Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 35619 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 35619 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 24/09/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a TORRE DEL GRECO il DATA_NASCITA
avverso l ‘ ordinanza del 10/04/2025 del TRIB. SORVEGLIANZA di NAPOLI
visti gli atti, il provvedimento impugNOME e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria del Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo l ‘ annullamento con rinvio dell ‘ ordinanza impugnata.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza in data 17 aprile 2024, il Tribunale di sorveglianza di Napoli aveva rigettato l ‘ istanza di accertamento della impossibilità o inesigibilità della collaborazione con la giustizia ai sensi dell ‘ art. 58ter Ord. pen. e aveva, per l ‘ effetto, dichiarato inammissibile la richiesta di permesso premio proposta nell ‘ interesse di NOME COGNOME, detenuto in espiazione della pena di 10 anni di reclusione inflitta con sentenza del Tribunale di Torre Annunziata in data 12 ottobre 2020 per il delitto di cui agli artt. 110 e 416bis cod. pen., commesso in Torre del Greco dal 2008 al 2014 e per il delitto di cui agli artt. 110, 81, 629, secondo comma, cod. pen., aggravato ai sensi dell ‘ art. 7, legge n. 203 del 1991, commesso dal maggio 2013 al dicembre 2014, con fine pena al 10 marzo 2028.
1.1. Con sentenza n. 38468 in data 12 luglio 2024, la Prima Sezione penale della Corte di cassazione annullò il predetto provvedimento, rilevando che la modifica dell ‘ art. 4bis Ord. pen., introdotta dal d.l. 31 ottobre 2022, n. 162, convertito con modificazioni in legge 30 dicembre 2022, n. 199, aveva trasformato in relativa la presunzione legale di permanenza dei collegamenti con la criminalità organizzata per il condanNOME non collaborante e aveva, dunque, demandato al giudice la valutazione del percorso rieducativo del condanNOME e dell ‘ assenza di collegamenti attuali o potenziali con la criminalità organizzata. Su tale premessa, l’ordinanza impugnata fu censurata in quanto la decisione era incentrata esclusivamente sul fatto che COGNOME non avesse collaborato, sottolineando la necessità di una completa istruttoria, non essendo stata valutata la fondatezza delle allegazioni contenute nell ‘ istanza e negli atti depositati dal condanNOME e non essendo state acquisite le necessarie informazioni in relazione al pericolo di contatti del condanNOME con l ‘ associazione di appartenenza e alla valenza del percorso rieducativo svolto.
1.2. Con ordinanza in data 10 aprile 2025, il Tribunale di sorveglianza di Napoli, in sede di rinvio, ha respinto la richiesta di riconoscimento della impossibilità, dell ‘ inesigibilità o dell ‘ir rilevanza della collaborazione avanzata da COGNOME e ha, dunque, dichiarato inammissibile l ‘ istanza di permesso premio. Secondo il RAGIONE_SOCIALE, infatti, pur dovendo escludersi la sussistenza di elementi comprovanti l ‘ attuale inserimento di COGNOME in contesti criminali, egli non ha adempiuto alle obbligazioni civili e agli obblighi di riparazione pecuniaria conseguenti alla condanna, né ha dimostrato l ‘ assoluta impossibilità d ell’ adempimento, non risultando alcun risarcimento nei confronti delle persone offese dal reato né alcuna azione riparatoria. Sotto altro profilo, pur dandosi atto di una condotta regolare durante la sottoposizione agli arresti domiciliari e dopo l ‘ inizio dell ‘ esecuzione della pena in carcere, è stato evidenziato il mancato approfondimento sulla revisione critica della condotta criminosa, rilevante ai fini del giudizio di pericolosità sociale, E
tuttavia, l ‘ affermazione, contenuta in una missiva a sua firma indirizzata al Tribunale di sorveglianza, di essere stato coinvolto solo nella vicenda per cui è condanna e di non avere «frequentato soggetti o altro che potrebbero fargli conoscere fatti per aiutare la giustizia» è stata interpretata come sintomatica dell’assenza di consapevolezza della gravità delle proprie condotte , tenuto conto del contributo offerto da COGNOME ai sodalizi criminali operanti sul territorio e delle evidenti lacune nella ricostruzione dei fatti in cui egli era direttamente coinvolto.
2. NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione avverso la predetta ordinanza per il tramite del Difensore di fiducia, deducendo, con un unico motivo di impugnazione, di seguito enunciato nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen., la inosservanza o erronea applicazione degli artt. 30ter e 4bis Ord. pen. e 666, comma 5, cod. proc. pen. anche in relazione all ‘ art. 627 cod. proc. pen., nonché la contraddittorietà della motivazione del rigetto, imperniata sull ‘ inadempimento delle obbligazioni civili e degli obblighi di riparazione pecuniaria nonostante la accertata assenza di pericolosità sociale. Nel dettaglio, il ricorso denuncia, ai sensi dell ‘ art. 606, comma 1, lett. b ), c ) ed e ), cod. proc. pen., quanto alla mancata collaborazione di COGNOME, che il richiamo agli stessi argomenti spesi nel provvedimento annullato costituisca una violazione dell ‘ art. 627 cod. proc. pen. Il Tribunale di sorveglianza avrebbe giustificato la propria decisione, da un lato, con il fatto che il condanNOME non abbia mostrato la volontà di risarcire la persona offesa e, dall ‘ altro lato, che non vi sia stata una adeguata revisione critica della condotta criminosa a partire dalla travisata lettura di una missiva a sua firma indirizzata allo stesso Tribunale. In realtà, non sarebbe affatto necessaria un ‘ ammissione di colpevolezza da parte del condanNOME, peraltro comunque rinvenibile in quello scritto; né potrebbe ritenersi ostativo alla concessione del beneficio il mancato completamento del processo di revisione critica del vissuto criminale. Sotto altro aspetto, l ‘ ordinanza impugnata avrebbe omesso di valutare il percorso compiuto da COGNOME dapprima in regime di arresti domiciliari e, successivamente, nel contesto intramurario, allorché la sua condotta sarebbe stata esente da rilievi e improntata alla proficua partecipazione al trattamento penitenziario; né essa avrebbe valorizzato la conclamata assenza di collegamenti con la criminalità organizzata. Al contrario, il rigetto dell ‘ istanza di permesso premio sarebbe stato motivato unicamente con il mancato pagamento delle obbligazioni civili e degli obblighi di riparazione pecuniaria, non essendo stata provata l ‘ assoluta impossibilità di tale adempimento e nonostante che la Difesa avesse prodotto un decreto di sequestro conservativo dei beni di COGNOME, emesso proprio al fine di garantire il credito relativo alle spese di giustizia. In questo modo, sarebbe realizzata un ‘ inammissibile assolutizzazione del mancato assolvimento delle obbligazioni civili in contrasto con le indicazioni della Corte costituzionale
nella sentenza n. 253 del 2019, secondo cui, in presenza di un adeguato percorso rieducativo della persona detenuta, «negare, a chi si trovi nella posizione di quel condanNOME, la concessione del beneficio, equivarrebbe a disconoscere la funzione pedagogico-propulsiva del permesso premio, quale strumento idoneo a consentirne un suo iniziale reinserimento nella società» (così la Corte costituzionale, sentenza n. 32 del 2020).
In data 3 luglio 2025 è pervenuta in Cancelleria la requisitoria scritta del Procuratore generale presso questa Corte, con la quale è stato chiesto l ‘ annullamento con rinvio dell ‘ ordinanza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato e, pertanto, deve essere respinto.
Preliminarmente è opportuno ricordare che il concorso esterno in associazione di tipo mafioso rientra nel catalogo previsto dall ‘ art. 4bis , comma 1, primo periodo, Ord. pen., sicché la relativa condanna si configura come condizione tendenzialmente ostativa alla ammissione alle misure alternative e ai benefici penitenziari ivi indicati (così Sez. 1, n. 48570 del 27/09/2017, COGNOME, Rv. 271320 -01; Sez. 1, n. 12982 del 19/02/2004, COGNOME, Rv. 227520 – 01), salvo che, come si dirà, non ricorrano le condizioni previste da tale disposizione per la relativa concessione.
