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Permesso premio non collaborante: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 11201 del 2024, ha rigettato il ricorso di un detenuto condannato per reati di tipo mafioso, confermando il diniego del permesso premio. La decisione si fonda sull’applicazione della nuova normativa (D.L. 162/2022) che impone un onere probatorio aggravato per i non collaboranti. La Corte ha stabilito che la sola dichiarazione di dissociazione non è sufficiente, essendo necessario per il detenuto fornire prove concrete dell’assenza di legami attuali con la criminalità organizzata e della partecipazione a percorsi di giustizia riparativa. Questo caso definisce i rigorosi requisiti per ottenere un permesso premio non collaborante.

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Pubblicato il 7 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Permesso Premio Non Collaborante: Nuovi Oneri Probatòri

La recente sentenza della Corte di Cassazione n. 11201 del 2024 offre un’analisi cruciale sulle condizioni per la concessione del permesso premio non collaborante a detenuti per reati ostativi. Questa decisione chiarisce l’impatto della riforma legislativa del 2022, che ha introdotto un onere probatorio molto più stringente per chi, pur condannato per gravi reati, sceglie di non collaborare con la giustizia. La Corte sottolinea che una semplice dichiarazione di dissociazione dal contesto criminale non è più sufficiente.

I Fatti del Caso

Il caso riguarda un detenuto, condannato per gravi reati di stampo mafioso, che si era visto negare dal Tribunale di Sorveglianza la richiesta di un permesso premio. La sua istanza era stata respinta perché, secondo il Tribunale, non aveva adempiuto all’onere di fornire elementi specifici e concreti che dimostrassero l’assenza di legami attuali con l’organizzazione criminale di appartenenza e una reale partecipazione a iniziative di valenza riparatoria. Il detenuto ha presentato ricorso in Cassazione, sostenendo che il diniego si basasse su una presunzione di pericolosità sociale e che la nuova normativa, più severa, non dovesse applicarsi al suo caso.

La Normativa sul Permesso Premio e la Riforma del 2022

Il fulcro della questione è l’articolo 4-bis dell’Ordinamento Penitenziario, modificato dal D.L. n. 162 del 2022. Questa riforma ha stabilito una netta distinzione tra detenuti collaboranti e non collaboranti. Per questi ultimi, l’accesso ai benefici penitenziari è subordinato a una “istruttoria rafforzata”. Il detenuto deve dimostrare attivamente:

1. L’adempimento delle obbligazioni civili e di riparazione pecuniaria o l’impossibilità di farlo.
2. L’allegazione di elementi specifici, diversi dalla sola buona condotta, che escludano collegamenti attuali con la criminalità organizzata.
3. La partecipazione a percorsi di giustizia riparativa.

Il giudice deve accertare questi elementi tenendo conto di ogni informazione disponibile, comprese le ragioni della mancata collaborazione e la revisione critica della condotta criminosa.

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, ritenendo la decisione del Tribunale di Sorveglianza corretta e ben motivata. In primo luogo, la Corte ha affermato che le nuove norme, avendo natura processuale, si applicano a tutti i procedimenti in corso secondo il principio tempus regit actum. Non si tratta quindi di un’applicazione retroattiva di una norma più sfavorevole, ma della corretta applicazione delle regole procedurali vigenti al momento della decisione.

Nel merito, la Cassazione ha evidenziato come il ricorrente non avesse soddisfatto i rigorosi oneri probatori imposti dalla nuova legge. Il Tribunale di Sorveglianza aveva correttamente rilevato che:

* Non era stato dimostrato l’adempimento degli obblighi di riparazione verso le vittime.
* Le iniziative benefiche intraprese erano generiche e non potevano essere considerate come una forma di riparazione specifica per i reati commessi.
* La semplice dichiarazione di dissociazione agli educatori non era sufficiente a provare l’assenza di legami attuali con l’associazione mafiosa, che risultava ancora operativa.

La Corte ha concluso che, in assenza di indici esteriori concreti che comprovassero una reale dissociazione e un percorso di revisione critica, il diniego del permesso premio era legittimo.

Le Conclusioni

La sentenza consolida un orientamento giurisprudenziale molto rigoroso per la concessione del permesso premio non collaborante. La scelta di non collaborare con la giustizia è legittima, ma comporta per il detenuto l’onere di dimostrare, con fatti concreti e verificabili, di aver reciso ogni legame con il proprio passato criminale. Non è più sufficiente una dissociazione verbale o una generica buona condotta carceraria. È richiesta una prova attiva e positiva di un cambiamento profondo, che passa attraverso la riparazione del danno e la dimostrazione di non costituire più un pericolo per la società.

La nuova legge più severa sui benefici penitenziari si applica ai procedimenti già in corso?
Sì, la Corte di Cassazione ha chiarito che le modifiche all’art. 4-bis Ord. pen. hanno natura processuale e, pertanto, si applicano immediatamente ai procedimenti in corso in base al principio del tempus regit actum.

Per ottenere un permesso premio, è sufficiente che un detenuto per reati di mafia dichiari di essersi dissociato dall’organizzazione?
No, la sentenza afferma che la mera dichiarazione di dissociazione è insufficiente. Il detenuto deve fornire elementi specifici, diversi e ulteriori rispetto alla regolare condotta carceraria, che consentano di escludere l’attualità di collegamenti con la criminalità organizzata.

Cosa deve dimostrare concretamente un detenuto non collaborante per accedere ai benefici?
Deve dimostrare l’adempimento delle obbligazioni civili e degli obblighi di riparazione (o l’impossibilità di farlo), fornire elementi che provino l’assenza di legami con il contesto criminale e la sussistenza di iniziative a favore delle vittime, anche nella forma della giustizia riparativa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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