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Permesso premio: negato se non paghi i risarcimenti

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un detenuto per associazione mafiosa, negandogli il permesso premio. La sentenza sottolinea che, secondo il nuovo art. 4-bis dell’ordinamento penitenziario, l’adempimento delle obbligazioni civili e risarcitorie è un requisito indispensabile per accedere al beneficio, a meno che non si provi un’impossibilità assoluta. La buona condotta in carcere e l’assenza di legami attuali con la criminalità non sono sufficienti a superare questo ostacolo.

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Pubblicato il 1 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Permesso Premio Negato: La Cassazione Sottolinea l’Importanza del Risarcimento

La Corte di Cassazione, con una recente sentenza, ha affrontato un caso cruciale riguardante la concessione del permesso premio a un detenuto condannato per reati di stampo mafioso. La decisione chiarisce che, alla luce delle nuove normative, l’adempimento delle obbligazioni civili verso le vittime è un requisito non negoziabile, anche in presenza di una condotta carceraria esemplare. Questo principio rafforza la centralità del risarcimento del danno nel percorso di rieducazione del condannato.

I Fatti del Caso

Un uomo, condannato a dieci anni di reclusione per associazione di tipo mafioso ed estorsione aggravata, ha richiesto un permesso premio. La sua istanza era stata inizialmente respinta dal Tribunale di Sorveglianza. A seguito di un primo annullamento da parte della Cassazione, che aveva invitato a riconsiderare il caso sulla base delle nuove modifiche all’art. 4-bis dell’ordinamento penitenziario, il Tribunale di Sorveglianza aveva nuovamente negato il beneficio. La motivazione del secondo diniego si fondava su due pilastri: il mancato adempimento delle obbligazioni civili e di riparazione pecuniaria e una revisione critica della condotta criminale ritenuta insufficiente.

Il detenuto ha quindi presentato un nuovo ricorso in Cassazione, sostenendo che il rigetto fosse contraddittorio, dato che era stata accertata l’assenza di sua attuale pericolosità sociale e di legami con la criminalità organizzata.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha respinto il ricorso, confermando la decisione del Tribunale di Sorveglianza. I giudici hanno chiarito che il quadro normativo, modificato significativamente nel 2022, impone condizioni precise e non eludibili per i detenuti non collaboranti condannati per reati ostativi.

L’applicazione del nuovo Art. 4-bis e il rigetto del permesso premio

La sentenza ruota attorno all’interpretazione del nuovo articolo 4-bis, comma 1-bis, dell’ordinamento penitenziario. Questa norma stabilisce che per ottenere benefici come il permesso premio, il detenuto non collaborante deve:

1. Dimostrare di aver adempiuto alle obbligazioni civili e di riparazione pecuniaria derivanti dalla condanna, oppure provare l’assoluta impossibilità di farlo.
2. Fornire elementi specifici, diversi dalla sola buona condotta, che escludano l’attualità di collegamenti con la criminalità organizzata.

La Corte ha sottolineato che questi requisiti sono necessari e non fungibili. La valutazione sul percorso risocializzante e sull’assenza di pericolosità sociale può avvenire solo dopo aver verificato la sussistenza di tali condizioni preliminari.

Le Motivazioni

La Cassazione ha ritenuto infondate le censure del ricorrente. Sebbene l’ordinanza impugnata avesse escluso l’esistenza di elementi comprovanti un attuale inserimento del detenuto in contesti criminali e avesse preso atto di un comportamento carcerario positivo (inclusa l’acquisizione di una qualifica professionale), ha correttamente evidenziato il mancato adempimento degli obblighi risarcitori come un ostacolo insormontabile.

Il Tribunale di Sorveglianza aveva accertato che il ricorrente, oltre a essere titolare di immobili gravati da sequestro conservativo, risultava proprietario di quote di altri beni immobili. Il ricorrente non aveva fornito alcuna prova che dimostrasse l’impossibilità assoluta di adempiere, almeno in parte, ai suoi debiti verso le vittime. Il ricorso in Cassazione è stato giudicato aspecifico su questo punto, limitandosi a menzionare il sequestro senza affrontare la questione della titolarità degli altri beni.

Le Conclusioni

Questa sentenza riafferma un principio fondamentale della nuova disciplina sui benefici penitenziari per i reati ostativi: la riparazione del danno causato alle vittime non è un elemento secondario, ma un passaggio obbligato nel percorso di reinserimento sociale. La buona condotta e la partecipazione al trattamento penitenziario, pur essendo indicatori importanti, non possono sostituire l’adempimento delle obbligazioni economiche. Per la legge, la volontà di risarcire il danno è una prova concreta e misurabile della revisione critica del proprio passato criminale e un presupposto per poter accedere a benefici come il permesso premio.

Un detenuto per reati di mafia che non collabora con la giustizia può ottenere un permesso premio?
Sì, ma solo a condizioni molto rigide stabilite dal nuovo art. 4-bis dell’ordinamento penitenziario. La sola buona condotta o la dissociazione non sono sufficienti.

Quali sono i requisiti fondamentali per ottenere il permesso premio in questi casi?
Il detenuto deve aver adempiuto alle obbligazioni civili e agli obblighi di riparazione pecuniaria (come il risarcimento alle vittime) o, in alternativa, deve dimostrare l’assoluta impossibilità di farlo. Inoltre, deve fornire elementi specifici che escludano collegamenti attuali con la criminalità organizzata.

La buona condotta in carcere e l’assenza di legami con la criminalità sono sufficienti per ottenere il beneficio?
No. Secondo questa sentenza, il mancato adempimento degli obblighi risarcitori è un requisito preliminare e ostativo. Anche se un detenuto ha una condotta impeccabile e non ha più legami con il suo ambiente criminale, non potrà accedere al permesso premio se non soddisfa prima la condizione economica del risarcimento o non prova di non poterlo fare in alcun modo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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