Con la modifica dell ‘ art. 4bis Ord. pen. ad opera del d.l. 31 ottobre 2022, n. 162, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre 2022, n. 199, il quadro normativo e giurisprudenziale delineatosi successivamente pronuncia della Corte costituzionale n. 253 del 2019 è mutato significativamente.
Attualmente, infatti, per l ‘ accesso al permesso premio delle persone detenute in espiazione di una pena inflitta per taluno dei delitti previsti dal comma 1 dello stesso art. 4bis sono configurabili tre distinti regimi.
3.1. Il primo è quello previsto dalla norma di diritto intertemporale dettata dall ‘ art. 3, comma 2, d.l. 31 ottobre 2022, n. 162, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre 2022, n. 199, a mente del quale, ai condannati per uno dei delitti previsti dall ‘ art. 4bis , comma 1, Ord. pen. commesso prima dell ‘ entrata in vigore del medesimo decreto e nei confronti dei quali la collaborazione sia impossibile o inesigibile, l ‘ accesso al beneficio è condizioNOME a che siano acquisiti elementi tali da escludere l ‘ attualità di collegamenti con la criminalità organizzata, terroristica o eversiva.
3.2. Il secondo regime è quello contemplato dalla nuova formulazione dell ‘ art. 4bis , comma 1bis , Ord. pen., a mente del quale il permesso premio, anche in assenza di collaborazione con la giustizia ai sensi dell ‘ art. 58ter Ord. pen., può essere concesso ai detenuti e agli internati che abbiano commesso, per quanto qui rileva, il delitto di cui all ‘ artt. 416bis cod. pen. o delitti realizzati avvalendosi delle condizioni previste dall ‘ art. 416bis cod. pen. ovvero al fine di agevolare l ‘ attività delle associazioni in esso previste, purché gli stessi dimostrino l ‘ adempimento delle obbligazioni civili e degli obblighi di riparazione pecuniaria conseguenti alla condanna o l ‘ assoluta impossibilità di tale adempimento e alleghino elementi specifici – diversi e ulteriori rispetto alla regolare condotta carceraria, alla partecipazione del detenuto al percorso rieducativo e alla mera dichiarazione di dissociazione dall ‘ organizzazione criminale di eventuale appartenenza – che consentano di escludere l ‘ attualità di collegamenti con la criminalità organizzata, terroristica o eversiva e con il contesto nel quale il reato è stato commesso, nonché il pericolo di ripristino di tali collegamenti, anche indiretti o tramite terzi, tenuto conto delle circostanze personali e ambientali, delle ragioni eventualmente dedotte a sostegno della mancata collaborazione, della revisione critica della condotta criminosa e di ogni altra informazione disponibile. Al fine della concessione dei benefici, il giudice accerta, altresì, la sussistenza di iniziative dell ‘ interessato a favore delle vittime, sia nelle forme risarcitorie che in quelle della giustizia riparativa.
3.3. Il terzo regime è quello che deriva dall ‘ applicazione del consolidato orientamento della giurisprudenza costituzionale, secondo cui i principi di eguaglianza e del finalismo rieducativo della pena impongono di riconoscere la rilevanza del percorso rieducativo effettivamente compiuto dal condanNOME che, al momento dell ‘ entrata in vigore della nuova disciplina, abbia già raggiunto, in concreto, un grado di rieducazione adeguato alla concessione del beneficio (Corte costituzionale, sentenze n. 32 del 2020, n. 253 del 2019, n. 137 del 1999, n. 445 del 1997 e n. 504 del 1995). Invero, dal momento che la nuova disciplina ha introdotto un regime più restrittivo rispetto a quello delineatosi successivamente alla sentenza della Corte costituzionale n. 253 del 2019, deve continuare ad applicarsi il regime previgente per coloro i quali , al momento dell’entrata in vigore della novella, avevano già raggiunto un livello tale di rieducazione da consentire loro di accedere ai benefici oggi sottoposti a una disciplina meno favorevole (per tale soluzione Sez. 5, n. 33693 del 28/06/2024, Biondo, Rv. 286988 – 01).
