solo all’avvenuto adempimento delle obbligazioni civili e risarcitorie, ma anche all’assenza di contatti con l’associazione criminosa di appartenenza e del pericolo di un loro ripristino.
La nuova normativa deve essere applicata nel valutare, dopo la sua entrata in vigore, l’accoglibilità delle domande di concessione di un beneficio presentate da un detenuto condannato per un reato compreso nell’elenco di cui all’art. 4bis, comma 1-bis, Ord.pen. Secondo il principio dettato da questa Corte, infatti, «In tema di concessione del permesso premio a soggetto condannato per reati ostativi cd. “di prima fascia” che non abbia collaborato con la giustizia, sono applicabili ai procedimenti in corso le modifiche apportate all’art. 4-bis ord. pen. con d.l. 31 ottobre 2022, n. 162, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre 2022, n. 199, in ragione della natura processuale delle norme inerenti ai benefici penitenziari, che, in assenza di una specifica disciplina transitoria, soggiacciono al principio del “tempus regit actum”» (Sez. 1, n. 38278 del 20/04/2023, Rv. 285203).
L’ordinanza impugnata non si è conformata a tale principio in quanto, come lamentato dal procuratore ricorrente, non risulta avere applicato le modifiche introdotte dal d.l. n. 162/2022 all’art. 4-bis, comma 1-bis, Ord.pen.
Dal suo testo, infatti, risulta che le uniche allegazioni da parte del detenuto sono relative ad aspetti economici, che sono privi di una concreta rilevanza in merito al pericolo di ripristino dei collegamenti con il clan di appartenenza, dal quale egli non risulta essersi mai dissociato, non avendo mai prestato alcuna forma di collaborazione. Non risulta, pertanto, che il detenuto abbia fornito le allegazioni richieste dalla nuova normativa, in particolare quanto agli elementi, diversi e ulteriori rispetto alla regolare condotta carceraria e ad altri comportamenti rilevanti sotto il profilo del percorso rieducativo, che possono consentire di escludere l’attualità di collegamenti con il clan di appartenenza e il pericolo del loro ripristino.
Il Tribunale di sorveglianza non ha rilevato né valutato tale mancata allegazione, apparentemente omettendo del tutto di applicare il disposto della nuova normativa, benché in vigore già al momento della emissione del decreto con cui il magistrato di sorveglianza ha concesso il permesso premio. L’ordinanza impugnata fonda la sua decisione, infatti, su elementi quali l’entità dei redditi del detenuto, da lui allegata, il certificato negativo dei carich pendenti, le relazioni di sintesi inviate dal carcere, e il provvedimento di revoca della sottoposizione al regime differenziato di cui all’art. 41-bis Ord.pen., risalente però al 2010 e quindi privo di attualità, e deduce l’assenza di collegamenti con il clan di appartenenza e del pericolo di ripristino di tali contatti solo dalla lettura dei pareri, in verità negativi, dei vari organi di Polizia giudiziari, e dal predetto provvedimento di revoca, senza menzionare alcuna allegazione da parte del detenuto.
4. La motivazione dell’ordinanza impugnata, pertanto, è assente quanto al rispetto del principio stabilito dall’art. 4-bis, comma 1-bis, Ord.pen. nella formulazione vigente al momento dell’adozione del provvedimento stesso. Essa deve, perciò, essere annullata, con rinvio allo stesso Tribunale di sorveglianza di L’Aquila per un nuovo giudizio, che tenga conto delle disposizioni della predetta normativa, tuttora in vigore per la parte di interesse.
Il giudice del rinvio, peraltro, valuterà anche la sussistenza dell’interesse della Procura ricorrente alla decisione, interesse che deve ritenersi venuto meno qualora il permesso premio sia stato già goduto dal detenuto. Deve ribadirsi, infatti, il principio secondo cui «L’interesse richiesto dall’art. 568, comma quarto, cod.proc.pen, quale condizione di ammissibilità di qualsiasi impugnazione, deve essere correlato agli effetti primari e diretti del provvedimento oggetto dell’impugnazione e sussiste solo se il gravame skidoneo a costituire, attraverso l’eliminazione del predetto provvedimento, una situazione pratica più vantaggiosa per l’impugnante» (Sez. 6, n. :L7686 del 07/04/2015, Rv. 267172). Tale principio opera anche nel caso in c:ui l’impugnazione sia proposta dal pubblico ministero, il quale non può far valere una mera pretesa teorica preordinata all’astratta osservanza della legge e alla corrette.zza giuridica della decisione, ma deve comunque dedurre un concreto pregiudizio, suscettibile di essere eliminato dalla riforma o dall’annullamento della decisione impugnata (vedi Sez. 3, n. 30547 del 06/03/2019, Rv. 276274)
P.Q.111.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di sorveglianza di L’Aquila.
Così deciso il 24 gennaio 2024
Il Consigliere estensore
Il Presidente