Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 18497 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 18497 Anno 2024
Presidente: FIORDALISI DOMENICO
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 28/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a SIRACUSA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 09/11/2023 del TRIB. SORVEGLIANZA di PERUGIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Considerato che NOME COGNOME ricorre avverso l’ordinanza in preambolo, con la quale il Tribunale di sorveglianza di Perugia ha rigettato il reclamo proposto avverso il decreto con cui, il 29 ottobre 2022, il Magistrato di sorveglianza aveva respinto la richiesta di concessione di permesso premio formulata ai sensi dell’art. 30-ter legge 26 luglio 1975, n. 354 (Ord. Pen) e deduce l’illogicità e contraddittorietà della motivazione che trascura il parere favorevole contenuto nella relazione di sintesi dell’Equipe trattamentale;
ricordato che il giudice, a fronte dell’istanza intesa alla concessione dei permessi premio, deve accertare, acquisendo le informazioni necessarie a valutare la coerenza del permesso con il trattamento complessivo e con le sue finalità di risocializzazione, la sussistenza di tre requisiti, integranti altrettanti presuppos logico-giuridici della concedibilità del beneficio e costituiti, rispettivamente, dal regolare condotta del detenuto, dall’assenza di sua pericolosità sociale e dalla funzionalità del permesso premio alla coltivazione di interessi affettivi, culturali e di lavoro (in questo senso, cfr., tra le altre, Sez. 1, n. 36456 del 09/04/2018, Corrias, Rv. 273608; Sez. 1, n. 11581 del 05/02/2013, Grillo, Rv. 255311);
rimarcato, altresì, che nel caso di condannati, come l’odierno ricorrente, che stiano espiando una pena applicata per reati ostativi «di prima fascia» deve, ulteriormente, aversi riguardo alla novella introdotta con il decreto-legge 31 ottobre 2022, n. 162 (Misure urgenti in materia di divieto di concessione dei benefici penitenziari nei confronti dei detenuti o internati che non collaborano con la giustizia), poi convertito con modificazioni dalla legge n. 199 del 2022, che ha apportato modifiche alla disciplina prevista dall’art. 4-bis I. n. 354 del 1975;
considerato che, alla luce del nuovo regime giuridico, i benefici penitenziari per reati ostativi di “prima fascia” possono essere concessi ai detenuti anche in assenza di collaborazione con la giustizia, a condizione che: i) dimostrino l’adempimento delle obbligazioni civili e degli obblighi di riparazione pecuniaria conseguenti alla condanna o l’assoluta impossibilità di adempimento; ii) alleghino elementi specifici, diversi e ulteriori rispetto alla regolare condotta carceraria, al partecipazione al percorso rieducativo e alla mera dichiarazione di dissociazione, che consentano di escludere l’attualità di collegamenti con la criminalità organizzata e con il contesto nel quale il reato è stato commesso, nonché il pericolo di ripristino di tali collegamenti, anche indiretti o tramite terzi, tenuto conto de circostanze personali e ambientali, delle ragioni eventualmente dedotte a sostegno della mancata collaborazione, della revisione critica della condotta criminosa e di altra informazione disponibile; iii) il giudice accerti la sussistenza di iniziat
dell’interessato a favore delle vittime, sia nelle forme risarcitorie che in que giustizia riparativa;
considerato altresì che, una volta che si accerti la ricorrenza delle menzionate condizioni, il Tribunale è chiamato a una complessa attività istruttoria, consistente nell’acquisizione di dettagliate informazioni, anche a conferma degli elementi offerti dal richiedente, in ordine: i) al perdurare dell’operatività del sodali criminale di appartenenza o del contesto criminale in cui il delitto fu commesso; ii) al profilo criminale del detenuto; iii) alla sua posizione all’int dell’associazione; iv) alle eventuali nuove imputazioni o misure cautelari o di prevenzione sopravvenute e, ove significative, v) alle infrazioni disciplinari commesse in corso di detenzione;
rilevato che il Tribunale, ancora, deve richiedere il parere del pubblico ministero presso il giudice che ha emesso la sentenza di primo grado o, se si tratta di condanne per i delitti di cui agli artt. 51 comma 3-bis e 3-quater, cod. proc. pen., del pubblico ministero preso il Tribunale del capoluogo del distretto ove à stata pronunciata la sentenza di primo grado, e del Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo; deve, quindi, acquisire informazioni dalla Direzione dell’Istituto di detenzione e deve disporre accertamenti sulle condizioni reddituali e patrimoniali, sul tenore di vita, sulle attività economiche e sulla pendenza o definitività di misure di prevenzione personali o patrimoniali del detenuto, degli appartenenti al suo nucleo familiare o delle persone comunque a lui collegate;
rilevato, in definitiva, che il principale portato della nuova disciplina si rinvi nella trasformazione da assoluta in relativa della presunzione di pericolosità ostativa alla concessione dei benefici e delle misure alternative in favore dei detenuti non collaboranti. Costoro, infatti, sono ora ammessi alla possibilità di proporre richiesta, che può essere accolta in presenza di stringenti e concomitanti condizioni, diversificate a seconda dei reati per i quali è intervenuta condanna;
ritenuto che il Tribunale di sorveglianza si è mosso nell’ambito di detta cornice normativa ed ha, da un canto, dato conto del vissuto criminale del condannato, dell’attuale assenza di pendenze, delle circostanze da lui allegate al fine di dimostrare il venir meno dei collegamenti con l’ambiente criminale di appartenenza e il pericolo, per il caso di ammissione al beneficio richiesto, del loro ripristino; dall’altro ha spiegato, con argomenti di assoluta solidità, come, nel caso in esame, difettino i requisiti che condizionano il rilascio del permesso premio, valorizzando il dato – emergente proprio dalla relazione dell’Equipe della mininnizzazione del proprio ruolo nei gravi reati commessi, deducendone l’assenza di una piena revisione critica del proprio passato delinquenziale;
rilevato ulteriormente che il Tribunale ha anche osservato che nessun elemento si evince dagli atti di osservazione in merito alla disponibilità a una
giustizia riparativa, aspetto che ha ritenuto dovrà essere approfondito nel corso dell’ulteriore periodo di osservazione;
ritenuto, a fronte di una decisione che si palesa frutto della complessiva, equilibrata delibazione delle evidenze disponibili, il ricorrente si pone in una prospettiva di mera confutazione, volta a esaltare le circostanze allegate in sede di reclamo, delle quali il Tribunale di sorveglianza ha dato analiticamente atto, stimandole, tuttavia, non idonee a supportare, nella situazione data, l’accoglimento della richiesta di permesso premio, che – va ribadito – è stata disattesa nell’esercizio della discrezionalità riconosciuta alla magistratura di sorveglianza e sulla scorta di un apparato motivazionale esente da deficit razionali e saldamente ancorato alle emergenze istruttorie;
rilevato, per le esposte considerazioni, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e – per i profili di colpa connessi all’irritualità dell’impugnazione (Corte cost. 186 del 2000) – di una somma in favore della Cassa delle ammende che si stima equo determinare, in rapporto alle questioni dedotte, in euro tremila;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 28 marzo 2024
Il Consigliere estensore COGNOME
Il Presidente