Nel caso in esame, deve escludersi che ricorressero le condizioni previste dal terzo regime, atteso che l ‘ espiazione della pena inflitta a COGNOME è iniziata, con il passaggio in giudicato della sentenza, dopo l ‘ entrata in vigore della nuova disciplina, sicché, sul piano logico, non può ipotizzarsi che, in quel momento, egli
avesse raggiunto un livello di rieducazione tale da consentirgli l ‘ accesso ai benefici penitenziari (postulando, tale evenienza, quantomeno l ‘ inizio dell ‘ esecuzione della pena, condizione nella specie mancante).
Essendo i fatti per cui è condanna collocabili prima dell ‘ entrata in vigore della nuova disciplina (atteso che il delitto di cui agli artt. 110 e 416bis cod. pen. è stato commesso dal 2008 al 2014 e che quello di cui agli artt. 110, 81, 629, secondo comma, cod. pen., aggravato ai sensi dell ‘ art. 7, legge n. 203 del 1991, è stato commesso dal maggio 2013 al dicembre 2014), correttamente il Tribunale ha verificato se ricorressero le condizioni per l ‘ applicazione dell ‘ art. 3, comma 2, d.l. 31 ottobre 2022, n. 162, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre 2022, n. 199 e se, dunque, vi fossero i presupposti per la declaratoria di impossibilità o inesigibilità della collaborazione. Tale verifica si è, tuttavia, conclusa sfavorevolmente per COGNOME, avendo il Tribunale di sorveglianza ritenuto che egli avesse prestato un contributo concorsuale a favore di alcuni sodalizi camorristici per un rilevante arco temporale, acquisendo un importante patrimonio conoscitivo che avrebbe potuto porre a disposizione dell ‘ autorità giudiziaria ai fini di un completo accertamento di alcuni fatti di interesse processuale rimasti oggetto di incompleta ricostruzione in giudizio (come nel caso di alcuni episodi estorsivi contestati, per i quali era intervenuta pronuncia assolutoria). Sul punto, il ricorso non ha svolto alcuna specifica censura, sicché tale valutazione deve ritenersi non censurabile in questa sede.
Ne consegue che alla posizione di COGNOME deve ritenersi applicabile la disciplina di nuovo conio, la quale prevede, per l ‘ accesso al permesso premio, dei requisiti in precedenza non previsti, costituiti dall ‘ avvenuto adempimento delle obbligazioni civili e degli obblighi di riparazione pecuniaria conseguenti alla condanna, salvo che l ‘ interessato dimostri l ‘ assoluta impossibilità di tale adempimento.
Una volta che si accerti la ricorrenza di tali condizioni, il tribunale di sorveglianza è, poi, chiamato a una complessa attività istruttoria, consistente nell ‘ acquisizione di dettagliate informazioni, anche a conferma degli elementi offerti dal richiedente, in ordine: i) al perdurare dell ‘ operatività del sodalizio criminale di appartenenza o del contesto criminale in cui il delitto fu commesso; ii) al profilo criminale del detenuto; iii) alla sua posizione all ‘ interno dell ‘ associazione; iv) alle eventuali nuove imputazioni o misure cautelari o di prevenzione sopravvenute e, ove significative, v) alle infrazioni disciplinari commesse in corso di detenzione. Il tribunale, ancora, deve richiedere il parere del pubblico ministero presso il giudice che ha emesso la sentenza di primo grado o, se si tratta di condanne per i delitti di cui agli artt. 51, commi 3bis e 3quater , cod. proc. pen., del pubblico ministero preso il tribunale del capoluogo del distretto ove è stata pronunciata la sentenza di primo grado, e del Procuratore nazionale
antimafia e antiterrorismo; deve, quindi, acquisire informazioni dalla direzione dell ‘ istituto di detenzione e deve disporre accertamenti sulle condizioni reddituali e patrimoniali, sul tenore di vita, sulle attività economiche e sulla pendenza o definitività di misure di prevenzione personali o patrimoniali del detenuto, degli appartenenti al suo nucleo familiare o delle persone comunque a lui collegate.
In definitiva, per i detenuti non collaboranti la nuova disciplina ha trasformato da assoluta in relativa la presunzione di pericolosità, ostativa alla concessione dei benefici e delle misure alternative.
Tanto premesso, il RAGIONE_SOCIALE ritiene che l ‘ ordinanza impugnata si sottragga ai rilievi formulati con l ‘ odierno ricorso.
Come già rilevato, la valutazione del percorso risocializzante esperito dalla persona detenuta che chiede l ‘ accesso al permesso premio deve essere preceduta da quelli che l ‘ art. 4bis Ord. pen. configura come requisiti necessari e non fungibili con altri elementi richiesti dalle disposizioni in parola: dall ‘ assenza di collegamenti con la criminalità organizzata (che l ‘ ordinanza ha escluso, evidenziando come nella nota informativa del Commissariato di P.S. di Torre del Greco del 18 marzo 2025 si escluda l ‘e sistenza di elementi comprovanti l ‘ attuale inserimento di COGNOME in contesti criminali) agli esiti positivi del trattamento penitenziario (nella specie caratterizzati da una condotta responsabile, da una costante attenzione alla formazione scolastica, grazie alla quale COGNOME ha ottenuto la qualifica professionale di elettricista), rispetto ai quali è comunque opportuno ricordare che non può richiedersi che il detenuto abbia raggiunto una piena revisione critica del reato commesso, che costituisce l ‘ epilogo ultimo del trattamento e che, pertanto, non è ragionevole richiedere in una fase iniziale dell ‘ eventuale percorso extramurario, con l ‘ ammissione ai permessi premio (così Sez. 1, n. 26557 del 10/05/2023, Chiochia, Rv. 284894 – 01). In altri termini, pur in presenza di alcuni indicatori richiesti dalla norma penitenziaria, nel caso di specie sicuramente favorevoli, il mancato adempimento delle obbligazioni civili e pecuniarie derivanti dal reato non consente di accedere al beneficio, come evidenziato, correttamente, dal provvedimento impugNOME.
Secondo quanto già osservato, l ‘ art. 4bis Ord. pen. prevede che l ‘ obbligo di provveder e all’adempimento venga meno in caso di impossibilità. Sul punto l ‘ ordinanza ha, però, ritenuto, con lineare ragionamento, che nel caso esamiNOME tale impossibilità non ricorresse, tenuto conto che, secondo quanto riferito dalla Guardia di Finanza, COGNOME, oltre a essere titolare degli immobili censiti al foglio 501 del catasto di Torre del Greco gravati da ordinanza di sequestro conservativo, risultava anche titolare di una quota di proprietà di altri immobili, in relazione ai quali non aveva dedotto alcunché.
La motivazione offerta dal Tribunale, tuttavia, è stata solo genericamente avversata dal ricorso, che si è limitato a ribadire come, nella fase di merito, fosse stato prodotto un decreto di sequestro conservativo dei beni riconducibili al condanNOME, emesso al fine di garantire il credito relativo alle spese di giustizia. In questo modo, la censura si configura però come aspecifica, non confrontandosi realmente con la non illogica motivazione resa dal provvedimento impugNOME e, dunque, non aggredendo le ragioni per cui il RAGIONE_SOCIALE ha ritenuto di escludere l ‘ inesigibilità dell ‘ adempimento.
Alla luce delle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere rigettato, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
PER QUESTI MOTIVI
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così deciso in data 24 settembre 2025
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME